Il patto tra Apsa (creditrice) e Segreteria di Stato (debitrice) su uno dei più grandi asset della Chiesa, l’ospedale di San Giovanni Rotondo. Trent’anni di affitto gratuito, voci di vendita, il summit in Vaticano. Ecco il nuovo piano
I bilanci dell’Ospedale di Padre Pio? Mai resi noti. I debiti complessivi? Un mezzo mistero: filtra la cifra ufficiosa di 250 milioni che vorrebbe dire un euro di debito ogni euro di ricavi. La vendita delle attività? Voci che periodicamente tornano (De Benedetti-Kos, Rotelli-San Donato, ecc.) e puntualmente vengono smentite ufficialmente. A breve sarà convocata una conferenza stampa che farà il punto sulla salute dell’ospedale pugliese di proprietà del Vaticano e noto in tutto il mondo (cattolico) come simbolo trainante dell’Opera di Padre Pio.
Il documento inedito
Nella conferenza sarà presentato per sommi capi anche il piano di rilancio 2024-2028, finora mai reso noto pubblicamente ma circolato tra una ristretta cerchia di addetti ai lavori. Tra i risultati attesi – secondo il business plan che anticipiamo qui, in alto- vi è un ritorno a margini positivi (7 milioni) nel 2024, raddoppiati nel 2025 fino ad arrivare a quasi 23 milioni di ebitda nel 2028. Di fatto è l’aggiornamento al piano 2023-2025 presentato pubblicamente a marzo 2023 dal direttore generale Gino Gumirato.
Il buio sui conti
Però da allora, quasi due anni fa, il buio ufficiale è calato sui conti di uno dei più grandi asset della Chiesa, un pilastro della sanità al Sud, fondato a San Giovanni Rotondo nel 1956 dal santo di Pietrelcina. Il piccolo ospedale originario è oggi un polo ospedaliero di alta specializzazione, con un centro di ricerca all’avanguardia nazionale e internazionale. È un buio anomalo perché l’ospedale non è un pezzo di Vaticano isolato dal mondo che risponde solo alle gerarchie ecclesiastiche e al servizio esclusivo della Santa Sede ma è integrato nel sistema pubblico, cioè accreditato con il servizio sanitario nazionale (sui 230 milioni di ricavi 2022 quasi il 90% viene dalla Regione Puglia) con migliaia tra dipendenti e fornitori che si interrogano sul futuro dei loro stipendi e dei loro crediti. L’Ospedale di Padre Pio è un grande rebus che parte da San Giovanni Rotondo e arriva fin sotto San Pietro.
Le sofferenze della Segreteria di Stato
Nei mesi scorsi – raccontano fonti vaticane – si è giocata una sorta di partita a scacchi tra i due più grandi poteri dopo il Papa: l’Apsa guidata dal salesiano Giordano Picciotti e la Segreteria di Stato di Pietro Parolin. La prima attraverso una società di diritto italiano (Immobiliare Casa Sollievo della Sofferenza) è proprietaria delle mura, la seconda ha la gestione dell’Ospedale tramite un ente di diritto canonico, la Fondazione Casa Sollievo della Sofferenza, perno del sistema. L’Apsa dunque affitta gli immobili ed è creditrice della Segreteria che però fatica a pagare i debiti, al limite dell’insolvenza. In estate l’allarme suonava forte. I manager dell’Apsa classificano a “sofferenza” i crediti della Fondazione indicandoli come «concausa delle tensioni finanziarie» dell’Immobiliare che, tra l’altro, possiede anche aziende agricole (latte, bovini) e vende i prodotti alle cucine dell’ospedale. I vertici della Fondazione ammettono «difficoltà collegate – leggiamo nei resoconti interni – soprattutto alla gestione del carico debitorio nei confronti degli operatori sanitari» anche perché «in passato c’era l’abitudine di assicurare miglioramenti a carattere economico che hanno creato non poche difficoltà alla direzione generale».
30 anni di usufrutto gratuito
Il dossier San Giovanni Rotondo sale di urgenza fino ad arrivare in piena estate al centro di un summit a tre Apsa-Ior-Spe (Segreteria per l’Economia) che prepara la strada alla soluzione. Anche perché Fondazione e Immobiliare «non sono competitors – si legge nelle carte – ma fratelli che devono aiutarsi e sopportarsi». Dall’alto arriva l’indicazione di prolungare a trent’anni l’usufrutto gratuito sugli immobili dell’ospedale a favore della Fondazione ma a patto che quest’ultima «regolarizzi la propria esposizione debitoria». Tutto ciò ha anche l’obiettivo di «salvaguardare il profilo reputazionale dell’Opera». Detto fatto. L’accordo avrà anche un immediato impatto positivo sul bilancio. L’impressione di molti è che senza questa concessione la sostenibilità del piano di rilancio sarebbe stata a rischio costringendo il Vaticano a valutare accordi con i privati.
L’«immunità» dell’ospedale
L’”azionista” ultimo è colui che il 26 dicembre 2020, nel pieno del caso Becciu e dello scandalo per la gestione dei fondi dell’Obolo, con Lettera apostolica in forma di «motu proprio» ha stabilito che fondi, conti bancari, investimenti mobiliari e immobiliari, partecipazioni societarie ecc fino a quel momento intestati alla Segreteria di Stato fossero trasferiti all’Apsa. Una parte del rebus, dunque, è come mai l’Ospedale di Padre Pio è rimasto nel portafoglio della Segreteria, cioè escluso da questa razionalizzazione che aveva lo scopo (in buona parte raggiunto) di accentrare il controllo delle finanze vaticane, renderne trasparente la gestione e anche renderne conto attraverso il consuntivo consolidato dell’Apsa. Altro elemento del mistero resta quello dei bilanci, così gelosamente custoditi da essere di fatto segreti. E poi il cortocircuito dei piani di rilancio: si succedono annunciati o nascosti a seconda delle esigenze, mai comunque divulgati per intero, solo in pillole.
Ritardi e piani
Sabato 23 novembre una nota dell’ospedale smentiva ufficialmente voci e notizie su cessioni o anche solo trattative. «L’Irccs Casa Sollievo della Sofferenza resta di proprietà della Santa Sede – era scritto – che nell’autunno del 2022 ha nominato un nuovo consiglio di amministrazione» per «gestire le difficoltà economico finanziarie dell’Ente». Ma sono le ultime tre righe quelle più significative. «ll ritardo sull’approvazione del bilancio 2023 è dovuto principalmente al cambio dei criteri contabili (da Oic a Ipsas) come peraltro richiesto dalla Santa Sede. Il bilancio del 2023 è totalmente in linea con il Piano strategico 2023-2025 così come aggiornato nel nuovo Piano 2024-2028». Ci si deve fidare perché i bilanci una volta approvati finiscono chiusi a chiave in un cassetto in Vaticano. In Italia sarebbe contro la legge.
I sindacati: «Mai visto un bilancio»
Il futuro di uno dei più importanti poli sanitari del Sud è dunque appeso all’efficacia del piano di risanamento presentato nel marzo 2023 e aggiornato l’anno scorso. A che punto siamo? Da marzo 2023, come detto, non si è saputo più nulla ufficialmente, pubblicamente. Con alcuni aspetti paradossali come il rendiconto 2022 della Fondazione approvato dalla Segreteria di Stato un anno e mezzo dopo, il 30 aprile 2024. Ma allora su quali numeri certificati si basava il piano strategico 2023-2025 varato a marzo 2023? Fonti autorevoli vicine alla Fondazione garantiscono che tutti i numeri e tutti i dati sono stati trasmessi anche ai sindacati. Lo chiediamo per conferma a chi siede direttamente al tavolo delle trattative sindacali. Luigi Giorgione, segretario generale della Uil Fpl di Foggia, dice: «Mai visto un bilancio, l‘abbiamo più volte richiesto, mai avuto nulla: è tutto a fiducia di quello che ci dice il direttore. Abbiamo anche scritto alla Segreteria di Stato per avere un incontro, ci hanno risposto dicendo che stanno facendo ogni sforzo per uscire da questa grave situazione». Chiediamo ad altri interlocutori, sindacali e non. Risposta unanime: «Mai visti bilanci».
Apsa e Ior in linea
Eppure l’Apsa, che ha un perimetro assai più articolato e complesso, ha presentato più di cinque mesi fa un consuntivo 2023 completo, chiaro, approfondito e certificato. Lo Ior a giugno aveva online 148 pagine del suo dettagliatissimo Rapporto Annuale. In linea con la politica di trasparenza voluta dal Papa e addirittura con standard da società quotate in Borsa.
I bilanci introvabili della Fondazione Casa Sollievo della Sofferenza portano la firma del presidente, l’arcivescovo Franco Moscone (diocesi di Vieste-Manfredonia-San Giovanni Rotondo). Servirebbero anche a verificare l’efficacia o meno dei piani strategici pluriennali che disegnano strategie, proiettano obiettivi ma non sono vincolanti. Tant’è che il piano 2023-2025 è stato sostituito dal nuovo Business Plan 2024-2028, approvato il 30 aprile 2024 dal consiglio della Fondazione. E così oggi abbiamo il piano 2024-2028 mentre non è stato ancora approvato, e tantomeno reso noto, il bilancio 2023.
Certezze e misteri
Che cosa dice il nuovo piano messo a punto nella primavera 2024 e finora tenuto riservato? Luci in fondo al tunnel dopo una grandissima sofferenza dei flussi di cassa e l’estrema difficoltà a trovare finanziamenti. Il patrimonio netto della Fondazione a 113 milioni è una garanzia per proseguire il cammino del rilancio tanto più capitalizzando a bilancio l’usufrutto trentennale. Dopo l’ebitda negativo del 2023 (-7 milioni) già nel 2024 torna positivo anche grazie a un aumento dei ricavi e all’estinzione dei debiti pregressi. Per il futuro viene delineata questa progressione dell’ebitda:15 milioni nel 2025, 18 nel 2026, 21 nel 2027, 23 nel 2028 quando i ricavi sanitari stimati supereranno i 290 milioni. Il piano glissa sui debiti complessivi della Fondazione (250 milioni secondo le indiscrezioni). Si sa però dell’esposizione di 115 milioni con gli oltre 800 fornitori. Il resto (banche? Ior? Fisco? Finanziatori terzi? Garanzie e scadenze?) è come il segreto del confessionale. Tra pochi giorni il messaggio che arriverà al mondo cattolico è che l’Ospedale di Padre Pio si sta risollevando e «la Fondazione – è la chiosa del business plan – potrà continuare ad avere un impatto sociale enorme sul territorio regionale e sovraregionale di riferimento e, come espressamente richiesto, lo potrà affrontare senza ricorrere ad alcun licenziamento».
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