Povertà educativa: perché non è solo una questione di riduzione delle risorse

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«Ormai il Fondo per il contrasto alla povertà educativa è uno strumento fondamentale per portare avanti il nostro lavoro. L’impresa sociale Con i bambini ha messo in campo un percorso di accompagnamento, di riflessione e di scambio tra i territori: un’occasione di crescita e di arricchimento nel lavoro quotidiano, che negli anni ha creato una rete molto importante, anche in termini di relazioni e competenze». Giulia Tosoni, direttrice di progetto Giovani e transizione lavoro del Comune di Milano, ne è sicura: il Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile sarebbe una mancanza importante, soprattutto per gli enti del Terzo settore, che in questi otto anni si sono abituati a utilizzarlo per le loro progettualità, realizzate assieme alla Pubblica amministrazione. Eppure, inaspettatamente, la Legge di bilancio 2025 non l’ha rinnovato (ne abbiamo parlato qui).

«Il Fondo è stato un apripista, che ha dato la possibilità a tanti soggetti sociali di mettersi in gioco in un grande cantiere a cielo aperto», dice Cinzia Canali, direttrice della Fondazione Zancan, soggetto che ha seguito molte delle valutazioni d’impatto dei progetti finanziati dall’impresa sociale Con i bambini, ente attuatore del Fondo. «L’aspettativa fin da subito era che i migliori risultati si trasformassero in qualcosa di strutturale, da mettere a disposizione di tutti i territori. Potevano e possono nascere nuovi “livelli di cittadinanza sociale” per le fasce più giovani della nostra società da implementare negli ambiti territoriali e sociali».

L’aspettativa fin da subito era che i migliori risultati si trasformassero in qualcosa di strutturale, da mettere a disposizione di tutti i territori

Cinzia Canali

Effettivamente, grazie ai progetti finanziati da Con i bambini, sono stati messi in campo interventi in aree e su tematiche che prima rischiavano di essere trascurate. A Lucca, per esempio, una delle progettualità riguardava la primissima infanzia, la fascia da zero a sei anni. «Abbiamo cercato di creare una serie di servizi aggiuntivi a supporto delle famiglie», spiega Giulia Cordella, esperta che ha seguito alcuni progetti per il Comune toscano. «Abbiamo scommesso sui più piccoli, per dargli delle opportunità in più». Si è puntato sull’educazione outdoor, l’empowerment, la formazione dei genitori – anche a domicilio – e sull’abbattimento delle barriere economiche e sociali, in maniera gratuita e accessibile per tutti. Il progetto coinvolgeva una trentina di partner, tra Comuni ed enti del Terzo settore». Una rete ampia, quindi, per andare a intercettare anche coloro a cui di solito l’offerta dei servizi non arriva. Nel territorio di Lucca, infatti, che non si considera povero, ci sono tuttavia forte disuguaglianze, nuovi abitanti che sono molto soli perché la rete di servizi non è strutturata come nelle grandi città.

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I progetti finanziati dal Fondo hanno proprio lo scopo di non lasciare a loro stesse le famiglie, ma di costruire attorno a loro una comunità educante, che le sostenga nell’educazione e che accompagni i minori nella crescita. «La caratteristica del Fondo è che la comunità è vista come soggetto che può rispondere alla povertà educativa, se adeguatamente supportata», continua Cordella. «Perderlo significherebbe perdere una scommessa culturale su un tipo di approccio alla risposta ai bisogni delle categorie più fragili, che non è individuale, ma è di una collettività. Tutti i progetti, infatti, sono caratterizzati da reti molto grandi, che sono faticose, ma portano alla formazione di nuove sinergie e di nuove alleanze che poi si sono tradotte in altre cooperazioni e in altre opportunità per i bambini e le bambine».

La caratteristica del Fondo è che la comunità è vista come soggetto che può rispondere alla povertà educativa, se adeguatamente supportata. Perderlo significherebbe perdere una scommessa culturale su un tipo di approccio alla risposta ai bisogni delle categorie più fragili, che non è individuale, ma è di una collettività

Giulia Cordella

Grazie al Fondo, il pubblico e il privato sociale possono imparare a dialogare. Che è proprio quello che serve per creare progetti che abbiano un reale impatto sul territorio. «C’è ancora da migliorare nella fase di lavoro a monte, perché manca una fase di co-programmazione in cui l’ente locale sia fortemente coinvolto», afferma Barbara Trupiano, dirigente del Servizio sistema educativo del Comune di Napoli. In questo modo si potrebbero «evitare sovrapposizioni oppure al contrario evitare che qualche area di bisogno rimanga scoperta. In questi mesi stiamo anche con l’impresa sociale Con i bambini portando avanti proprio l’idea di un accordo di collaborazione più stabile».

Per gestire questo tipo di progettualità, le connessioni e il confronto sono importantissime. Lo sanno bene a Milano, dove il Comune è stato capofila di diverse iniziative, mentre in molte altre ha partecipato in maniera più defilata. «Si tratta di opportunità di finanziamento che richiedono sempre delle sinergie tra enti diversi – Terzo settore, enti locali e scuole – e questo genera l’abitudine a lavorare all’interno di questo tipo di processi», spiega Tosoni. «In più si tratta quasi sempre di interventi che hanno avuto un carattere sperimentale, quindi ci hanno concesso di provare strumenti, metodologie, approcci su problematiche anche molto specifiche, fuori dalle prassi consolidate. Così abbiamo potuto verificare cosa funziona di più, cosa di meno e quindi di mandare a regime e di dare stabilità ha quello che ha avuto un’efficacia migliore».

Grazie al Fondo abbiamo potuto sperimentare strumenti, metodologie, approcci su problematiche anche molto specifiche

Giulia Tosoni

Il Fondo, le fa eco Trupiano, ha la caratteristica di avere una destinazione d’uso e una finalità ben precisa. «Di fronte alla carenza di risorse che altre fonti, compresi i bilanci degli enti locali, vivono sul welfare questo fondo individua una priorità, che è quella del contrasto alla povertà educativa», dice, «e che dovrebbe essere mantenuto in vita, perché dà continuità a tutta una serie di sistemi di presi in carico dei bambini e dei ragazzi».

L’interruzione del fondo rischierebbe di essere uno stop a tutti quei processi che attualmente sono in atto, non solo in termini di impatto sui beneficiari, ma anche di relazioni, messa in rete e sperimentazione di metodologie innovative che si stanno attuando sui territori. «Sarebbe una perdita molto rilevante», conclude Tosoni. «Già lavoriamo in un ambito in cui c’è scarsità di risorse disponibili, così verrebbe a mancare un ulteriore canale di finanziamento, che tra l’altro ci ha allenati a lavorare in un certo modo, in rete, in sinergia, e grazie al quale abbiamo imparato molto, anche attraverso l’esperienza».

Foto nell’articolo del progetto 100 Idee finanziato dall’Impresa sociale Con i bambini

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