Claudio Marenzi (Herno): la crisi della moda? Ridiamo il giusto prezzo alla qualità, così i clienti tornano

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Il presidente del gruppo del lusso del lago Maggiore, che chiude il 2024 in crescita a 184 milioni di ricavi, spiega la sua ricetta: «Serve ribilanciare valore e costo finale del prodotto, per ricreare fiducia». Focus su retail e total look

Mentre presenta a Pitti Uomo la sua nuova collezione, Claudio Marenzi, presidente di Herno, non smette di ripetere che il 2025 sarà un momento di riflessione generale per la moda. «Qui non si tratta di risolvere un problema congiunturale, creato dai fronti di guerra e da una situazione geopolitica complessa», spiega l’imprenditore che guida il gruppo nato con un impermeabile a Lesa, sul Lago Maggiore, nel 1948, tra i brand del lusso made in Italy più noti nel mondo.
Herno oggi produce dai capispalla che lo hanno reso famoso al total look, con una distribuzione pressoché globale e un export che pesa per il 65% del fatturato, 176 milioni nel 2023, in crescita, secondo le stime dello stesso Marenzi, a 184 nel 2024. «Credo ci sia anche un problema strutturale dell’intero comparto — prosegue il presidente —. Quindi non si può aspettare che la crisi si risolva da sola, bisogna ragionare a lungo termine per cambiare quello che si è inceppato».
Che cosa si è inceppato lo raccontano i numeri: la moda made in Italy ha chiuso il 2024 a 96 miliardi di ricavi, in calo del 5,3% e con un dato che è peggiorato nell’ultimo trimestre, secondo Camera della Moda. Lontani gli oltre cento miliardi di fatturato del 2023. Marenzi ha le idee chiare sul motivo di questo passo indietro. «Tanti grandi marchi, non solo del lusso ma anche di fascia premium, hanno proposto un aumento dei prezzi che ha minato la fiducia del consumatore, anche di quello alto-spendente. Si è creato un vuoto nella fascia medio-alta del mercato, e questo ha disorientato il consumatore. Molti hanno smesso di spendere cifre esagerate non solo perché magari non possono permettersele, ma anche per motivi etici».

L’identità

La riflessione è dura, ma trova riscontro in sondaggi, analisi, proiezioni. E per il 2025 i trend di consumo confermano queste linee di comportamento sui consumi: evitare l’abbondanza, cercare emozioni e autenticità. Che fare allora? «Bisogna ribilanciare qualità e valore del prodotto», è convinto Marenzi, che da quando è a capo dell’azienda, nel 2025, ha portato molte novità, dai pantaloni alla maglieria, per la quale è stato creato un reparto interno di prototipia.
Marenzi e il suo braccio destro, il ceo Gabriele Baldinotti, hanno intanto attrezzato l’azienda per navigare in queste acque agitate. Oltre al fatturato in crescita, il 2024 si è chiuso contando all’appello tre nuove aperture di negozi, a Monaco e Madrid, più il raddoppio a New York: dopo Soho, ora il brand è presente anche in Madison Avenue. Il retail rappresenta il 35% del fatturato con 58 monomarca in tutto il mondo, più corner e shop in shop. Il wholesale rimane ancora il principale canale di vendita (65% del fatturato) ma il monomarca, specie in alcuni mercati, consolida la consapevolezza sul marchio e rafforza la nostra identità, soprattutto con l’inserimento del total look», spiega Marenzi.
All’estero le vendite di Herno sono equamente divise tra Usa e Giappone ed Europa. «Abbiamo chiuso l’anno in crescita, il secondo semestre 2024 ha segnato un più 7%, abbiamo fatto un gran lavoro sulla collezione e anche sull’esperienza di acquisto — spiega l’imprenditore —. Io credo che abbia avuto un ruolo anche la stretta aderenza del valore del capo al suo costo. L’equilibrio tra la qualità e il prezzo per me è la chiave del successo. Negli ultimi tempi abbiamo fatto molti investimenti nel retail, acquisizioni in ottica di diversificazione (quella di Montura, oggi guidata dal ceo Marco Busa, nel 2021, ndr). Siamo cresciuti di taglia ma abbiamo mantenuto uno spirito di piccola azienda che sa di dover fare la collezione giusta nel momento giusto per “tenere”. Ho sempre voluto far esistere questa tensione, questa fame, per me è una filosofia che ha a che fare con la sostenibilità stessa dell’azienda».
Per l’anno appena iniziato Marenzi non vede nuove aperture di store ma il consolidamento sui mercati più importanti. «Sul prodotto vorrei continuare con profondità nelle diverse categorie merceologiche, proseguendo il lavoro fatto ad esempio nel pantalone, dove abbiamo trovato una nostra dimensione». Tutto ciò che non è capospalla, oggi è arrivato a pesare per il 50% dei ricavi nella collezione estiva, per il 30% in quella invernale. Un risultato non scontato per una rivoluzione che Marenzi ha fortemente voluto. «Il made in Italy ha una caratteristica: fare stare bene chi compra i nostri prodotti — conclude Marenzi — che si tratti di moda, cibo o design. Non dobbiamo cedere su questo punto, perché siamo molto bravi. Credo che la cura del cliente sia fondamentale perché l’azienda resti in salute. Certo siamo manifatturieri e dobbiamo partire dal prodotto. Poi dobbiamo creare l’emozione e la fiducia. E dare qualità. Perché un capo costoso, se di qualità, non viene percepito come caro. Mentre tutto ciò che non è ritenuto qualità è percepito come un costo. Io voglio restare lì, alla qualità».




















































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15 gennaio 2025



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