«Anche figli di genitori insospettabili portano a scuola i coltelli»

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«Sono contenta che finalmente i legislatori si siano resi conto della gravità del problema. Sono anni che invoco interventi di questo tipo per combattere il fenomeno e riuscire ad annientarlo. Ma voglio anche ricordare che assieme a questo tipo di interventi servono azioni serie e continuative contro un’altra piaga, quella della dispersione scolastica».

Minori con i coltelli a Napoli, scatta il processo per direttissima per chi gira armato

Da vent’anni è in trincea tra i banchi (e le strade) di Napoli est, per contrastare fenomeni come il bullismo, l’evasione scolastica e la criminalità giovanile. Ma di fronte alla notizia che il Tribunale dei minori processerà d’ora in avanti per direttissima i minori trovati in possesso di un coltello, Valeria Pirone (nella foto), dirigente scolastica dell’Istituto Tecnico Tecnologico «Marie Curie» di Ponticelli, si dice favorevole per mettere un freno a un serio pericolo per l’incolumità di tanti giovanissimi, spesso tra gli studenti della sua stessa scuola.

Preside, come giudica questo provvedimento che dovrebbe partire a breve e che – ci si augura – vedrà i ragazzi pensarci su due volte prima di uscire armati?
«Lo accolgo molto favorevolmente, perché finalmente si è valutata la pericolosità di un fenomeno come l’uso delle armi tra i giovanissimi, che ha assunto negli ultimi anni dimensioni davvero preoccupanti. A dirlo non sono io, ma le cronache quotidiane di giornali e tv. Significa dunque che si è presa consapevolezza che abbiamo un problema serio nella nostra società».

Dopo vent’anni di esperienza sul territorio della VI Municipalità e due alla guida del Marie Curie – passando dal Cavalcanti alla Vittorino da Feltre, rispettivamente nel cosiddetto Bronx di San Giovanni, Taverna del Ferro e del Rione Villa – come fa a recuperare i ragazzi “difficili”?
«Quelle esperienze mi sono servite per conoscere molto bene il contesto, la platea e le loro famiglie. Per il secondo anno consecutivo dirigo il “Curie”, dove abbiamo un migliaio di studenti provenienti non solo da Ponticelli, Barra e San Giovanni ma anche dai Comuni limitrofi come Volla e Cercola. E nel corso di questi anni mi è capitato più volte di lanciare un allarme».

Quale?
«Che l’uso delle armi tra i ragazzi è diffuso a tutti i livelli, anche in famiglie per così dire “insospettabili”. Quello che emerge è che questi minorenni si sono uniformati a una tendenza e se si chiede loro perché utilizzino le armi, la loro risposta è una: “per difendermi”».

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Anche nella scuola dove attualmente è dirigente si sono verificati episodi di studenti in possesso di coltelli?
«Sì, purtroppo. Tante volte ho invocato la necessità di installare dei metal detector a scuola; ho avuto anche un incontro in prefettura su questa e su altre questioni in merito alla sicurezza e ho chiesto di potenziare i controlli delle forze dell’ordine proprio per il possesso delle armi. Dovevano partire lo scorso settembre, a inizio anno scolastico. Ma finora abbiamo avuto controlli solo per eventuale possesso di droga. Aspettiamo, siamo fiduciosi».

Lei ha mai trovato coltelli nelle tasche o negli zaini dei suoi alunni?
«Sì, ne ho sequestrati diversi. Ce ne siamo accorti perché si era diffusa una tendenza a mostrare l’arma a mo’ di minaccia. Facendo poi dei controlli, ne abbiamo avuto conferma. Ho anche studenti che hanno procedimenti penali in corso per aver accoltellato i compagni, ma non ci stanchiamo di lottare e insegnare loro la giusta via».

Che cosa si deve fare allora?
«Quello dell’utilizzo dei coltelli è un fenomeno nuovo rispetto a 30 anni fa. Prima non era così diffuso, oggi invece è facile acquistarli. Cosa si può fare? Anzitutto come scuola posso intercettarlo, favorire poi momenti di confronto, dibattito e riflessione. Infine c’è bisogno di norme attuative come il provvedimento del tribunale che entrerà in vigore -spero – presto».

Come si fa a recuperare un ragazzo che sbaglia?
«Con la capacità di ascolto, partendo dal presupposto che qualcosa nel processo evolutivo non ha funzionato. Poi intervenendo e contrastando l’episodio o gli episodi che si sono frapposti tra il ragazzo e il suo percorso di crescita. Ma lo zoccolo duro è nel curricolare».

Che cosa intende?
«La didattica deve essere meno trasmissiva e più al passo coi tempi, ma anche alternativa e accattivante. Inoltre servono azioni mirate nel post curricolare. Serve la continuità nei progetti per dare risposte più sedimentate ai bisogni. Con quest’arma si combatte anche la dispersione, che per fortuna è una piaga solo al primo e al massimo al secondo anno. Un fenomeno che può avere cause diverse e che per essere risolto deve essere coadiuvato da più attori, col supporto della famiglia, della parrocchia, delle associazioni e dei servizi sociali. Ma in questo manca una regia che le coordini tutte».

Ponticelli resta un quartiere difficile: risale a pochi giorni fa la morte di un uomo di 37 anni ucciso in un agguato. Come si fa a cambiare questo contesto?
«Conoscevo quel papà, era molto presente per i tre figli e ci teneva che seguissero un percorso di studi con profitto. Da noi sono iscritti due di loro, entrambi molto bravi. Sono stata a fargli visita il giorno dopo. Tutta la scuola si è stretta intorno al dolore della famiglia, ma è chiaro che dovremo mettere in atto azioni di sostegno per far sì che questi ragazzi, che ora sono distrutti, non interrompano il loro percorso educativo. Purtroppo questo non è un caso isolato nel nostro territorio».

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