Caro Babbo Natale, aiutaci a salvare il nostro territorio

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Dove c’erano i filari di alberi e i prati spuntano capannoni e centrali

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Caro Babbo Natale, ti devo confessare che non ti ho mai scritto una letterina, neanche quand’ero piccolo. La mia preferita è sempre stata Santa Lucia cui inviavo i miei desideri che venivano solitamente esauditi. Ora che ho raggiunto una certa età mi rivolgo a te come si fa fra coetanei (senza esagerare, s’intende), sicuro che fra anziani ci si può intendere meglio. Chiariamo però subito una cosa. Non ho richieste personali da rivolgerti, ma vorrei solo illustrarti brevemente quello che sta accadendo nel nostro mondo (sul pianeta Terra, intendo) e, in particolare, nella piccola provincia lodigiana. Lo so che tu sei specializzato nell’ascoltare ed esaudire i desideri dei bambini ma, magari, nella tua estrema disponibilità, potresti trovare anche il tempo per ascoltarmi e, perché no, intercedere presso il tuo Superiore affinché ci dia una mano. Certamente sarai informato delle moltissime guerre che stanno infestando molte zone della terra. Dall’Ucraina ai molti luoghi del Medio Oriente (Palestina, Israele, Libano, Siria), senza dimenticare i numerosi e atroci conflitti in atto da molti anni in Asia e Africa, come ci ricorda ogni domenica Papa Francesco dalla finestra del suo studio. Leggendo i giornali di questi ultimi mesi non sembra proprio che il mondo attuale goda di buona salute. Ciononostante, come ci ha ricordato il Vangelo nella terza domenica di Avvento, come cristiani, è con la gioia come stile di vita che dobbiamo affrontare la quotidianità, anche nei momenti particolarmente difficili.

Purtroppo, e qui arrivo al nocciolo della questione, ossia allo scopo di questa missiva, anche nella nostra regione e nella nostra piccola provincia di Lodi si manifestano sintomi preoccupanti sotto molti aspetti. Da noi, fortunatamente, la guerra è qualcosa di remoto che però la tv ci ricorda ogni giorno con immagini crudeli e spaventose cui, senza accorgerci, stiamo facendo il callo. Ma sono tante altre le situazioni, certamente meno cruente, che ci preoccupano sotto molti aspetti. Per esempio, tanto per dirti qualcosa di concreto, non sappiamo quali “veleni” respiriamo, ma la cosa non sembra interessare più di tanto ai nostri decisori regionali e locali. La conseguenza è che da tantissimi anni (almeno dagli anni Ottanta del secolo scorso), quando camminiamo per strada in realtà respiriamo un micidiale cocktail di sostanze capaci di minare gli apparati respiratori soprattutto dei più piccoli che, non a caso, riempiono i reparti pediatrici degli ospedali. Tutto ciò, lo comprendiamo, è una conseguenza dello sviluppo che ha investito molti aspetti del nostro modo di vivere quotidiano. È qualcosa che arriva da lontano, addirittura dall’immediato dopoguerra, quando siamo stati capaci di creare il cosiddetto “miracolo economico” che ha letteralmente mutato la vita di un’intera nazione, trasformandola in pochi anni da un paese prettamente agricolo a una nuova realtà capace di affiancarsi a nazioni molto più avanzate della nostra.

Così, in pochi decenni, anche il nostro Lodigiano ha modificato il proprio skyline, certamente non in meglio. Dove correvano infiniti filari di alberi, sono sorti dapprima centrali a olio e gas e poi impianti di rigenerazione d’idrocarburi. A tutto questo c’è ora il rischio concreto che si aggiunga un grande inceneritore per smaltire ingenti quantità di rifiuti anche pericolosi e, ultima “moda”, grandi estensioni di pannelli fotovoltaici che vanno a coprire ampie porzioni di fertile terreno agricolo, «portando un cambiamento notevole nel paesaggio», come affermato dal presidente della Provincia in una recente intervista su questo quotidiano.

Ma non è finita qui. Da molti anni il Lodigiano è stato preso d’assalto dalla logistica che, con centinaia di capannoni, ha già contribuito a modificare (non in meglio) l’ambiente che ci circonda. A questo proposito, gli ultimi dati dell’indagine Ispra ci dicono che negli ultimi 17 anni nel Lodigiano è stata cementata una superficie di oltre 600 ettari, equivalenti a 900 campi da calcio. E la cosa non finisce qui, come insegna il caso Borgo San Giovanni e altre numerose richieste di ampliamenti e di nuove installazioni giacenti in Provincia. Ente a cui, in verità, occorre dare atto di aver saputo approntare, dopo un faticato e lungo iter, un nuovo piano territoriale provinciale (a distanza di 20 anni dal precedente) che cerca almeno di limitare il consumo di suolo e di difendere il paesaggio, obbligando le prossime logistiche a dislocarsi a poca distanza dai caselli autostradali. Ma, siamo anche convinti che tutto ciò sia poco più di un palliativo nella battaglia per la salvaguardia di una qualità della vita che riguarda soprattutto i nostri figli e nipoti. Tutto questo scempio, caro Babbo Natale, noi poveri mortali non siamo in grado di fronteggiarlo, pur con tutta la buona volontà di molti cittadini impegnati, come l’eroico Pierluigi Cappelletti. È per questa ragione che mi sono deciso di inviarti questa lettera, distogliendoti dal tuo impegno verso i più piccoli, nella speranza che tu possa fare qualcosa per aiutare anche noi grandi, illuminando le menti e i cuori dei nostri governanti.

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