ROMA – Il Giro d’Italia numero 108, presentato poche ore fa nella Capitale, ha subito suscitato opinioni contrastanti: c’è chi lo ha definito «Senza capo né coda», chi lo ha elogiato come «bellissimo» e chi lo ritiene «ben equilibrato e interessante». Noi di bici.PRO e anche Vincenzo Nibali, ci collochiamo in quest’ultimo gruppo, trovando che il disegno proposto sia intrigante e carico di sfide. Non è un Giro mostruosamente difficile, ma il dislivello complessivo supera i 52.000 metri, quasi 10.000 in più rispetto ad un anno fa: un incremento significativo rispetto al 2024.
Alla presentazione, tenutasi presso l’Auditorium Parco della Musica, abbiamo raccolto l’opinione del siciliano. Due vittorie del Trofeo Senza Fine per Nibali e una conoscenza profonda della corsa e dei corridori: senza dubbio lo Squalo rappresenta una delle voci più autorevoli.
In attesa di scoprire il lotto definitivo dei pretendenti, il livello medio si annuncia piuttosto buono, anche considerando le assenze quasi certe di Pogacar e Vingegaard. Qualche nome? Auyso, Adam Yates, Gee, Landa, Hindley, Tiberi, e soprattutto Primoz Roglic. Cosa riserverà per loro il percorso della corsa 2025? Scopriamolo appunto con Nibali.
Vincenzo, sarebbe piaciuto questo Giro allo Squalo?
E’ un Giro molto duro, quindi direi di sì. La partenza però mi fa un po’ paura: da atleta, avevo spesso il dubbio di essere pronto o meno e una tappa così impegnativa all’inizio può fare male. Se sbagli giornata, rischi di compromettere tutto subito o comunque di metterti nei guai.
Che peso avranno le cronometro? Ricordiamo che i chilometri contro il tempo sono 42…
Avranno sicuramente un ruolo importante. Se sei in forma, già quei primi 13 chilometri a Tirana ti danno un’indicazione chiara di dove ti trovi in termini di condizione e questo vale un po’ per tutti. Mentre in generale per i cronoman, come Roglic per esempio, sono essenziali. Le crono permetteranno a Roglic di guadagnare terreno prezioso. E poi di gestire la corsa in certo modo.
Cosa ti piace di più e cosa di meno di questo percorso?
A prima vista, il percorso mi sembra bello. La partenza dall’Albania è impegnativa, ma coerente: costringe i corridori a mettersi subito in gioco. Ciò che mi convince meno sono i trasferimenti, che possono pesare sul recupero degli atleti e complicano il lavoro dello staff, sono uno stress in più. Magari da fuori non ci se rende conto ma pesano. E gli arrivi tardivi in hotel non sono mai ideali.
Le famose tappe “trabocchetto” ci è sembrato essere numerose: cosa possiamo aspettarci?
Vero, ce ne sono parecchie. Abbiamo quella di Siena con lo sterrato, ma penso anche alle tappe abruzzesi, che spesso vengono sottovalutate e invece possono fare grandi danni. E poi non sottovaluterei la Puglia. La tappa che va verso Matera sembra tranquilla, ma non lo è e da quelle parti il vento potrebbe diventare un fattore determinante. Quando c’è il vento, cambia tutto. Sono situazioni che possono mettere in difficoltà…
Magari proprio uno come Roglic che spesso in certe tappe ha pagato dazio…
Anche un corridore come Roglic, che tante volte in difficoltà ci si mette da solo… a meno che non abbia una squadra impeccabile. Lui per me in questo Giro deve fare una cosa sola. Sfruttare al massimo le cronometro, farsi scortare bene della squadra e non fare altro. Aspettare anche nelle tappe di montagna e aspettare, controllare.
Cosa ne pensi della posizione del Mortirolo? Non ti sembra un po’ lontano dal traguardo?
No, per me è il Mortirolo è posizionato bene: tiene gli atleti sempre sotto pressione, ma sposta l’attenzione verso la parte finale della tappa e del Giro. Dopo il Mortirolo, ci sono altre salite come Le Motte, che sono impegnative. Il Mortirolo e le altre salite lasciano il segno nelle gambe. Anche il giorno successivo, con il Sestriere, potrebbe essere decisivo. Questa sequenza mi ricorda molto la battaglia tra Hindley e Geoghegan Hart. Molto dipenderà dal supporto delle squadre.
Ecco, hai toccato un tasto centrale: i team. Quanto conta la squadra in un Giro così?
Conta tantissimo. Con un dislivello così importante, è fondamentale avere un team in grado di supportarti fin dalle prime tappe. L’obiettivo è quello di risparmiarsi. Se a metà Giro i tuoi compagni sono già stanchi, rischi di rimanere solo nella parte più impegnativa, e quello è un problema.
Qual è la salita più dura secondo te?
Non ho analizzato tutto nei dettagli, ma il Mortirolo è sicuramente una salita vera, che si fa sentire soprattutto se dopo devi affrontare altre difficoltà. La fatica si accumula ed è qui che si vedono i corridori davvero forti. Mentre il Finestre è duro perché è lunghissimo: quello più il Sestriere sono salite che ti logorano.
E tra le tappe trabocchetto, quale ti preoccupa di più?
Siena ha i suoi insidiosi sterrati, ma anche la tappa di Castelraimondo nelle Marche o quelle abruzzesi possono riservare brutte sorprese. La salita di Tagliacozzo è il primo arrivo in quota e questo rende i corridori sempre un po’ nervosi. Non sanno mai davvero come andranno le cose. Tutti vorranno stare davanti. L’arrivo di Tagliacozzo (Marsia, ndr) non è impossibile, ma gli ultimi tre chilometri sono molto duri. E poi, come dicevo, il vento in Puglia: quello è un altro elemento che non va sottovalutato.
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