Il vicepresidente della Camera ed ex ministro dell’Ambiente: «De Luca dia una mano se vuole il bene dei cittadini»
«Io penso che qualunque politico eletto in Campania avrebbe piacere di guidare la Regione, anche perché io lo considero un privilegio. Ovviamente una mia eventuale investitura dovrebbe provenire dal tavolo nazionale di tutta l’area progressista e moderata».
È quanto afferma Sergio Costa, già ministro dell’Ambiente nei governi Conte I e II, eletto in Campania tra le fila dei Cinquestelle alla Camera dei deputati, dove riveste la carica di vice presidente.
Finora il nome più accreditato nel centrosinistra come candidato presidente alle Regionali in Campania è quello di Roberto Fico, che però potrebbe venir penalizzato dal vincolo interno ai Cinquestelle sul secondo mandato.
«È un problema superato, perché il nuovo Statuto del M5s, in via di approvazione in queste settimane, già prevede che ci siano delle deroghe, quindi volendo Roberto ha la possibilità di candidarsi, e se la scelta ricadesse su di lui sono contento, ci mancherebbe altro».
Secondo lei quali sono le priorità da affrontare in Campania?
«I temi sono tanti: la sanità, la scuola, i trasporti, lo sviluppo produttivo e la tutela dei lavoratori, la coesione sociale, l’ambiente e le bonifiche, la sicurezza, le aree interne. È necessario che queste progettualità vengano portate all’attenzione del tavolo nazionale di centrosinistra, e solo dopo si potrà discutere sul nome del candidato presidente, che deve essere inclusivo e trasversale nel rappresentare progressisti e moderati».
È nota la sua amicizia con Vincenzo De Luca. Se dovesse essere lei il candidato di centrosinistra, come affronterà la campagna elettorale contro di lui?
«Io credo che il presidente De Luca sia una persona troppo intelligente per non rendersi conto che in questo momento bisogna essere inclusivi. Io non mi assumerei mai la responsabilità di far vincere la destra. Credo che lui, che è un profondo conoscitore come pochi della macchina amministrativa, ed è in una fase anagrafica matura, si stia, o si renderà conto, che una spaccatura col centrosinistra sarebbe una responsabilità gigantesca. Confido che lui faccia questa riflessione».
Se invece la riflessione che lei auspica non avverrà e De Luca, come sembra, si ricandiderà?
«Beh, sarebbe una cosa contro natura, è come essere cannibale di sé stesso. E c’è chi potrebbe pure cominciare a chiedersi se il bene dei cittadini viene prima di tutto, o invece vengono prima altre questioni».
Che ruolo dovrebbe avere secondo lei De Luca in questa fase?
«De Luca va ascoltato, ma non sul terzo mandato, che è un fatto giuridico oltre che politico, perché può portare consigli preziosissimi al centrosinistra, e con la sua partecipazione il candidato presidente che dovesse uscire dal tavolo nazionale, sarebbe molto forte, perché includerebbe non solo Pd e M5s, ma anche Mastella, Italia Viva e Azione».
Cosa succede nel M5s se il Pd rivendica per sé il candidato presidente in Campania?
«Intanto vediamo prima che cosa emerge dal tavolo nazionale delle forze progressiste e moderate che in questo momento hanno bisogno di confrontarsi su quest’alleanza per la Campania, in modo da lanciare anche un bel messaggio al governo nazionale. Poi è chiaro che sia il M5s che il Pd vogliono che il candidato presidente sia espressione del proprio movimento o partito».
Lei è anche amico di don Maurizio Patriciello, che ora sostiene il governo Meloni dopo gli interventi a Caivano: è sorpreso?
«Lui è un uomo di Dio, con cui condivido un rapporto di spiritualità molto forte — ho studiato dai Gesuiti — e vede i fatti: oggettivamente a Caivano delle cose sono state fatte. Don Patriciello, poi, non ha una colorazione politica, tant’è che lui pensa che se queste cose le fa la Meloni o Pinco Pallino ben vengano, l’importante che si facciano. Anche Manfredi sta facendo bene a Scampia; bisogna fare così in tutte le periferie».
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