La democrazia dei miliardari e il dominio dei giganti digitali made in USA

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Le patrimonialità nette degli uomini più ricchi del mondo calcolate da Forbes mostrano abissali forbici reddituali che parlare di democrazia dei miliardari è una favola della buonanotte. Il caso dei giganti digitali come Musk, divenuti entità sovranazionali.

La democrazia dei miliardari

Le disparità nelle patrimonialità nette degli uomini più ricchi del mondo, come calcolate da Forbes nella sua solita classifica annuale, evidenziano differenze di reddito talmente abissali che qualsiasi discorso sulla democrazia in un contesto dominato da miliardari rischia di trasformarsi in una mera illusione, una favola raccontata per tranquillizzare le masse, con l’aiuto dell’apparato mediatico, sempre prodigo a presentare queste figure come ‘stravaganti ma geniali’, ‘innovatori’, ‘filantropi’ (ha fatto il giro del web la foto di Bill Gates in fila fuori a un Mc Donald come un ‘comune mortale’).

Il caso emblematico dei giganti digitali, come Elon Musk, illustra chiaramente questa dinamica: queste figure non solo accumulano ricchezze straordinarie, ma si trasformano in entità sovranazionali, esercitando un potere che trascende i confini nazionali e influenzando le politiche globali con una forza che sfida le tradizionali strutture democratiche.

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I leader della classifica dei più ricchi del mondo 2024

Nel panorama delle ricchezze globali, la classifica annuale stilata da Forbes è un punto di riferimento per misurare le fluttuazioni patrimoniali dei miliardari. A partire da maggio 2024, Elon Musk ha consolidato la sua posizione come la persona più ricca del mondo.

Da novembre, il patrimonio netto di Musk è cresciuto di circa 90 miliardi di dollari, grazie al successo delle sue molteplici imprese tecnologiche, tra cui Tesla e SpaceX.

Larry Ellison, fondatore di Oracle, ha guadagnato il secondo posto nella classifica, superando diversi concorrenti grazie all’aumento del prezzo delle azioni della sua azienda.

Un notevole cambiamento riguarda Bill Gates, che è sceso fuori dalla top 10 il 1° ottobre, dopo che Forbes ha ottenuto nuove informazioni su una significativa riduzione del suo patrimonio. Al 9 dicembre 2024, Gates occupa il quattordicesimo posto, una posizione inusuale per uno dei fondatori di Microsoft, storicamente presente tra i primi dieci.

La presenza americana domina la classifica, con 8 dei 10 più ricchi aventi cittadinanza statunitense. I due miliardari non americani nella top 10 sono Bernard Arnault, magnate del lusso francese, e Amancio Ortega, fondatore della catena di moda Zara.

Al 9 dicembre, le dieci persone più ricche al mondo sono tutti uomini, ciascuno con un patrimonio netto di almeno 120 miliardi di dollari.

La donna più ricca del mondo è Alice Walton, figlia del fondatore di Walmart, Sam Walton. Con un patrimonio stimato in 104,8 miliardi di dollari, al 9 dicembre 2024, si colloca al sedicesimo posto nella classifica globale.

Ritorniamo a parlare di plutocrazia e tecnocrazia?

Nel panorama mondiale attuale, esistono circa 3.000 miliardari su una popolazione totale di 8 miliardi di individui. Questa cifra rappresenta lo 0,00003% della popolazione globale.

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Circa un terzo di questi miliardari risiede negli Stati Uniti, mentre una quota leggermente inferiore si trova in Europa. Negli ultimi quattro anni, per ogni dollaro guadagnato dal 90% meno abbiente della popolazione mondiale, un membro di questo esiguo gruppo di super-ricchi ha visto il proprio patrimonio aumentare in media di 1,7 milioni di dollari.

Il grafico sottostante illustra l’andamento delle ricchezze nette dei miliardari citati da Forbes nel periodo compreso tra il 1987 e il 2021. Due elementi risultano immediatamente evidenti.

In primo luogo, la curva evidenzia una crescita esponenziale, seguendo il principio secondo cui un maggiore accesso al capitale permette di generare ulteriori incrementi di ricchezza.

In secondo luogo, dopo ogni crisi economica (come quelle del 2008 e del 2019), il recupero delle ricchezze non solo compensa le perdite subite ma supera abbondantemente i livelli precedenti. Le crisi, infatti, tendono a colpire in modo più severo le classi meno abbienti, favorendo una redistribuzione della ricchezza verso l’alto.

Per evitare fraintendimenti e l’abusato argomento dell’invidia sociale, è importante chiarire che la questione non riguarda il consumo ostentato dei ricchi (definito “vistoso” o “conspicuous” nella terminologia di Veblen).

Il vero punto è che il possesso di ingenti quantità di denaro si traduce direttamente in potere. Con disuguaglianze di reddito così marcate, parlare di democrazia diventa, in molti casi, una mera illusione.

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È triste dover ricorrere a termini antiquati, ma il mondo odierno è sempre più rappresentato dalla solida alleanza tra plutocrazia e tecnocrazia.

La democrazia dei giganti digitali

L’influenza dei colossi della tecnologia sulla politica moderna è cresciuta in modo esponenziale, delineando una nuova dinamica di potere che ha profonde implicazioni per la democrazia. Elon Musk ha esplicitato il tutto diventando il caso per eccellenza: l’uomo più ricco del mondo, proprietario del gigante social X (ex Twitter) che utilizza a suo piacimento per veicolare le campagne mediatiche che gli interessano, ora è anche un membro del governo americano.

Se prima queste dinamiche erano in ombra, lui le ha rese esplicite. Se in questo vi è un elemento di chiarezza positivo, poichè non consente la fuga cognitiva del “non sapevo”, dall’altro resta il punto di un macroscopico conflitto di interessi che stride con qualsiasi forma di democrazia accettabile.

Tuttavia, Musk non è l’unico nel settore ad avere interessi politici; altri leader tecnologici da tempo supportano la politica attraverso generose donazioni.

L’investimento del settore tecnologico nella politica ha subito un’accelerazione vertiginosa. Nell’ultima campagna elettorale statunitense, i 500 maggiori sostenitori hanno contribuito con un totale di 2,5 miliardi di dollari, la metà dei quali provenienti da lobby legate alle criptovalute. Queste valute virtuali rappresentano la fusione tra finanza e tecnologia, esemplificando un fenomeno molto più ampio.

Per esempio la candidata uscita sconfitta dalle urne, Kamala Harris, ha beneficiato del supporto di importanti figure della new economy, come gli amministratori di Netflix e LinkedIn, oltre a Bill Gates, che ha personalmente donato 50 milioni alla sua campagna. Tuttavia, l’influenza di Musk è difficilmente eguagliabile in questa fase storica.

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Le radici di questa parabola risalgono alla fondazione di PayPal nel 1998, un’azienda che ha giocato un ruolo cruciale nello sviluppo della “destra digitale”. Tra i co-fondatori di PayPal, Peter Thiel è una figura chiave. Sin dai tempi universitari, Thiel ha promosso un pensiero ultraliberista e conservatore, che ha continuato a sostenere anche dopo il successo di PayPal, espandendo la sua influenza con investimenti significativi e appoggiando politicamente figure sovraniste.

Thiel, assieme a Musk e altri come Marc Andreesen e Ben Horowitz, incarna un étos tecno-utopista e un senso di onnipotenza alimentato dal successo economico. In un saggio per il Cato Institute, Thiel ha dichiarato di non credere nella compatibilità tra democrazia e libertà economica, sottolineando come la democrazia possa limitare l’innovazione del capitale.

I leader del settore tech si percepiscono come innovatori radicali, capaci di riscrivere le regole e plasmare il futuro. Questo approccio estremo al liberismo è accompagnato da un culto dell’individualismo e della meritocrazia, un’avversione per i sindacati e una crescente insofferenza verso le regolamentazioni, esacerbate dai recenti procedimenti antitrust contro Google e Amazon.

Per garantire la tutela dei loro interessi, questi giganti tech cercano di consolidare la loro influenza politica. Thiel ha sponsorizzato politici come Blake Masters e JD Vance, assicurandosi che rappresentino gli interessi della Silicon Valley. Il posizionamento di figure come Vance vicino alla presidenza rappresenta un investimento strategico per assicurare il controllo sulle future dinamiche del capitalismo globale.

Musk, nel frattempo, ha ottenuto enormi commesse pubbliche per le missioni spaziali di SpaceX e incentivi per le auto elettriche. Con Starlink, possiede 6.500 satelliti per connettività internet, estendendo il suo potere anche a servizi militari tramite Starshield.

Questo monopolio privato si comporta sempre più come un’entità sovranazionale, sviluppando politiche energetiche proprie per soddisfare il crescente fabbisogno dei data center di intelligenza artificiale.

In questo contesto, con il ruolo dei media ridotti a scendiletto nel narrare le mirabolanti imprese di queste supermen digitali, parlare ancora di democrazia è un esercizio pleonastico per non scontentare il buonumore del re.

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