Bruxelles – Non sono passati sotto traccia i commenti del presidente-eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, riguardo alla presunta necessità di Washington di instaurare qualche tipo di controllo sulla Groenlandia, sul Canada e sul canale di Panama. Durante una conferenza stampa fiume nella sua residenza a Mar-a-Lago, il tycoon newyorkese ha fatto alcune osservazioni a sfondo geo-economico che hanno suscitato immediate reazioni dei partner europei e sudamericani degli Usa, a cominciare dalla Danimarca, dal Canada e da Panama.
È durato circa un’ora e mezza il faccia-a-faccia andato in scena ieri (7 gennaio) tra Donald Trump, che il prossimo 20 gennaio giurerà come 47esimo presidente degli Stati Uniti, e i giornalisti, nella cornice della celebre residenza del politico repubblicano a Mar-a-Lago, in Florida. Trump non ha escluso di fare ricorso all’esercito per strappare il controllo della Groenlandia alla Danimarca (sotto la cui autorità l’isola artica si trova formalmente dal 1814) e quello del canale di Panama all’omonimo Stato dell’America centrale.
Le “minacce” alla Groenlandia
“No, non posso assicurarvi nulla su nessuno di questi due aspetti“, ha risposto alla domanda di un cronista che voleva sapere il tycoon escludesse “la coercizione militare o economica” per ottenere simili obiettivi, aggiungendo che “ne abbiamo bisogno per la sicurezza economica” nazionale. Il presidente-eletto ha inoltre messo in dubbio il “diritto legale” della Danimarca a esercitare la propria sovranità sulla Groenlandia.
Non è del resto la prima volta che Trump ventila un’idea simile. Già durante il suo primo mandato, aveva pubblicamente suggerito che Washington dovesse comprare da Copenhagen il suo territorio d’oltremare, un’offerta categoricamente rigettata dal governo danese che, oggi come allora, ha ribadito che la Groenlandia appartiene ai suoi abitanti. Il primo ministro dell’isola più grande del mondo (sulla quale vivono oltre 56mila abitanti), Mute Egede, ha ribadito che il suo governo sta spingendo per l’indipendenza dalla Danimarca ma ha anche scandito chiaramente che il territorio della Groenlandia “non è in vendita“.
Per il presidente-eletto Trump, quel territorio (che geograficamente si colloca in Nordamerica ma è stato storicamente controllato dalle corone scandinave) ha un valore strategico fondamentale, in quanto permetterebbe di tracciare gli spostamenti delle navi cinesi e russe nell’alto Atlantico. Sull’isola si trova dalla Guerra fredda una base radar statunitense. “Sto parlando di proteggere il mondo libero”, ha detto ai giornalisti. Nel sottosuolo groenlandese ci sono inoltre importanti riserve di terre rare, fondamentali per la transizione verde e digitale, nonché giacimenti di gas naturale e petrolio che potrebbero presto diventare esplorabili a causa del riscaldamento globale.
Le reazioni europee
Non si sono fatte attendere le risposte dall’altro lato dell’Atlantico. L’eurodeputato del Partito popolare europeo (Ppe) Tomas Tobé ha condiviso su X le parole della premier danese Mette Frederiksen, secondo la quale “la Groenlandia appartiene ai groenlandesi” e “non è in vendita”.
Respect for the territorial integrity of all states is fundamental. Important in these strange and uncertain times that the other Nordic countries and entire EU clearly stands behind Denmark. #StrongerTogether pic.twitter.com/8IrKvftbBw
— Tomas Tobé (@tomastobe) January 8, 2025
“È fuori discussione che l’Ue permetta ad altri Paesi, chiunque essi siano, di attaccare i suoi confini sovrani“, ha sostenuto il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot. “Se mi chiedete se penso che gli Stati Uniti invaderanno la Groenlandia, la mia risposta è no”, ha aggiunto, mentre chiedendosi se “siamo entrati in un’epoca che vede il ritorno della sopravvivenza del più adatto, allora la risposta è sì”. “Dobbiamo svegliarci, costruire la nostra forza” a livello europeo, ha concluso.
Da Berlino, il cancelliere tedesco uscente Olaf Scholz ha dichiarato che i commenti di Trump stanno generando “incomprensione” tra i leader europei, ribadendo che il principio dell’inviolabilità dei confini e della sovranità statale si applica ad ogni Paese ed è “un principio fondamentale del diritto internazionale e una parte essenziale di quelli che chiamiamo valori occidentali”. La co-presidente dei Verdi europei, Vula Tsetsi, ha bollato come “imperialistiche” le dichiarazioni di Trump.
Bocca tappata, almeno per il momento, alla Commissione europea. Dal palazzo Berlaymont a Bruxelles nessuno si vuole sbottonare su quali misure l’esecutivo comunitario o i singoli Stati membri dovrebbero prendere per far fronte alle azioni ipotizzate dal presidente-eletto: “Abbassiamo tutti i toni“, ha esortato il portavoce per il Commercio Olof Gill, mentre la portavoce capo Paula Pinho ha garantito che la Groenlandia gode della clausola di mutua assistenza militare sancita dall’articolo 42.7 del Trattato Ue, ma che le minacce di invasione sono per il momento esclusivamente “teoriche”.
Da Panama al Canada
Quanto al canale di Panama, la sua sovranità “non è negoziabile e fa parte della nostra storia di lotta e di conquista irreversibile”, ha chiarito il ministro degli Esteri Javier Martínez-Acha, aggiungendo che “le uniche mani che gestiscono il canale sono panamensi e così rimarrà”, in riferimento alle insinuazioni di Trump secondo cui a gestire il tratto di mare (gestito per decenni da Washington e consegnato a Panama nel 1999) fossero militari cinesi. Martínez-Acha ha anche negato che il tycoon abbia fatto al suo governo un’offerta pecuniaria per l’acquisto dell’infrastruttura, di importanza cruciale per il commercio globale.
Niente esercito, invece, per acquisire il Canada. Il quale, ha suggerito Trump, dovrebbe presto diventare “il 51esimo Stato” dell’Unione a stelle e strisce. Per annettere Ottawa, dice il futuro presidente Usa, Washington ricorrerà solo alla “forza economica“. Una proposta respinta al mittente dal premier dimissionario canadese Justin Trudeau, secondo cui la probabilità che il suo Paese entri negli Stati Uniti è la stessa che cada “una palla di neve all’inferno”.
There isn’t a snowball’s chance in hell that Canada would become part of the United States.
Workers and communities in both our countries benefit from being each other’s biggest trading and security partner.
— Justin Trudeau (@JustinTrudeau) January 7, 2025
Trump – che si è spesso riferito al primo ministro come “governatore” – è tornato varie volte sull’argomento nelle ultime settimane, almeno da quando Trudeau e il suo ministro delle Finanze Dominic LeBlanc hanno cenato insieme a lui proprio a Mar-a-Lago durante il weekend del Ringraziamento. Ma quelli che l’amministrazione Trudeau definiva “scherzi bonari” non fanno evidentemente più ridere.
Il primo ministro uscente ha scritto su X che “non c’è una sola possibilità che il Canada diventi parte degli Stati Uniti“, osservando che “i lavoratori delle comunità di entrambi i Paesi traggono beneficio dall’essere il più grande partner commerciale e di sicurezza dell’altro“. Meno diplomatica Mélanie Joly, ministra degli Esteri canadese, secondo cui “i commenti del presidente eletto Trump mostrano una totale mancanza di comprensione di ciò che rende il Canada un Paese forte”.
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