via il nome dal simbolo. La mossa del segretario per il nuovo corso del Carroccio

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Ci pensa da un po’. Ne ha parlato con pochi, i più stretti, tra una cena e un caffè al ministero, una riunione a via Bellerio. Matteo Salvini è pronto ad aprire la fase due della Lega. Con una piccola, grande rivoluzione che potrebbe rivelarsi la carta coperta del Consiglio federale convocato per marzo.

SALVINI PREMIER?

Addio alla Lega Salvini Premier. Benvenuta Lega Nazionale. Ci pensa davvero a cambiare il simbolo del Carroccio. A togliere quella scritta gialla su sfondo blu e bianco – Salvini premier – ricordo di mille battaglie e dell’era d’oro che fu. La riscossa delle politiche nel 2018, l’epopea gialloverde, il trionfo delle Europee l’anno dopo, Palazzo Chigi a un palmo di mano. Una progressione aritmetica – dal 4 al 17, dal 17 al 32 – che nel suo nome ha archiviato gli affanni della Lega di Bossi e Maroni. Ora Salvini cerca una nuova ribalta. Vuole rilanciare il partito e se per farlo bisogna spersonalizzare, che sia. Come confermano fonti ai vertici della Lega a questo giornale, il tema del simbolo sarà all’ordine del giorno del Congresso.

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Salvini si ricandiderà. Altri quattro anni al timone del più vecchio partito in Parlamento, ma sarà «l’ultima volta», così ha promesso lui a più riprese negli ultimi mesi. Fa sul serio? Il tempo dirà. Certo non ignora le turbolenze che hanno scosso la Lega da quando Giorgia Meloni ha iniziato a cavalcare nei sondaggi, poi si è presa Palazzo Chigi, poi ha continuato a vincere ancora e ancora: sui territori, in Europa. Senza troppo pensare al fair play.

Ha fatto breccia nel profondo Nord, questa destra forgiata a Colle Oppio, si è imposta nelle roccaforti leghiste un tempo inespugnabili: Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Lombardia. Ed ecco che nella vecchia guardia leghista iniziano a montare malumori, c’è chi punta il dito sul segretario. Salvini di passi indietro non vuole neanche parlare. Ha cavalcato per mesi il processo Open Arms, chiamato all’adunata militanti ed elettori contro la “persecuzione” giudiziaria. L’assoluzione, è convinto, gli ha ridato nuova linfa. Sogna il Viminale, il ritorno ai “porti chiusi” che fecero la sua fortuna elettorale sei anni fa. Sogna Trump e la rivincita del trumpismo, li insegue a costo di diventare una spina nel fianco per la leader di Fratelli d’Italia. Ma ha un partito da gestire, guidare altri quattro anni, possibilmente. E allora ecco la mossa del cavallo, meditata da tempo. Magari per stanare le opposizioni interne, mettere all’angolo gli “anti-salviniani” in servizio permanente. Mi accusate di personalizzare, di salvinizzare la Lega? E io la spersonalizzo. Qualche avvisaglia c’era già stata. Lombardia, congresso federale di metà dicembre. Il “Capitano” prende la parola, lancia un messaggio ai nostalgici della Lega Nord e federalista che trova degna rappresentanza nel nuovo segretario lombardo Massimiliano Romeo. «La scelta di un movimento nazionale per la Lega è giusta per il Paese ed è utile per la Lombardia». Punto. Poi l’annuncio fra le righe dell’operazione che inizia a prendere forma in queste settimane. «Il 2025 sarà un anno di costruzione col congresso federale e sono già adesso in modalità riflessione a 360 gradi su tutto», dice. Ed ecco il simbolo: «I modi, i colori e simboli si possono adeguare, anche se Alberto da Giussano lì rimane finché campo così come il nome Lega».Tradotto: il suo nome può diventare trasparente, se serve. Come quell’ambizione – Salvini premier – che pure resiste nel cuore del segretario e non è un caso se guarda al Viminale. Una mossa, si diceva, anche per tacitare i dissensi interni a cui è sempre più insofferente.

IL FRONTE INTERNO

Hotel Barberini, Roma, cena di Natale con i parlamentari. «Se ci sono dissidi o litigi fra di voi, non spetta a me dirimerli» striglia i suoi Salvini, ricordando che la Lega «è il partito più bersagliato» già così, senza bisogno del fuoco amico. Si fida di pochi, si confida con pochissimi. Ma vuole tenere insieme il partito. Non ha altra scelta, viste le sfide che si stagliano all’orizzonte. Su tutte, la difesa del Nord contro l’assalto di Fratelli d’Italia.

In Veneto la Lega è pronta alle barricate. Un documento interno svela la strategia per resistere. Due liste civiche, una indipendentista, una lista Zaia, la lista Lega, insieme a Udc e Azione sommano, nei sondaggi privati, più del 40 per cento. Meloni avvisata. In Friuli-Venezia Giulia, sulle tv locali, spuntano in questi giorni spot con il volto di Massimiliano Fedriga e un sondaggio: «Volete eliminare il limite dei due mandati? Terzo mandato per il presidente Fedriga». Chissà se li hanno visti a Palazzo Chigi.

Saranno mesi intensi. Il leader del Carroccio calza l’elmetto. E studia la mossa del cavallo. Sarà ancora la Lega di Salvini. Ma il nome del “Capitano” potrebbe sparire dal simbolo. Se qualcuno vorrà farsi avanti per prendere il timone, che venga pure.

 

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