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Le recenti previsioni occupazionali pubblicate da Unioncamere e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che stimano circa 1,4 milioni di nuove assunzioni per il primo trimestre del 2025, «devono essere interpretate con cautela. Come Presidente di Confimi Industria Campania, ritengo che queste stime rischino di essere più teoriche che realistiche». Così in una nota Luigi Carfora.
«Le metodologie adottate per elaborare queste previsioni si basano su dati storici, sondaggi aziendali e modelli statistici avanzati. Sebbene utili per delineare tendenze generali, tali strumenti non tengono conto di variabili imprevedibili che influenzano concretamente il mercato del lavoro». In particolare, sottolinea Carfora, «l’Italia continua a soffrire di un vuoto di politiche industriali strutturate e di misure concrete per tutelare il Made in Italy, due elementi indispensabili per trasformare proiezioni ottimistiche in risultati concreti».
Il problema delle competenze e la fuga di cervelli
«Un aspetto cruciale che mette in discussione la fattibilità di queste previsioni è la carenza di competenze adeguate per soddisfare le richieste delle aziende. La formazione e l’aggiornamento professionale dei lavoratori italiani spesso non riescono a tenere il passo con le evoluzioni tecnologiche e produttive. Questo divario si traduce in difficoltà per le imprese nel reperire personale qualificato».
«A peggiorare ulteriormente la situazione – prosegue Carfora – è il fenomeno della “fuga di cervelli e braccia da lavoro”, che vede molti giovani italiani, altamente qualificati e formati, emigrare verso l’estero alla ricerca di salari più alti e condizioni lavorative più favorevoli. Ma la fuga di competenze non si limita ai soli lavoratori altamente qualificati: anche i giovani con bassa scolarizzazione e competenze di manodopera qualificata, come tecnici specializzati e artigiani, lasciano l’Italia in cerca di opportunità all’estero. Questo rappresenta una doppia perdita per il sistema produttivo italiano»
«Le aziende italiane, già penalizzate da un sistema fiscale tra i più gravosi in Europa, si trovano ulteriormente indebolite da questo esodo di competenze».
«Il costo del lavoro per le imprese può raggiungere quasi il doppio del netto percepito dal lavoratore – osserva Carfora. – Questo squilibrio, aggravato dalla mancanza di incentivi per trattenere talenti, rende il contesto produttivo italiano sempre meno competitivo».
«Un ulteriore segnale della debolezza del sistema è rappresentato dal bollettino degli infortuni sul lavoro, che registra un aumento costante degli incidenti».
«Questo fenomeno – afferma Carfora – evidenzia non solo una carenza di formazione continua, ma anche l’assenza di un contesto lavorativo adeguatamente strutturato per garantire sicurezza e crescita professionale».
Il caso della Campania
Per quanto riguarda la Campania, il report prevede circa 70.000 nuove assunzioni nel primo trimestre del 2025. «Tali previsioni – evidenzia Carfora – appaiono difficilmente realizzabili in una regione che soffre di una cronica mancanza di competenze in settori chiave».
«Le istituzioni formative e i programmi di aggiornamento professionale non riescono a colmare il divario tra le esigenze del mercato e le qualifiche disponibili» aggiunge. «Questo rende improbabile che le imprese campane possano reperire il personale necessario per soddisfare la domanda».
Inoltre, la Campania non è immune al fenomeno dell’emigrazione di giovani talenti, che riduce ulteriormente il pool di competenze disponibili e alimenta il circolo vizioso di una stagnazione economica. «Anche qui – sottolinea Carfora – non si tratta solo di talenti altamente qualificati: molti giovani con competenze tecniche, come operai specializzati e artigiani, abbandonano la regione in cerca di migliori condizioni lavorative».
Concorrenza sleale e pressione fiscale
«Le imprese italiane si trovano a competere in un mercato globale caratterizzato da concorrenza spesso sleale, che penalizza i prodotti italiani e il Made in Italy – afferma Carfora. – A questo si aggiunge un sistema fiscale opprimente, che grava sulle buste paga e riduce drasticamente la capacità delle aziende di investire in innovazione, formazione e assunzioni».
Questa combinazione di fattori crea un contesto estremamente sfavorevole per lo sviluppo del mercato del lavoro, rendendo ancora più evidente il divario tra le previsioni teoriche e la realtà operativa delle imprese italiane.
Proposte
«Alla luce di queste considerazioni, è evidente la necessità di trattare con estrema cautela le previsioni occupazionali, che pur basandosi su modelli teorici solidi, non tengono conto di molteplici fattori critici che influenzano il mercato del lavoro italiano».
«Decisori politici e aziende devono affrontare con urgenza le cause strutturali che penalizzano il sistema produttivo, a partire da alcune priorità chiave: Investire nella formazione e nell’aggiornamento delle competenze dei lavoratori, colmando il divario tra domanda e offerta di professionalità ; Contrastare la fuga di cervelli e di manodopera qualificata con politiche che incentivino i giovani talenti, inclusi quelli con competenze tecniche, a restare in Italia, migliorando salari e condizioni lavorative; Ridurre la pressione fiscale sulle imprese per rendere il sistema più competitivo e incentivare l’occupazione; Rafforzare la tutela del Made in Italy con misure concrete per proteggere il valore dei prodotti italiani sui mercati nazionali e internazionali; Coordinare le politiche nazionali industriali, con il ministro Adolfo Urso, e le politiche del lavoro, sotto la guida del ministro Marina Calderone, con un impegno congiunto del presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, per affrontare le problematiche sociali e lavorative della regione».
«Solo attraverso un impegno coordinato sarà possibile trasformare le previsioni occupazionali in opportunità reali e sostenibili per il futuro del lavoro in Italia» conclude il presidente Carfora.
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