Povertà educativa, cos’è e come si contrasta | SOS Villaggi dei Bambini

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Scuola

Un approfondimento per capire meglio cos’è la povertà educativa, quali sono le sue cause e le sue conseguenze sui bambini e soprattutto cosa si può fare per contrastarla. Un tema estremamente urgente, visto che nel mondo il 50% dei giovani non frequenta la scuola e si vede negato il diritto all’istruzione.

Un approfondimento per capire meglio cos’è la povertà educativa, quali sono le sue cause e le sue conseguenze sui bambini e soprattutto cosa si può fare per contrastarla. Un tema estremamente urgente, visto che nel mondo il 50% dei giovani non frequenta la scuola e si vede negato il diritto all’istruzione.

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Quando si parla di educazione, si deve avere la consapevolezza di trovarsi di fronte a un argomento estremamente complesso, a un percorso che chiama in causa una pluralità di fattori. L’educazione di un bambino, infatti, comprende sicuramente l’istruzione ma va anche oltre, fino a includere il gioco, la frequentazione di spazi culturali (cinema, teatri, e via dicendo), lo sport, la relazione con i coetanei e con adulti capaci di fornire i giusti stimoli, la fruibilità di spazi adatti alle diverse età. Insomma, se è vero che per educare un bambino serve un intero villaggio, come recita un antico proverbio africano, per riuscire nell’impresa bisogna servirsi delle risorse migliori, non solo materiali. In quest’ottica, assume particolare importanza la nozione di povertà educativa, introdotta da alcuni sociologi ed economisti alla fine degli anni ’90 per sottolineare come la povertà sia un fenomeno multidimensionale e quindi non riducibile alla sua sola componente economica. Il riferimento teorico è al principio dell’uguaglianza di condizioni, secondo cui ogni essere umano ha diritto di accedere alle risorse educative e formative disponibili, assecondando le proprie inclinazioni e capacità, senza subire discriminazioni o limitazioni di natura economica, al fine di ottenere una piena realizzazione di sé e l’inclusione sociale. Ma cos’è concretamente la povertà educativa? Che dimensioni ha questo fenomeno nel mondo? Quali sono le sue cause e le sue conseguenze? Cosa si può fare per contrastarla? Sono tutte domande significative, che meritano uno sforzo di approfondimento.


Cosa vuol dire povertà educativa? Definizione e dimensioni di un fenomeno preoccupante


È bene partire proprio dalla definizione di povertà educativa, che si configura come


la mancanza di accesso a opportunità di apprendimento, sviluppo e crescita personale che consentano a bambini e giovani di acquisire competenze fondamentali per il loro futuro.


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Come detto, quindi, questa dimensione di povertà non riguarda solo l’assenza di istruzione formale, ma include anche l’esclusione da esperienze culturali, sociali e ricreative che contribuiscono allo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale. Detto in altri termini: la povertà educativa condiziona la vita di bambini e ragazzi, privandoli di occasioni preziose.


Senza dubbio, però, l’accesso all’istruzione formale è il primo elemento per valutare l’estensione e la gravità del fenomeno della povertà educativa nel mondo. E i numeri, purtroppo, sono impietosi. Secondo le stime della Inter-agency Network for Education in Emergencies, il 50% dei giovani della popolazione globale non frequenta la scuola e ci sono oltre 250 milioni di bambini e ragazzi che non sanno leggere, scrivere, contare.


Leggi anche l’approfondimento sul diritto all’istruzione


Cause e conseguenze della povertà educativa nel mondo


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Le diseguaglianze nell’educazione sono principalmente causate da condizioni socioeconomiche svantaggiate. Le famiglie povere fanno più fatica a garantire opportunità educative ai propri figli e spesso anche ad assicurare che frequentino regolarmente la scuola (questione strettamente correlata con il lavoro minorile). E fatalmente, povertà economica e povertà educativa si alimentano a vicenda. Da una parte, la carenza di mezzi culturali e di reti sociali riduce le opportunità lavorative; dall’altra, le ristrettezze economiche limitano l’accesso alle risorse culturali e educative. Questo problema ha pesanti effetti a lungo termine: l’analfabetismo globale colpisce circa 781 milioni di adulti, di cui due terzi sono donne, eppure, secondo l’UNESCO, se tutti gli adulti completassero l’istruzione secondaria, la povertà mondiale potrebbe essere ridotta del 50%, tirando fuori dall’emarginazione 420 milioni di persone.


In molti casi, poi, a influenzare l’accesso a istruzione ed educazione sono i contesti sociali di appartenenza. È il caso di tanti bambine e ragazze escluse dalla scuola per discriminazioni di genere o perché precocemente avviate alla vita familiare (come spose e madri giovanissime). Ma è anche la circostanza in cui si trovano coloro che vivono in zone rurali ed emarginate, dove mancano scuole, biblioteche, centri culturali e di svago. Infine, altre fondamentali cause di povertà educativa sono le migrazioni forzate e le guerre.


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Come si misura la povertà educativa?


Alla luce di quanto detto finora, appare chiaro come uno degli indicatori principali della povertà educativa sia il tasso di scolarizzazione, che misura quanti bambini sono iscritti a scuola rispetto alla popolazione in età scolare. Tuttavia, non basta sapere chi è iscritto: è necessario capire quanti effettivamente completano il loro percorso. Qui entra in gioco il tasso di completamento scolastico, che ci dice quante persone riescono a portare a termine i diversi cicli educativi, evidenziando il problema dell’abbandono scolastico.


C’è poi un altro aspetto fondamentale: la qualità dell’istruzione, a cui fa esplicito riferimento anche l’Agenda 2030, con il 4° obiettivo di sviluppo sostenibile. A livello globale, si parla sempre più di learning poverty, un indicatore che mostra quanti bambini, entro i 10 anni, non riescono a leggere un testo semplice. Questa misura va oltre la semplice frequenza scolastica, mettendo in luce le lacune nell’apprendimento. Anche test internazionali, come il PISA o il TIMSS, aiutano a comprendere il livello delle competenze acquisite in lettura, matematica e scienze, fornendo un quadro più dettagliato.


Infine, per comprendere appieno la portata della povertà educativa, devono essere considerati anche gli indicatori legati alle risorse educative. Quanti insegnanti sono disponibili per ogni studente? Quanti bambini hanno accesso a libri di testo o tecnologie moderne? Misurare la povertà educativa, quindi, è davvero molto complesso, perché significa analizzare un intreccio di fattori estremamente ampio.


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Prevenzione e contrasto della povertà educativa: l’impegno di SOS Villaggi dei Bambini


Per essere davvero efficace, il contrasto alla povertà educativa deve iniziare dai primi anni di vita. È molto condivisa tra gli esperti, inoltre, l’idea che l’accesso a servizi di qualità per l’infanzia svolga un ruolo essenziale per lo sviluppo delle competenze di base. Al contempo, si riconosce che, poiché i bambini passano almeno il 50% del proprio tempo al di fuori di questi servizi e sotto la supervisione diretta o indiretta di genitori e parenti, sia altrettanto importante potenziare le competenze e le motivazioni delle famiglie di origine: nella letteratura internazionale, uno dei mantra della prevenzione della povertà educativa è proprio il coinvolgimento dei genitori (parental involvement).


Da sempre, come SOS Villaggi dei Bambini, siamo fortemente impegnati nel garantire a ragazze e ragazzi l’accesso a un’istruzione di qualità, attraverso progetti educativi di supporto alle scuole, sia in Italia che nel mondo. Nel farlo, adottiamo un approccio centrato sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza come terreno su cui far crescere percorsi operativi di cambiamento e trasformazione dei contesti. Ciò significa che i diversi soggetti coinvolti dall’azione educativa devono agire in modo coerente e coordinato tra loro, considerando i bambini attori e non solo destinatari degli interventi (diritto alla partecipazione). Ogni bambino, infatti, possiede potenzialità innate, indipendentemente dalla condizione di vita. Allo stesso tempo, sulla crescita dei più piccoli hanno un impatto decisivo la famiglia e i genitori. Qualunque intervento di contrasto alla povertà educativa deve quindi agire a favore di un target molteplice (bambino, famiglia, comunità) e lungo un doppio binario:


  • sopperire alla mancanza di opportunità derivanti da un contesto carente, attraverso quello che la CRC definisce come provision e protection, ossia la messa a disposizione di elementi di base alla vita e alla (buona) sopravvivenza e crescita, come nel caso delle misure pro-attive di contrasto in situazioni di disagio, pericolo, esclusione;
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  • sostenere le capacità individuali del bambino, tra cui la capacità di aspirare, che va considerata come una capacità di orientamento, verso strade possibili e alternative, nutrita dalla possibilità di fare congetture e pianificazioni.


Un esempio concreto di questo approccio è il programma Children 4 Change, sviluppato in Senegal e dedicato ai bambini talibé, reclutati in massa nei villaggi delle zone rurali e inviati in Gambia, Senegal e Guinea con la scusa di acquisire i precetti coranici. In realtà, finiscono sfruttati e abusati: mangiano poco e male, vestono di stracci, dormono per strada, vengono picchiati. Per rispondere a questo fenomeno problematico e complesso, gli operatori di SOS Villaggi dei Bambini organizzano attività socio educative con i bambini talibè, affinché conoscano i propri diritti e sappiano elaborare strategie per affrontare lo stress. Contemporaneamente, vengono realizzati corsi sulla ricerca lavorativa e sulle competenze genitoriali rivolti agli insegnanti coranici, alle famiglie e agli altri adulti di riferimento. Infine, in tema di sensibilizzazione delle comunità, vengono promossi:


  • attività di advocacy e informazione sulla Child Protection, a favore delle ONG locali;
  • corsi per rafforzare le capacità istituzionali e le competenze su tematiche trasversali, a favore degli operatori e educatori locali.


Leggi anche l’approfondimento dedicato alla Convenzione Internazionale sui Diritti dei Bambini

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