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Il presidente eletto Donald Trump ha annunciato il piano per la fine del conflitto in Ucraina e vuole imporre dazi «a tutto spiano»; vuole annettere il Canada e comprare la Groenlandia. Ma quanto di quello che propone è realizzabile?
Il magazine Politico utilizzò un Trump-O-Meter, nel 2021, per fare il punto su tutte le promesse di Donald Trump. Il verdetto fu impietoso: il 53% delle sparate elettorali del tycoon non venne rispettato (55 promesse) mentre il 22% rimase in stallo (23 promesse). Durante il primo mandato (2017-2021), Trump rispettò la parola data – più che altro urlata durante i comizi – soltanto 24 volte. Tra le promesse non rispettate c’era la revoca dell’Obamacare e la costruzione del muro al confine con il Messico.
Adesso che è stato rieletto e si prepara al secondo mandato, forte della consacrazione di Time come «Persona dell’Anno» e del megafono di Elon Musk, Trump ha già fatto sapere agli americani e al mondo quale sarà la sua ambiziosa agenda politica. Alcune sparate – come l’annessione del Canada, del canale di Panama e l’acquisto della Groenlandia – hanno già fatto storcere il naso. Il punto rimane sempre lo stesso del 2016, quando Trump venne eletto per la prima volta alla Casa Bianca: quanto di quello che dice è realizzabile? E quanto è provocazione per intimorire partner commerciali e avversari politici?
La «minaccia» dei dazi
Donald Trump ha annunciato dazi a raffica. «Ho detto all’Unione Europea che deve colmare il suo enorme deficit nei confronti degli Stati Uniti acquistando il nostro petrolio e il nostro gas su larga scala. Altrimenti, saranno dazi senza fine!!!», aveva minacciato sul social media Truth. Dettaglio: gli Stati Uniti, come abbiamo già scritto, sono il principale fornitore di Gnl e petrolio dell’Unione Europea. Solo nella prima metà del 2024, hanno fornito circa il 48% delle importazioni di Gnl del blocco, rispetto al 16% della Russia. Trump, tuttavia, è deciso a sfruttare ancora di più i suoi giacimenti di petrolio e gas. Gli economisti hanno già lanciato l’allarme, parlando di un rischio di recessione e di un aumento dei prezzi che andrà a colpire i consumatori americani.
La fine della guerra in Ucraina
Ha lanciato questa provocazione tante volte: il conflitto ucraino non sarebbe scoppiato se lui fosse stato presidente degli Stati Uniti. Adesso aggiunge un tassello potenzialmente cruciale, con un annuncio partito durante una conferenza all’AmericaFest di Phoenix, in Arizona: «Il presidente Putin ha detto che vuole incontrarmi il prima possibile. Dobbiamo porre fine a questa guerra».
Il piano di pace del presidente eletto è stato in parte già discusso con Macron e Zelensky a Parigi, in un trilaterale all’Eliseo in occasione della riapertura di Notre-Dame. Anche qui nessuna vera sorpresa per un presidente che punta sull’isolazionismo americano. Il tycoon non vuole un’Ucraina fragile ma rifiuta allo stesso tempo di impegnare l’America e la Nato nella sua difesa. Il futuro di Kiev è nella mani dell’Europa, che deve inviare soldati per garantirne la sicurezza dopo un armistizio.
La deportazione degli immigrati illegali
Vecchio cavallo di battaglia del GOP a guida trumpiana è l’espulsione di milioni di immigrati clandestini. Ha detto che sono 25 milioni, ma i numeri reali parlano di 11 milioni di immigrati presenti illegalmente nel Paese, al massimo 15. Il costo di questa operazione sarebbe stellare: 960 miliardi di dollari, secondo le stime dell’American Immigration Council, nei prossimi dieci anni. Ma c’è un altro ostacolo. Molti di questi clandestini contribuiscono all’economia americana in modo sostanziale, in quanto si possono pagare le tasse anche se non si è cittadini. Inoltre, se qualcuno vive negli Usa illegalmente ma ha un figlio nato in America, questi ultimi sono automaticamente cittadini americani (birthright citizenship). Quindi bisognerebbe ordinare la deportazione di genitori di bambini piccoli, che rimarrebbero da soli negli Usa perché non si può deportare un americano.
La pena di morte
«Non appena avrò giurato (il 20 gennaio, ndr) chiederò al Dipartimento di Giustizia di applicare la pena di morte» per i criminali violenti per «proteggere le famiglie americane». Sempre sul social Truth, Trump ha criticato la scelta di Biden di commutare la pena capitale a favore di 37 detenuti. «Non ha senso. I parenti e gli amici (delle vittime) sono ancora più devastati. Non possono credere a quello che sta succedendo!», ha aggiunto. Ad oggi almeno trenta Stati ricorrono ancora alla pena di morte, anche se questa pratica sta lentamente cedendo il passo. Ogni anno, come ha sottolineato lo scrittore bestseller John Grisham, si verificano sempre meno esecuzioni. In California, uno Stato comunque poco attivo in questo senso, ad oggi ci sono 600 persone nel braccio della morte. Negli ultimi vent’anni sono state giustiziate due persone.
La visione di Trump appare dunque in contrasto con la sensibilità e le statistiche contemporanee. Secondo i dati del Death Penalty Information Center, nell’ultimo anno sono state eseguite 25 pene capitali in nove Stati. Un recente sondaggio di Gallup rivela che più della metà dei giovani adulti statunitensi tra i 18 e i 43 anni ora è contrario pena di morte.
Durante l’ultima campagna elettorale, Trump ha inoltre minacciato di estenderne il campo di applicazione della pena capitale, in particolare agli immigrati condannati per l’omicidio di cittadini americani o ai trafficanti di droga e di esseri umani.
Le «annessioni» e gli acquisti territoriali
Le sparate più bizzarre riguardano la politica estera. Tra le promesse irrealizzabili c’è il chiodo fisso della Groenlandia: Trump ha ribadito che agli Usa serve l’isola, territorio danese autonomo, che gli Stati Uniti bramano dal 1867. Si tratterebbe di questioni di «sicurezza nazionale». L’occasione dell’uscita è stata la nomina del nuovo ambasciatore in Danimarca. Copenaghen aveva già risposto, durante il primo mandato di Trump, che l’isola, 56 mila abitanti, non è in vendita. La Groenlandia ha ingenti disponibilità di oro, argento, rame e uranio e la sua piattaforma offshore potrebbe nascondere gigantesche risorse petrolifere.
Poi c’è Panama. «Buona Natale a tutti, anche ai meravigliosi soldati della Cina che in maniera amorevole, ma illegale, gestiscono il canale di Panama (dove noi abbiamo perso 38mila uomini nella costruzione 110 anni fa), assicurandosi sempre che gli Stati Uniti investano miliardi di dollari in denaro per le “riparazioni”, senza però avere voce in capitolo su nulla»: secondo Trump il Canale porta vantaggi esclusivamente alla Cina e le tariffe per le navi americane che lì transitano sarebbero troppo alte. A livello giuridico, con un trattato che risale al 1970, il canale è passato sotto totale controllo di Panama.
Il caso forse più folle è quello del confinante Canada, che Trump vorrebbe diventasse il 51° Stato americano. Trump ha augurato così buon Natale al premier canadese Justin Trudeau: «Le tasse per i cittadini sono decisamente troppo alte, ma se il Canada diventasse il nostro 51° Stato verrebbero tagliate di oltre il 60%. Il volume d’affari delle attività raddoppierebbe immediatamente e i cittadini sarebbero protetti militarmente come nessun altro Paese al mondo».
Trump parla di un incontro con Wayne Gretzky, leggenda canadese dell’hockey: «Ho detto: “Wayne, perché non ti candidi come primo ministro del Canada? Vinceresti facilmente, non dovresti nemmeno fare campagna elettorale».
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