ROSSANO | 500 euro per ogni telefono introdotto nel carcere: ecco il prezzo della corruzione – AltrePagine

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Antonio Urso, 36 anni, assistente capo della polizia penitenziaria, avrebbe confessato ai carabinieri che nei giorni scorsi l’hanno arrestato

CASTROVILLARI – Da tempo, il carcere di Corigliano-Rossano è diventato ricettacolo d’una infinitesima serie di fatti tali da lasciar supporre che dentro vi si annidino illegalità e corruzione avulse dalle condanne per le quali i detenuti vi sono rinchiusi.

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Da mesi, tante gravi “stranezze”

Strutturalmente, il penitenziario rossanese di contrada Ciminata Greco è un carcere all’avanguardia, uno degli ultimi costruiti in Italia.

La popolazione carceraria è costituita per lo più da condannati definitivi provenienti da tutt’Italia – sembrerebbe comunque vi siano un po’ di camorristi campani – o da stranieri, e, tra questi ultimi, vi sono terroristi di matrice islamica e non solo.

Sono pochi, pochissimi, i detenuti locali, perché, da quando è stato soppresso il fu Tribunale di Rossano, gli arrestati dalle forze dell’ordine in flagranza di reato oppure sulla scorta d’ordinanze di custodia cautelari emesse dai giudici, in prima battuta vengono rinchiusi nel carcere di Castrovillari, a pochi passi dal Tribunale competente per giurisdizione, o in quello di Cosenza.

Da svariati mesi, nel carcere di Corigliano-Rossano, di tanto in tanto vengono scoperti dalla polizia penitenziaria, telefonini gsm, smartphone e droga:

se la presenza della droga non è una novità nelle carceri italiane (si consideri che molti detenuti in Italia sono tossicodipendenti) quella dei telefoni è preoccupante, perché vuol dire che i detenuti comunicano abusivamente con l’esterno. E se sono detenuti “importanti” magari impartiscono ordini su reati da commettere da parte di quanti sono loro sottoposti, da liberi, in organizzazioni criminali.

Carcere moderno, ma senza schermatura che possa impedire le telecomunicazioni abusive

La direzione del carcere e la polizia penitenziaria hanno denunciato svariati fatti e circostanze strane e preoccupanti, considerato che, nonostante si tratti d’un carcere modernissimo, esso non è dotato d’una “schermatura” atta a impedire le telecomunicazioni non consentite.

Le indagini dei carabinieri e l’arresto dell’agente carcerario

Da qualche tempo nel carcere di tanto in tanto si vedono pure i carabinieri, che non vi si recano per notifiche ai detenuti. Molto più probabilmente per indagare.

Nei giorni scorsi, proprio i detective in forza alla Sezione operativa e radiomobile del Reparto territoriale dell’Arma diretto dal tenente colonnello Marco Filippi, all’esterno del carcere, ma a pochi passi, hanno effettuato un importante arresto in flagranza di reato:

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in manette è finito un assistente capo proprio della polizia penitenziaria del carcere, Antonio Urso, 36 anni, rossanese.

Antonio Urso

Stava per montare di servizio: beccato con 3 smartphone impacchettati e a casa aveva pure cocaina

Le accuse nei suoi confronti sono d’accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti e detenzione di sostanza stupefacente, dal momento che, alla guida della propria auto si stava recando proprio nel penitenziario per montare nel suo turno di servizio, quando è stato fermato dagl’investigatori dell’Arma per un apparente normale controllo stradale che l’ha subito innervosito. I carabinieri l’avevano infatti fermato per perquisirlo, perché, con tutta probabilità, qualche ipotetica “intercettazione” aveva già rivelato loro che cosa quell’agente aveva in auto:

3 smartphone apparentemente nuovi e muniti di caricabatterie, tutto in due pacchi. “Roba” che “scottava” e della quale non aveva fornito alcuna giustificazione.

A chi avrebbe dovuto consegnare quei dispositivi una volta varcato l’ingresso del carcere?

La perquisizione, poi, è stata estesa anche alla sua abitazione, dov’è stato trovato un quantitativo di cocaina.

Dichiarato in arresto, l’agente Urso è stato condotto in caserma dove ha reso delle dichiarazioni confessorie, sul contenuto delle quali vige uno strettissimo riserbo. L’unico elemento trapelato è che avrebbe guadagnato 500 euro per ogni smartphone introdotto nel penitenziario, oltre al costo dell’apparecchio s’intende. Chi lo pagava?

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Considerata la sua ovvia incensuratezza, il magistrato di turno in Procura a Castrovillari l’aveva assegnato agli arresti domiciliari.

Mercoledì mattina, comparso al cospetto del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari per la convalida dell’arresto e l’interrogatorio di garanzia, accompagnato dai suoi difensori, gli avvocati Antonella Caputo e Gianluigi Zicarelli, s’è avvalso della facoltà di non rispondere dal momento che aveva già reso le proprie dichiarazioni ai carabinieri al momento dell’arresto. Nei prossimi giorni i suoi legali depositeranno il ricorso al Tribunale del riesame di Catanzaro.

L’agente Urso per il momento rimane agli arresti domiciliari. Avrà fatto i nomi dei suoi complici? direttore@altrepagine.it



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