Nuove norme per le startup in Italia: passi avanti verso un ecosistema ideale

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Contributi e agevolazioni

per le imprese

 


Recentemente è stato approvato un pacchetto di norme che rappresenta un passo avanti significativo nella creazione di un ecosistema favorevole per startup, PMI e investitori. Le misure introdotte sono volte a stimolare investimenti in innovazione e rafforzare la competitività del sistema economico italiano.

Il pacchetto normativo prevede disposizioni mirate a incentivare gli investimenti in venture capital attraverso agevolazioni fiscali da un lato e, dall’altro, a garantire stabilità al sistema. In particolare, introduce misure per consentire il proseguimento dei benefici fiscali alle startup virtuose che seguono un percorso di crescita tipico delle imprese innovative ad alto potenziale.

Dl Centemero: cos’è e cosa prevede

Tra le novità, spicca l’approvazione della legge n. 162/24 del 28 ottobre 2024, nota come legge Centemero, dal nome del suo primo firmatario. La nuova normativa si inserisce nel contesto di un quadro di agevolazioni già previsto dall’ordinamento italiano nel primo Startup Act contenuto nel Decreto Sviluppo Bis. In particolare, il Decreto Sviluppo Bis (decreto-legge n. 179 del 2012) prevede i seguenti vantaggi fiscali: per le persone fisiche detrazione IRPEF pari al 30% dell’ammontare investito, fino a un massimo di 1 milione di euro; per le persone giuridiche deduzione IRES pari al 30% dell’ammontare investito, fino a un massimo di 1,8 milioni di euro.

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Accesso agli incentivi

L’accesso a tali incentivi è subordinato al mantenimento della partecipazione nell’impresa innovativa (holding period) per almeno tre anni. Inoltre, i vantaggi fiscali descritti sono applicabili sia agli investimenti diretti nel capitale di rischio sia agli investimenti indiretti effettuati tramite veicoli specializzati.

Regime fiscale “de minimis”

Oltre a questi benefici, la normativa introduce un regime fiscale alternativo, noto come “de minimis”, soggetto a particolari regole previste dall’UE, che prevede una detrazione IRPEF del 50% destinata alle persone fisiche che investono nel capitale di startup innovative o PMI innovative. Tale regime presenta però limiti di investimento agevolato per ciascun periodo d’imposta: 100.000 euro per le startup innovative; 300.000 euro per le PMI innovative.

La legge di recente emanazione prevede dunque l’attribuzione di un credito d’imposta per le persone fisiche nel caso in cui l’importo della detrazione superi l’imposta lorda. In questi casi, l’eccedenza potrà essere utilizzata come credito d’imposta per ridurre l’ammontare delle imposte dovute o potrà essere compensata con altri debiti fiscali, sia nell’anno di presentazione della dichiarazione dei redditi sia negli anni successivi.

Merita particolare menzione la deroga riservata agli investimenti in start up e PMI innovative dai limiti alla detraibilità previsti nell’ultima legge di Bilancio 2025.

Detassazione del capital gain

Sempre nell’ambito degli incentivi fiscali, il legislatore riprende il tema della detassazione del capital gain, cioè la plusvalenza derivante dalla cessione dell’investimento diretto nel capitale sociale di startup o PMI innovative. La norma conferma la detassazione del capital gain anche nel caso di investimento di persone fisiche tramite organismo di investimento collettivo del risparmio (OICR), quindi anche nell’ipotesi d’investimento indiretto tramite apposito veicolo di investimento. È necessario, tuttavia, che le quote o azioni degli OICR siano acquisite entro il 31 dicembre 2025 e siano detenute per almeno 3 anni. Si elimina tuttavia il riferimento all’investimento in regime “de minimis” ai fini del presente incentivo fiscale, e ciò coerentemente con le regole comunitarie.

Per poter beneficiare dell’incentivo è necessario che gli OICR scelti per gli investimenti siano “domestici”, ossia devono essere residenti nel territorio dello Stato italiano o in uno Stato europeo (dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo) e che investano prevalentemente nel capitale sociale di startup e PMI innovative.

Sono ricompresi nella definizione di OICR tutti gli organismi mediante i quali si realizza la gestione collettiva del risparmio ai sensi del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, ovvero: fondi comuni di investimento; società di investimento a capitale variabile (SICAV); società di investimento a capitale fisso (SICAF); fondi di fondi.

Le condizioni da soddisfare ai fini dell’esenzione fiscale

Per le PMI innovative, è necessario che, affinché possa sussistere il beneficio di esenzione fiscale accordato al capital gain, la PMI al momento dell’investimento soddisfi almeno una delle condizioni previste dall’art. 3 del DDL, ossia: non avere operato in alcun mercato; operare in un mercato qualsiasi da meno di sette anni dalla loro prima vendita commerciale; necessitare di un investimento iniziale per il finanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o l’ingresso su un nuovo mercato geografico, è superiore al 50% del loro fatturato medio annuo negli ultimi cinque anni.

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Reinvestimento di plusvalenze ottenute dalla vendita di partecipazioni in società tradizionali

La disposizione normativa prende in considerazione anche l’ipotesi di reinvestimento di plusvalenze ottenute dalla vendita di partecipazioni in società tradizionali in favore di startup e PMI innovative. Si prevede dunque l’esenzione da imposizione per le plusvalenze purché realizzate da persone fisiche, derivanti dalla cessione di partecipazioni al capitale in società ed enti privati qualora e nella misura in cui, entro un anno dal loro conseguimento, siano reinvestite in imprese startup innovative o in piccole e medie imprese innovative, mediante la sottoscrizione del capitale sociale.

La società di investimento semplice (SIS)

Infine, il legislatore pone l’attenzione su un particolare veicolo di investimento del venture capital, ossia la società di investimento semplice (SIS). Si tratta di società che possono facilitare l’investimento in PMI non quotate e garantire una maggiore disponibilità finanziaria con gli stessi vantaggi degli investitori istituzionali. Le SIS sono strumenti che godono di una semplificazione normativa rispetto ai fondi vigilati; tuttavia, devono sempre garantire un sistema di governo e controllo che assicuri la sana e prudente gestione. La riforma prevede l’innalzamento della soglia di patrimonio netto da 25 milioni a 50 milioni, con una maggiore disponibilità di risorse.

Il DDL concorrenza incentiva fiscalmente gli investimenti in venture capital

Parallelamente alla citata disposizione, è stato di recente approvato un ulteriore pacchetto di norme che va ad arricchire il panorama legislativo italiano in tema di venture capital, contenuto nella legge nota come DDL Concorrenza, che introduce disposizioni volte a rafforzare il sistema del venture capital e a incentivare l’attività degli investitori istituzionali.

La definizione di startup innovativa

Una delle principali novità introdotte dal DDL Concorrenza riguarda la definizione di startup innovativa, che richiama i concetti già noti di microimpresa o piccola o media impresa, come definiti dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione Europea del 6 maggio 2003. Inoltre, il DDL specifica che la startup non può avere come attività principale la consulenza o l’agenzia. L’attività consulenziale può tuttavia essere inclusa come elemento accessorio rispetto all’attività principale. Pertanto, il legislatore ha voluto escludere dai benefici riservati alle startup le imprese che erogano servizi tradizionali o svolgono servizi di intermediazione diretta verso un committente.

Requisiti per la permanenza delle startup innovative nella sezione speciale del Registro delle Imprese

La legge sulla concorrenza introduce anche disposizioni che ampliano i requisiti per la permanenza delle startup innovative nella sezione speciale del Registro delle Imprese, tenendo conto del loro ciclo di vita. In particolare, viene stabilito che, entro il terzo anno dalla costituzione, la startup deve dimostrare di aver raggiunto almeno uno dei seguenti obiettivi:

  • incremento al 25% della percentuale delle spese in ricerca e sviluppo;
  • stipula di almeno un contratto di sperimentazione con una pubblica amministrazione, ai sensi dell’articolo 158, comma 2, lettera b), del Codice dei Contratti Pubblici;
  • incremento dei ricavi derivanti dalla gestione caratteristica dell’impresa o dell’occupazione superiore al 50% tra il secondo e il terzo anno;
  • costituzione di una riserva patrimoniale superiore a 50.000 euro, attraverso un finanziamento convertibile, un aumento di capitale a sovrapprezzo o un equity crowdfunding, con incremento al 20% delle spese in ricerca e sviluppo;
  • ottenimento di almeno un brevetto.

Se, entro il terzo anno, la startup raggiunge almeno uno di questi obiettivi, può mantenere l’iscrizione nella sezione speciale fino al quinto anno. Successivamente, è prevista la possibilità di un’ulteriore estensione fino a un massimo di quattro anni, qualora vengano conseguiti i seguenti obiettivi:

  • un aumento di capitale a sovrapprezzo da parte di un organismo di investimento collettivo del risparmio, per un importo superiore a 1 milione di euro per ciascun periodo di estensione;
  • un incremento dei ricavi derivanti dalla gestione caratteristica dell’impresa superiore al 100% annuo.

Il legislatore, introducendo il termine “scale-up”, enfatizza il ciclo di vita della startup, evidenziando il passaggio da impresa emergente, basata su un’idea da validare, a realtà scalabile e in rapida crescita.

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Incentivi fiscali agli investimenti in venture capital

Il pacchetto di disposizioni include anche norme finalizzate a favorire gli investimenti in venture capital da parte di investitori istituzionali. In particolare, i redditi derivanti dagli investimenti qualificati – esenti ai fini dell’imposta sul reddito – devono comprendere anche gli investimenti in fondi per il venture capital (comma 89, lettera b-ter). La novità principale è che questi investimenti devono rappresentare almeno il 5% del portafoglio degli investimenti qualificati di un ente, con l’obbligo di incrementare questa percentuale al 10% a partire dal 2026.

Vengono dunque incentivati fiscalmente gli investimenti in venture capital, settore fondamentale per finanziare startup e aziende innovative. L’obbligo di una soglia minima di investimento (5%, che salirà al 10% nel 2026) mira a incrementare i flussi verso progetti ad alto rischio ma con potenziale significativo di crescita.

Anche le forme di previdenza complementare, come i fondi pensione, beneficeranno della stessa esenzione fiscale per investimenti qualificati in venture capital. Questo stimola una maggiore diversificazione degli investimenti, con impatti positivi sulle prestazioni pensionistiche future. Nel caso di cessione prima dei cinque anni, si applica un’imposta sostitutiva senza sanzioni, a condizione che il controvalore sia reinvestito in strumenti finanziari specificati entro 90 giorni.

Intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese

A completare il pacchetto di disposizioni incentivanti l’investimento in venture capital, vi è la previsione di una ulteriore possibilità di intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, già istituito con la legge 23 dicembre 1996, n. 662. Il Fondo potrà infatti sostenere con garanzia il capitale di rischio investito da organismi di investimento collettivo del risparmio chiusi, compresi quelli di venture capital. Pertanto, nella legge istitutiva, le parole “fondi comuni di investimento mobiliari chiusi” sono state sostituite con “organismi di investimento collettivo del risparmio chiusi, ivi compresi quelli di venture capital”.

La figura di incubatore certificato

Una nota particolare meritano le nuove disposizioni finalizzate a ridisegnare la figura di incubatore certificato. In particolare, le nuove regole vanno in queste direzioni: si vuole rafforzare l’affidabilità e la trasparenza del sistema degli incubatori puntando su requisiti quantitativi oggettivi e verificabili quali, tra gli altri, il numero di candidature ricevute, il numero di startup avviate, il tasso di crescita del valore della produzione delle startup incubate o supportate; escludere dalle agevolazioni fiscali gli incubatori che sono focalizzati esclusivamente sul supporto all’accelerazione; si vuole monitorare l’impatto degli incubatori grazie a una serie di parametri standardizzati, come la crescita del valore della produzione, il numero di brevetti registrati e i finanziamenti raccolti.



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