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Incarichi nel pubblico o nel privato: le opzioni se non ci sarà il terzo mandato ma per lui la priorità resta il Veneto
Il rebus sul futuro di Luca Zaia tiene banco da un anno almeno. Ci si interroga, un po’ come fu alla fine dell’era Galan, su cosa accadrà dopo una cavalcata indiavolata lunga quindici anni. Che farà Luca? Se lo chiedono interi strati di popolazione, dagli imprenditori agli amministratori. Nei mesi scorsi sono germogliate decine di ipotesi, da nuovi impegni amministrativi per arrivare a immaginifici ingaggi nel settore privato. Certo è che le parole di fuoco del presidente, martedì, su terzo mandato, corsa in solitaria della Lega e relativa «messa a disposizione del partito cui devo tutto» rischiano di spazzar via buona parte delle ipotesi in campo rimettendolo al centro dello scacchiere politico.
Nessuna negoziazione
I messaggi, martedì, sono stati tanti e trasversali, non solo agli alleati di centrodestra nei panni degli assedianti, ma anche ai vertici della Lega stessa incapace di forzare il cordone sanitario sul terzo mandato. A oggi le possibilità per Zaia di ricandidarsi sono ridotte al lumicino ma c’è da attendere il pronunciamento della Corte Costituzionale e i tempi potrebbero essere lunghi. Sufficientemente lunghi, ammesso che la polveriera veneta riesca a smuovere le falangi romane, per ripensarci. E se, invece non andasse così, la Lega correrà davvero sola contro FdI e FI? L’inedito Zaia di martedì, molto di lotta e poco di governo, conferisce credibilità a quella che, solo un anno fa sembrava una chimera. Correre soli contro tutti. A una condizione non negoziabile: avere una lista Zaia schierata come punta d’attacco. Ma lui, Luca, oltre a metterci il nome e la faccia, si adeguerebbe davvero a candidarsi come capolista per attraversare un personalissimo purgatorio da consigliere semplice per poi riprendersi il Balbi fra cinque anni? Potrebbe spingere Alberto Stefani, Mario Conte, Elisa De Berti o Roberto Marcato (giusto per citare nomi che circolano) come successori e poi fare il presidente-ombra, magari in giunta? Altamente improbabile.
Venezia e i Giochi Olimpici
I più pensano che Zaia stia tenendo aperta, a ogni buon conto, la porta di Ca’ Farsetti per un’eventuale successione a Luigi Brugnaro. L’amministrazione del sindaco-imprenditore è un cumulo di macerie dopo l’inchiesta «Palude» che ha travolto in primis l’assessore ai Lavori Pubblici Renato Boraso. Fare il sindaco sarebbe un compito gravoso. E la similitudine con l’avvicendamento Galan-Zaia negli anni della maxi inchiesta sul Mose salta agli occhi. Che nel destino di Zaia ci sia la ricostruzione di un altro pezzo di cosa pubblica? Massimo Cacciari, intervistato dal Corriere del Veneto, ha messo in guardia Zaia sulle peculiarità dell’amministrazione veneziana, diversa da ogni altra, un campo minato, soprattutto per un «foresto». Ci sono, poi, i tifosi della presidenza Coni. Giovanni Malagò è in scadenza nello stesso anno di Zaia (ma le elezioni sono già state fissate al 26 giugno) e con una simmetria perfetta punta a un eventuale quarto mandato (poco probabile) o a una proroga di un anno per tagliare il nastro inaugurale dei Giochi invernali Milano-Cortina 2026. Al governatore la dimensione sportiva non dispiacerebbe, ma le federazioni restano fredde rispetto a un outsider come Zaia. C’è chi si avventura a prevedere un ruolo da lobbista internazionale nel settore privato giocandosi nomi come Leonardo e Fincantieri. Ruoli lontani, però, dai riflettori a cui il governatore è avvezzo.
Verso Roma
Spuntano anche ricostruzioni secondo cui nel futuro di Zaia ci sarebbe un ministero. Certo, nella seconda parte della legislatura e con una convivenza non necessariamente amichevole col segretario del Carroccio Matteo Salvini... Zaia sarebbe, evidentemente, un collega ingombrante. In quale ruolo? C’è chi spergiura che Matteo voglia il Viminale (ipotesi smentita dai diretti interessati). Ma la suggestione di una staffetta con Salvini agli Interni e Zaia alle Infrastrutture a Nordest fa sognare. Da lì Zaia potrebbe incasellare la Pedemontana nell’alveo del nuovo soggetto pubblico autostradale, rimuovendo una pesante spada di Damocle sui conti della Regione o spianare la strada a quella holding autostradale regionale che farebbe impallidire le più rosee aspettative di un’Intesa Stato-Regione sul fronte dell’Autonomia. Sognare non costa niente. Ma le dichiarazioni di martedì hanno, di fatto, riaperto tutti gli scenari possibili.
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