Nel film di Roberto Andò, «L’abbaglio», è il colonnello Orsini, a fianco di Garibaldi: «Un’opera che parla anche al nostro presente»
Lo sguardo intenso e dolente del colonnello Orsini, nel nuovo film di Roberto Andò, «L’abbaglio», è quello di Toni Servillo. Il regista riporta sul set lo stesso trio che aveva mietuto successi con «La stranezza», affiancando all’attore casertano il duo Ficarra e Picone, per raccontare un episodio minore dei giorni infervorati della spedizione dei Mille. Lo slancio ideale per l’unità si scontra a un certo punto con la dura realtà di una Sicilia arretrata e ferma nel tempo, ma soprattutto, dopo vent’anni, il colonnello deve constatare la fragilità del sogno risorgimentale.
Servillo, che personaggio è il suo Orsini?
«Orsini è un personaggio di grande densità. Ha iniziato la sua carriera militare sotto i Borbone, poi ha partecipato ai moti del ‘48 e infine arriva nelle truppe di Garibaldi, dopo un passaggio in Turchia, dove pure ha combattuto. Per questo alcuni ufficiali vicini a Garibaldi lo considerano male. È invece un uomo di forte moralità e il viaggio della sua colonna che si distacca da Garibaldi è un itinerario nella Sicilia più ignota, quella fatta di paesini lontani da tutto, dove il Risorgimento fu l’occasione per portare la civiltà. Avviene allora un incontro anche antropologico tra i toscani, veneti, emiliani e tanti altri che combattevano con Garibaldi, e le popolazioni siciliane che vivevano quasi sequestrate, in isolamento».
Orsini è il personaggio che percepisce «l’abbaglio» più di ogni altro…
«Orsini si fa delle domande, comprende che i siciliani hanno bisogno anche di altro, sente che ci sono dei rischi, che le situazioni cambiano a seconda dei paesi. Gli capita di incontrare mafiosi o alti dirigenti che non vogliono essere compromessi. Attraverso il suo punto di vista vediamo le contraddizioni tra le sue posizioni di nascita, che sono aristocratiche, e quelle che ha conquistato con le sue idee».
Alla fine si convince che il cambiamento probabilmente non è mai possibile…
«Per questo il film parla anche al tempo presente, attraverso il magnetismo di questa vicenda poco nota. Chi paga sono sempre gli ultimi e questo non cambia».
Dunque una riflessione amara?
«Senz’altro».
Una lettura antiretorica del Risorgimento?
«Il Risorgimento, per così dire, è un luogo nostro, ci appartiene. Chiaramente c’è un livello che il film lascia agli specialisti, non si mette in cattedra. Però pensiamo che ci sia stato un revisionismo fasullo, si è cercato a un certo punto di dare una lettura positiva del periodo borbonico. Noi invece abbiamo voluto rappresentare uno dei paradossi della storia, in cui dei fatti si presentano come altro e nel mezzo di questo paradosso si trova Orsini».
Il Risorgimento oggi è perfino trascurato nelle scuole…
«Questo è assurdo e fa parte del discorso su come si vuole orientare e formare la gioventù. Tra l’altro il Risorgimento è una grande narrazione, Garibaldi è un personaggio straordinario, forse il primo populista, ispira scrittori come Dostoevskij, Dumas».
A proposito di grandi scrittori, lei è di nuovo a teatro, all’Argentina di Roma, con lo spettacolo «Tre modi per non morire» tratto dal libro di Giuseppe Montesano, che crea un percorso dai greci a Dante fino a Baudelaire. Uno spettacolo longevo…
«Conta oltre sessanta recite, siamo in tournée da due anni e dopo Roma saremo a Madrid dove è già tutto sold out. Non immaginavamo un successo del genere per un testo che ha una sua complessità».
C’è un forte sodalizio tra lei e Montesano?
«Sì, lo spettacolo è nato dalla nostra collaborazione. Io avevo una grande ammirazione per il suo libro “Lettori selvaggi” e per il successivo pamphlet “Come diventare vivi”, che si ricollega appunto al titolo dello spettacolo».
L’idea è quella del potere salvifico della letteratura?
«Certo. Attraverso teatro e letteratura invitiamo lettori e spettatori a inseguire la vita e a non subirla. A tratti la mia recitazione è furiosa, cerchiamo di far scoprire la complessità dei classici per affrontare anche la nostra parte più oscura. I classici vanno letti e riletti, respirati direi. Vanno riscoperti, perché ogni volta si manifestano a noi in modo diverso».
Un’anticipazione del nuovo lavoro con Sorrentino?
«Avremo modo di parlarne, per ora posso solo dire che sono molto felice di immergermi con lui in questa nuova avventura».
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