il fondo RedBird dice che vincere è noioso, e la squadra esegue

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Maggio del 2024, Qatar Economic Forum di Doha. Al signor Gerry Cardinale viene chiesto dei suoi investimenti nello sport europeo. Il proprietario del fondo di private equity RedBird Capital Partners che dal 2022 è proprietario del Milan – oltre a essere il terzo investitore di Fenway Sports Group che controlla tra le altre Boston Red Sox e Liverpoolrisponde che ci sono dei problemi. Si è infatti accorto che i tifosi delle squadre di calcio vogliono sempre vincere. E non se ne capacita perché, dal suo punto di vista, «vincere è noioso». Dice proprio così. E questa cosa di evitare a tutti i costi di vincere, per non sprofondare nella noia e nello spleen esistenziale, evidentemente deve essere diventata la mission aziendale del Milan. Perché da allora il Milan ha smesso di vincere.

In campionato il club rossonero galleggia all’ottavo posto, 14 punti di distanza dal primo posto e solo 8 punti sopra la zona retrocessione. Così sì che passa la noia. E siccome se si segnano dei gol si rischia di vincere, ecco che il prode allenatore lusitano Paulo Fonseca si è assicurato che in tre delle ultime quattro partite a San Siro il Milan non ne segnasse nemmeno uno. Anche contro il Genoa, quando la società festeggiava 125 anni di storia. In una patetica cornice che le migliori menti del marketing e della comunicazione hanno reso più simile a un programma notturno di una tv locale anni ’80 che a una festa hollywoodiana, il Milan non è andato oltre un divertentissimo 0-0. Altro che la noia di una vittoria.

RedBird e il Milan, la falsa narrazione di un successo economico e sportivo

Ma fuor d’ironia, la situazione è maledettamente seria. La proprietà di RedBird Capital Partners rappresenta infatti alla perfezione il precipitare nella dimensione finanziaria del calcio europeo. Lì dove quasi la metà dei club appartengono a fondi d’investimento. E più di un terzo a fondi di private equity, che in parole semplici sono fondi di capitale privato che raggruppano investitori di altri fondi per fare rapide operazioni di guadagno. Questi fondi non sono quotati in Borsa, e quindi non devono rispondere a nessuno se non ai propri investitori, a cui restituiscono i dividendi. Su questi tipi di proprietà si è instaurata una falsa narrazione, come se la loro capacità di guadagno sia indice di successo economico. E non una pura speculazione finanziaria.

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Della gestione di RedBird del Milan, per esempio, si magnificano gli ultimi due bilanci in attivo. Ma non è vero nulla. RedBird acquista il Milan nell’agosto 2022. Rilevando attraverso il veicolo olandese Acm Bidco B.V. il 99,93% della società rossonera dal fondo Elliott Management Corporation. L’ultimo bilancio del Milan di Elliott, per la stagione 2021-22, si era chiuso con un passivo di -66,5 milioni. Il primo della nuova proprietà è subito in attivo con +6,1 milioni. Grazie allo scudetto dell’anno precedente, un unicum e non una tendenza. Anche il secondo ha fatto registrare un positivo di +4,1 milioni. Ma anche qui però la cifra è gonfiata dalla plusvalenza della cessione di Tonali. A di là delle contingenze questi bilanci sono però strutturalmente dei “falsi positivi”. Vediamo perché.

Valori gonfiati e soldi prestati, la storia che si ripete

Torniamo all’agosto del 2022. Quando RedBird rileva – per modo di dire – il Milan da Elliott per 1,2 miliardi di euro, si nota subito che qualcosa non va. Secondo Forbes infatti nel 2021 il Milan valeva 559 milioni, meno della metà. Nel 2022 RedBird quindi lo valuta del 115% in più rispetto all’anno precedente. Uno scudetto forse non basta. Ma non è finita qui. Dei 1,2 miliardi investiti 650 milioni provengono da RedBird, mentre 550 milioni sono un prestito dello stesso venditore, il fondo Elliott. Un prestito a un tasso altissimo, circa l’8%, a scadenza agosto 2025. In pratica tra otto mesi RedBird deve restituire a Elliott circa 693 milioni di euro. Ma di nuovo, non è finita qui.

Se è vero che il vendor loan (chi ti vende un bene ti presta, ad alti tassi d’interesse, i soldi per comprartelo) è pratica comune nei mercati finanziari, questa operazione ricorda infatti molto da vicino quella del precedente passaggio di proprietà. Nel 2018, quando il misterioso Mr Li comprò da Silvio Berlusconi il Milan, questo come riportato da bilancio Fininvest valeva circa 300 milioni. Eppure Yonghong Li lo pagò 740 milioni. Di nuovo una ipervalutazione. E come accadrà di nuovo nel 2022 – quando Elliott metterà sotto forma di prestito 550 milioni su 1,2 miliardi – anche nel 2018 Elliott mette sotto forma di prestito 300 milioni, ovvero il valore reale del Milan. La prima volta finì che dopo una serie di peripezie concluse con la sparizione del misterioso Mr Li, Elliott si trovò proprietario del Milan avendolo pagato prezzo giusto. Questa volta non si sa, staremo a vedere.

RedBird e la voragine del debito, il Milan continua a perdere soldi

L’operazione è perfettamente legale e legittima, come lo era quella di Mr Li, figuriamoci. C’è un’inchiesta aperta della Procura di Milano, ma non troverà nulla. Perché il punto è un altro. Il Milan che la falsa narrazione presenta come un club con i bilanci in attivo è in realtà un veicolo finanziario sommerso di debiti. Oltre ai 250 milioni di debiti iscritti a bilancio al 2022-23 di cui racconta il sito Calcio e Finanza di cui 70 sono debiti finanziari riconducibili a operazioni di factoring, ne restano infatti altri 550, oramai diventati quasi 700. Debiti che tra otto mesi devono essere restituiti al vecchio proprietario.

Altro che società risanata e bilanci in attivo. Quello che racconta il Milan quindi è che oggi per i fondi d’investimento, soprattutto per i private equity, un club di calcio non deve essere un patrimonio economico stabile per avere valore. Basta che sia un veicolo finanziario che in quanto tale può aumentare di valore e di appetibilità anche aumentando il debito e perdendo soldi. È chiaro che in questa dimensione puramente finanziaria «vincere è noioso». Sui mercati i soldi si fanno più facilmente dopo uno 0-0 con il Genoa. Per evitare che un gol sprofondi tutti nella noia e nello spleen esistenziale. Lo hanno capito Fonseca e Ibrahimovic, lo hanno capito i giocatori. Ora devono capirlo anche i tifosi.



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