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In Toscana la stretta sugli affitti brevi è legge. Nella notte fra venerdì e sabato, infatti, il Consiglio regionale della Toscana, a maggioranza, ha approvato il Testo unico del turismo che riorganizza normativamente tutta la materia e introduce novità per quanto riguarda – ed è il tema di maggior interesse – le strutture ricettive e la gestione dell’overtourism con particolare attenzione al fenomeno degli affitti brevi.

Con il Testo unico la locazione turistica viene regolamentata, per i profili di competenza, in modo più articolato. In particolare viene previsto che, per perseguire un corretto utilizzo del patrimonio storico, artistico e culturale, ma anche per preservare il tessuto sociale, nonché per garantire una quantità sufficiente ed economicamente accessibile di alloggi destinati alla locazione a lungo termine, i Comuni toscani a più alta densità turistica (si tratta, nello specifico, di tutti i capoluoghi provinciali con l’esclusione di Pistoia e l’aggiunta della non capoluogo Viareggio) possano adottare uno specifico regolamento cui demandare l’individuazione di forme di limitazione all’esercizio dell’attività di locazione breve praticata per finalità turistiche.

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«Da qualche settimana stavamo monitorando i lavori del Consiglio regionale della Toscana – commenta Patrizio Bertin, presidente di Confcommercio Veneto e dell’Ascom Confcommercio di Padova – perchè attendevamo di conoscere se la proposta di legge regionale avrebbe avuto seguito e dunque se si poteva disporre di un precedente che potesse essere mutuato anche a livello regionale veneto».

Adesso il precedente c’è, ma cosa prevede la norma licenziata da Palazzo del Pegaso, sede del Consiglio regionale toscano? Intanto, criteri e limiti devono riferirsi a determinate zone o aree del territorio comunale e rispettare i parametri elencati nella legge. Sulla base di questi, i regolamenti adottati dai Comuni potranno, in particolare determinare, per specifiche zone omogenee, sia un divieto generale allo svolgimento dell’attività di locazione breve sia un numero massimo di giorni, anche non consecutivi in ciascun anno solare, superato il quale lo svolgimento dell’attività di locazione breve è da considerarsi non consentito; individuare uno specifico rapporto da rispettare fra superficie dell’immobile e numero di ospiti ammessi; definire requisiti e standard di qualità che gli immobili adibiti a locazione breve dovranno possedere con riferimento, in particolare, all’accessibilità degli spazi, agli standard igienico-sanitari, al decoro degli ambienti, nonché alla presenza di servizi di connettività. 

«È un tentativo – aggiunge la presidente degli agenti immobiliari della Fimaa Ascom Confcommercio di Padova, Silvia Dell’Uomo – e, sinceramente, noi ci auguriamo che possa avere successo anche se le levate di scudi soprattutto di chi gestisce affitti brevi in quantità non sono mancate né in sede di iter né mancheranno adesso che la legge regionale è stata votata. Purtroppo il turismo è materia concorrente tra Stato e Regioni e dunque ogni provvedimento che ricada in quest’ambito si muove sul filo del rasoio». Ovviamente una norma di carattere nazionale potrebbe aiutare, ma le differenze, anche a livello di partiti di governo, ci sono e questo è un limite oggettivo. «Però è altrettanto oggettivo – aggiunge Bertin – che soprattutto le grandi città turistiche stiano patendo una “desertificazione residenziale” che ha convinto, ad esempio, gli amministratori di Barcellona, piuttosto che di Amsterdam o di New York, a cercare delle soluzioni».

A Padova, nonostante i numeri siano in deciso aumento (3.063 gli alloggi destinati all’affitto breve a settembre scorso contro i 2.839 di 12 mesi prima), la situazione non è ancora da “allarme rosso”, ma Venezia e Verona sono sulla buona strada. Anzi: sulla cattiva strada, come confermano i dati complessivi regionali: 52.445 alloggi a settembre 2024 contro i 45.874 di settembre 2023. «Premesso che la proprietà privata è sacra – continua il presidente dell’Ascom Confcommercio – e che se tanti proprietari si “rifugiano” nell’affitto breve è perchè si sentono poco tutelati dalla legge in caso di inquilino moroso o di danneggiamenti all’immobile, va detto con chiarezza che una città senza residenti è una Disneyland senz’anima. La progressiva espulsione dei residenti, oltre che creare un problema sociale, diventa anche un problema economico e, a seguire, di sicurezza, visto che, una dopo l’altra, si spengono le luci delle vetrine dei negozi. Insomma, qualcosa si deve fare. Sia una norma nazionale o sia la Regione Veneto che “va a sciacquare i panni in Arno”, l’unica cosa che non ci si può permettere è di lasciare le cose come stanno. Senza interventi normativi – conclude Bertin – le città a forte vocazione turistica rischiano di collassare».



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