Chiunque danneggia un bambino dovrà renderne conto a Dio. È perentorio il Papa nel condannare lo sfruttamento dell’infanzia, in particolare «la piaga del lavoro minorile». L’occasione è stata data a Francesco dall’Udienza generale in Aula Paolo VI, dedicata al tema “I più amati dal Padre” in cui, nel contesto del tempo di Natale, la riflessione si è imperniata sui bambini. «Oggi – ha detto il Pontefice – sappiamo volgere lo sguardo verso Marte o verso mondi virtuali, ma facciamo fatica a guardare negli occhi un bambino che è stato lasciato ai margini e che viene sfruttato e abusato. Il secolo che genera intelligenza artificiale e progetta esistenze multiplanetarie non ha fatto ancora i conti con la piaga dell’infanzia umiliata, sfruttata, ferita a morte». Anche solo guardandosi intorno appare evidente che «sono troppi i piccoli costretti a lavorare. Ma un bambino che non sorride e non sogna non potrà conoscere né fare germogliare i suoi talenti. In ogni parte della terra ci sono bambini sfruttati da un’economia che non rispetta la vita; un’economia che, così facendo, brucia il nostro più grande giacimento di speranza e di amore». E un cristiano «non può restare indifferente; non può accettare che sorelline e fratellini, invece di essere amati e protetti, siano derubati della loro infanzia, dei loro sogni, vittime dello sfruttamento e della marginalità».
Quest’atteggiamento di difesa dell’infanzia ha le sue radici nella parola stessa di Dio. Soltanto nel Nuovo Testamento, la parola che ritorna di più «dopo il nome divino Jahweh è “figlio”. ripetuto quasi cinquemila volte». Significa che i bambini sono nel cuore del Signore. In particolare «i figli sono un dono di Dio. Purtroppo, questo dono non sempre è trattato con rispetto. La Bibbia stessa ci conduce nelle strade della storia dove risuonano i canti di gioia, ma si levano anche le urla delle vittime. Ad esempio, nel libro delle Lamentazioni leggiamo: “La lingua del lattante si è attaccata al palato per la sete; i bambini chiedevano il pane e non c’era chi lo spezzasse loro” e il profeta Naum, ricordando quanto era accaduto nelle antiche città di Tebe e di Ninive, scrive: “I bambini furono sfracellati ai crocicchi di tutte le strade”». A partire da questi passi «pensiamo a quanti bambini, oggi, stanno morendo di fame e di stenti, o dilaniati dalle bombe». E del resto anche sul neonato Gesù «irrompe subito la bufera della violenza di Erode, che fa strage dei bambini di Betlemme. Un dramma cupo che si ripete in altre forme nella storia. Ed ecco, per Gesù e i suoi genitori, l’incubo di diventare profughi in un paese straniero, come succede anche oggi a tante persone». Ma si deve a Cristo anche una vera e propria rivoluzione culturale. il Signore infatti, in una società che considerava il bambino solo un oggetto passivo, lo presenta come un modello per gli adulti. E dice «solennemente: “In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come l’accoglie un bambino, non entrerà in esso”. In un passo simile Gesù chiama un bambino, lo mette in mezzo ai discepoli e dice: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” .E poi ammonisce: “Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare”».
Per questo «i discepoli di Gesù Cristo non dovrebbero mai permettere che i bambini siano trascurati o maltrattati, che vengano privati dei loro diritti, che non siano amati e protetti. I cristiani hanno il dovere di prevenire con impegno e di condannare con fermezza le violenze o gli abusi sui minori». Perché «i bambini occupano un posto speciale nel cuore di Dio, e chiunque danneggia un bambino, dovrà renderne conto a Lui. Chi si riconosce figlio di Dio, e specialmente chi è inviato a portare agli altri la buona novella del Vangelo, non può restare indifferente; non può accettare che sorelline e fratellini, invece di essere amati e protetti, siano derubati della loro infanzia, dei loro sogni, vittime dello sfruttamento e della marginalità.
In chiusura di Udienza come sempre una preghiera per la pace. « Non dimentichiamo – ha detto il Papa – la martoriata Ucraina, non dimentichiamo Nazareth, Israele. Non dimentichiamo tutti i Paesi in guerra. Chiediamo la pace. Non dimentichiamo che la guerra sempre, sempre è una sconfitta».
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