Israel Orchestra, ‘annullare il concerto è controproducente’

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Annullare il concerto previsto al Lac il prossimo 23 gennaio, quando è annunciata l’esibizione dell’Israel Philharmonic Orchestra. A questa richiesta inviata tramite raccomandata al Municipio di Lugano dal Coordinamento Unitario a Sostegno della Palestina, il direttore artistico Musica del Lac, Andrea Amarante, ha risposto presentando una serie di riflessioni.

“Comprendiamo le preoccupazioni sollevate in un momento in cui la situazione nella Striscia di Gaza suscita comprensibile angoscia e preoccupazione a livello globale – esordisce lo scritto –. Tuttavia, vorremmo portare alla vostra attenzione alcune riflessioni che potrebbero offrire un quadro più ampio sulla questione e sull’importanza di preservare gli spazi culturali come luoghi di dialogo e costruzione di ponti, piuttosto che di boicottaggio”.

Il primo punto che viene sollevato è ‘la cultura come strumento di dialogo e non di divisione’. “L’Israel Philharmonic Orchestra, fondata nel 1936, è un’istituzione culturale che rappresenta la ricchezza musicale di un popolo, non un braccio politico o militare dello Stato israeliano. I musicisti che compongono l’orchestra provengono da diversi contesti e culture, condividendo un impegno verso l’arte e la bellezza della musica. Boicottare la loro esibizione significherebbe privare il pubblico di un’esperienza artistica e, soprattutto, rinunciare a un’opportunità di dialogo”.

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Cultura come ‘spazio capace di unire ciò che le divisioni politiche separano’

Per il Lac, “la cultura dovrebbe rimanere uno spazio neutrale e universale, capace di unire ciò che le divisioni politiche separano”. Il secondo punto presentato nella lettera è ‘Il rischio di generalizzazioni’. “Imputare a un’orchestra sinfonica la responsabilità delle azioni di un governo o di un esercito è una generalizzazione che non tiene conto delle complessità delle società moderne. All’interno dello stesso Israele vi sono voci critiche verso le politiche governative, movimenti per la pace e attivisti che lavorano instancabilmente per un futuro di convivenza tra israeliani e palestinesi. Annullare un concerto come quello dell’Israel Philharmonic Orchestra rischia di penalizzare proprio quelle forze che, attraverso la cultura, cercano di promuovere una visione diversa del mondo”.

‘Cancellare eventi culturali alimenta polarizzazioni e incomprensioni’

Si parla poi del ‘Rifiuto di boicottaggio culturale’. “È uno strumento controverso che spesso si ritorce contro le stesse persone che cerca di aiutare. La storia ci insegna che il dialogo e il confronto sono sempre stati strumenti più efficaci nel risolvere conflitti e promuovere la pace. Cancellare eventi culturali crea un vuoto che non contribuisce a costruire ponti o soluzioni, ma al contrario, alimenta polarizzazioni e incomprensioni”.

Piuttosto che annullare l’evento, propone il Lac, “si potrebbe utilizzare l’occasione per organizzare un dibattito o una discussione parallela sulla situazione in Medio Oriente, creando così un contesto costruttivo che permetta di ascoltare e comprendere prospettive diverse”. Di conseguenza, “annullare il concerto equivarrebbe a una negazione dei principi fondamentali” come il diritto alla cultura e i diritti umani.

‘Sarebbe una scelta controproducente’

L’ultimo punto si concentra sul ‘mantenere la parola data’. “Come forse immaginate – scrive Amarante – il contratto con la Israel Philharmonic è stato perfezionato prima del mio arrivo a Lugano dal direttore artistico della Fondazione LuganoMusica, Etienne Reymond. Con lo scioglimento della Fondazione, a partire dallo scorso mese di settembre, il Lac si fa carico di portare avanti le attività di LuganoMusica onorando gli accordi da essa già sottoscritti. Tale impegno intendo onorare in prima persona, in qualità di direttore artistico del settore Musica, sia nei confronti dell’Orchestra che dei nostri abbonati che del numeroso pubblico che ha acquistato il proprio biglietto per questo concerto”.

In conclusione, “sebbene rispettiamo la profondità delle preoccupazioni espresse, riteniamo che la cancellazione dell’evento sarebbe una scelta controproducente, che non contribuirebbe a fermare il conflitto né a sostenere i diritti umani. Al contrario, lasciare che la musica parli potrebbe rappresentare un’opportunità per costruire ponti in un momento in cui il mondo ha tanto bisogno di unità e comprensione”.



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