La Liga Veneta compie 45 anni nel giorno in cui il governatore sfodera gli artigli in consiglio federale. Il protagonista di quella stagione:«FdI qui ha avuto spazio per il tentativo di sorpasso a destra di Salvini. Per ribaltare gli equilibri va superata la suddittanza psicologica verso i lombardi»
La Liga giovedì 16 gennaio ha compiuto 45 anni, un «compleanno» caduto opportunamente nel giorno del consiglio federale che sancisce la zampata del leone. E non mancano di sottolinearlo con squilli di battaglia il capo dell’intergruppo Lega Alberto Villanova («Marciamo compatti sotto una sola bandiera, quella del Leone») e del consigliere Giulio Centenaro («45 anni fa cominciava l’epopea della Liga Veneta, un lungo cammino che prosegue fino in fondo per l’Autonomia»).
Franco Rocchetta, lei è stato fra i protagonisti di quel 16 gennaio del 1980, a Padova, quando dal notaio nasceva ufficialmente la Liga…
«A esseri precisi è l’anniversario di un documento notarile, la Liga Veneta già da tempo, e nel 1959 avevo avuto già i carabinieri a casa. Quello del 1980 è un passaggio formale, burocratico».
Prendiamo per buono il 1980, la Lega lombarda nasce anni dopo ma è diventata dominante…
«Nasce il 12 aprile 1984 e nasce solo per il mio e nostro impegno in Veneto coltivando nell’arco degli anni lavoro e diplomazia al di là di ogni confine. Solo in Lombardia mancava una forza sorella, nell’81 conosco Umberto Bossi che, pur essendo di fatto solo, pretendeva di essere candidato nelle nostre liste finché gli chiediamo di portare almeno uno straccio di documento notarile. Crescerà sotto l’ala protettiva di Silvio Berlusconi, al suo guinzaglio come sempre l’ha dipinto Giannelli. Insomma, la Lega lombarda nasce su mia attivazione, in seguito, però, è diventata dominante grazie a Berlusconi e della sua cerchia».
Questo fino al federale di ieri che ha dovuto chinare il capo a un Veneto decisamente bellicoso e a Luca Zaia. Come giudica i suoi tre lustri di governo della Regione?
«Zaia è un uomo molto abile nel restare a galla, nel non crearsi nemici, nel tenere un profilo basso ma curando molto il proprio mito, ma è sempre stato sfuggente, non ha mai preso decisioni coraggiose. Ora, con le dichiarazioni dei giorni scorsi, le ha prese».
Perché?
«Perché c’è un dato storico innegabile: il Veneto è una nazione, è uno Stato come lo sono la Baviera, la Sassonia, l’Irlanda. Zaia ha amministrato meglio di Galan e delle figure scialbe seguite a Bernini. Zaia e Galan hanno entrambi inflitto al Veneto danni morali anche se Zaia in misura minore. Ma gli imputo di aver sempre “tanto veneto in bocca”, tante bandiere venete per le mani, ma di non compiere azioni coerenti. San Marco non è il vitello d’oro, serve conoscenza dei valori in continuità con la Repubblica Serenissima. L’inquinamento e alla sanità avviata alla privatizzazione, seppur non ai livelli della Lombardia, lo confermano».
Ora però la Liga ha rialzato la testa contro FdI e FI…
«E bene fa. FdI qui ha avuto spazio perché la Lega salviniana ha tentato il sorpasso a destra di Meloni corteggiando, fra gli altri, Marine Le Pen: l’esatta negazione dei valori federali e autonomistici della Lega. Forse la molla dell’Autonomia comincia a funzionare. I lighisti riusciranno a ribaltare gli equilibri di potere interni se Stefani riconoscerà, superandolo, il rapporto di sudditanza psicologica verso i lombardi».
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