Perché i papocchi di Todde inguaiano Pd e M5s

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Magari anche voi avete fatto un tentativo di farvi un’opinione su quello che sta succedendo in Sardegna, e non ci avete capito nulla. Perché è tutto molto complicato e non ci sono due costituzionalisti con la stessa opinione, ma è una storia importante. Per due ragioni.

La prima: la vittoria di Alessandra Todde alle elezioni regionali del 25 febbraio 2024 è stata uno di quei risultati che assumono un valore nazionale, simbolico. Todde era una esponente del Movimento Cinque stelle, candidata da una coalizione che includeva il Partito democratico e altre forze di quello schieramento che i giornali chiamano spesso “campo largo”.

Qualcuno ha tratto dal suo successo la lezione che dove i candidati della coalizione sono nuovi, freschi, e dei Cinque stelle si vince. Dove invece sono esponenti consumati del Pd, vedi Andrea Orlando in Liguria, si perde.

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Inoltre, Todde incarnava un possibile modello di una nuova classe dirigente dei Cinque stelle: 55 anni, un passato da manager di aziende, poi sottosegretaria nel governo Conte e viceministro con il governo Draghi, esperta di tecnologia ed energia. Nel 2021 diventa anche vicepresidente del Movimento Cinque stelle.

Si parla di modello Sardegna, di modello Todde, anche se la candidata del centrosinistra ha vinto con meno di 3mila voti di scarto contro lo sfidante del centrodestra Paolo Truzzu, imposto da Fratelli d’Italia al posto dell’autonomista Christian Solinas vicino alla Lega che nelle settimane della campagna elettorale era sotto inchiesta per corruzione.

Insomma, la vittoria di Todde era stata di misura, frutto anche delle circostanze, ma aveva assunto una rilevanza notevole. Adesso però il modello Todde potrebbe essere smantellato, e con esso le strategie e le valutazioni che Pd e Cinque stelle hanno maturato su come gestire la loro faticosa e tormentata alleanza.

Il 20 dicembre 2024 il Collegio regionale di garanzia presso la Corte d’appello di Cagliari ha emesso una ordinanza che contesta una serie di irregolarità nella gestione delle spese e dei finanziamenti nella campagna elettorale di Alessandra Todde. E la conseguenza stabilita dal Collegio è una sanzione da 40.000 euro e la decadenza da presidente della regione Sardegna.

LE CONTESTAZIONI

Da quando pochi giorni fa si è saputo del provvedimento, i giornali si sono riempiti dei soliti commenti che accompagnano ogni infortunio dei Cinque stelle: proprio loro che predicavano trasparenza e dovevano giustificare ogni spesa con gli scontrini, cadono sulla gestione di spese e finanziamenti.

Critiche sempre fondate, ai Cinque stelle si può forse rimproverare di non essere all’altezza degli ideali che difendono, anche se i loro avversari politici e culturali sembrano invece spesso rivendicare la legittimità di abusi, sprechi, sopraffazioni e malversazioni.

Comunque, stiamo ai fatti e vediamo le contestazioni.

Mauro Lissia è collaboratore del Fatto Quotidiano dalla Sardegna e sta seguendo il caso Todde dal primo giorno. In cosa consistono le irregolarità contestate a Todde esattamente?

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Le irregolarità contestate sono sette. La principale, quella che potrebbe determinare la decadenza della presidenza della Regione Sardegna, è l’aver presentato una rendicontazione delle spese elettorali che non si riferisce alla sua posizione individuale ma a quella di tutti i candidati del Movimento 5 Stelle.

Peraltro, non è stato nominato un mandatario – ed è un obbligo di legge – e non è stato acceso un conto corrente bancario dove avrebbero dovuto transitare tutte le entrate e le uscite relative alla campagna elettorale.

Todde si difende, promette ricorsi e rivendica di aver rispettato la sostanza dei requisiti di trasparenza. C’è stata grande leggerezza o una interpretazione diversa delle norme?

La sua difesa non è molto chiara. L’impressione diffusa è che la presidente Todde sia rimasta vittima di un grossolano errore, di una leggerezza commessa dal Comitato elettorale che ha preparato un rendiconto accorpato fra tutti i candidati consiglieri, lo ha trasmesso alla Corte dei conti ma non nelle forme stabilite dalla legge, cioè attraverso un mandatario che è l’unica persona che può asseverare le spese e senza il conto corrente.

In sostanza, il collegio di garanzia costituito in Corte d’appello non ha avuto la possibilità di valutare, di verificare le spese individuali e gli introiti individuali di Alessandra Todde.

In questi mesi Todde si è fatta molti nemici, anche con le sue posizioni sull’energia. Che bilancio si può fare fin qui della sua esperienza e chi sarebbe più sollevato dalla sua caduta?

Sicuramente Alessandra Todde non è simpatica agli imprenditori delle energie rinnovabili, su questo non c’è il minimo dubbio, ma probabilmente non incontra neanche grande sostegno da una parte del Pd che pure è il partito maggiore che l’ha sostenuta alle elezioni.

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Il centrodestra spera che cada, ma questo è abbastanza ovvio, avendo perso di strettissima misura le elezioni, spera di ritornare al governo della Sardegna. Sarà però molto difficile che la presidente effettivamente decada dal suo incarico e se ciò avvenisse ci vorrebbe comunque molto tempo, almeno due anni.

Vitalba Azzollini è una giurista, firma del quotidiano Domani, che sta seguendo la vicenda Todde, che ha una componente giuridica e amministrativa molto complessa. A che punto è la procedura? La presidente della Sardegna sostiene di poter continuare a governare, è corretto?

Todde si è detta legittimata ad andare avanti perché l’atto del collegio regionale di garanzia elettorale non è definitivo. Questa affermazione è corretta: perché operi la decadenza, il provvedimento del collegio deve essere definitivo e diventa tale solo dopo che siano stati esauriti i gradi di impugnazione dinanzi ai giudici. Potrebbero servire anche molti mesi.

Solo dopo che l’atto del collegio sia divenuto definitivo, perché sono stati esperiti tutti i rimedi giurisdizionali, su di esso, e quindi sulla decadenza di Todde, si potrà pronunciare il Consiglio regionale, cui spetta l’ultima parola sulla decadenza stessa. E qui la faccenda si complica, c’è chi dice che il Consiglio potrà esclusivamente prendere atto di quanto deciso dal collegio regionale di garanzia elettorale e chi invece sostiene l’opposto.

In ogni caso, anche la deliberazione del Consiglio regionale è impugnabile davanti al giudice.

Il Consiglio regionale non è equiparabile alla Camera o al Senato: anche se votasse contro la decadenza di Todde, se la decisione venisse impugnata poi toccherebbe a un giudice stabilire il destino della presidente. In questa storia, insomma, sono i giudici ad avere l’ultima parola mentre in altre vicende di decadenza, come quella di Silvio Berlusconi dal Senato nel 2013, spettava all’assemblea elettiva.

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L’incertezza sugli sviluppi non ha implicazioni soltanto politiche, ma anche economiche. Con posizioni che hanno fatto molto discutere, da presidente Alessandra Todde ha tenuto una linea molto dura contro il diffondersi di impianti di energia rinnovabile che aumentano la produzione di energia verde, certo, ma deturpano il paesaggio e in alcuni casi sono motivati soltanto dagli incentivi pubblici abbinati.

A dicembre 2024 la Sardegna è diventata la prima regione ad approvare una legge per individuare le aree idonee e non idonee all’installazione di impianti per l’energia rinnovabile.

Una legge che aveva anche l’obiettivo di risolvere un contenzioso con il governo Meloni e il ministero dell’Ambiente, nello specifico, che ha impugnato davanti alla Corte costituzionale un precedente provvedimento che ha congelato l’installazione di nuovi impianti. La Corte si deve esprimere a giorni, il 14 gennaio.

LE IMPLICAZIONI

Forse gli imprenditori delle rinnovabili sarebbero gli unici a esultare per una effettiva decadenza di Alessandra Todde, ma i partiti di maggioranza in Sardegna – Pd e Cinque stelle – e perfino quello di opposizione temono nuove elezioni e le ripercussioni nazionali di una fase di instabilità sarda.

David Allegranti è editorialista politico del gruppo QN. David, cosa ha rappresentato per la coalizione del centrosinistra, il cosiddetto campo largo, la vittoria di Todde in Sardegna a marzo 2024? Un modello di riferimento?

La vittoria di Todde ha rappresentato un modello di riferimento. Il destra-centro, nonostante tutte le difficoltà, si pensi soltanto al duello fra Forza Italia e Lega su chi fa il numero due della coalizione, rimane saldamente alla guida di Palazzo Chigi.

L’opposizione è invece ancora alla ricerca di se stessa, secondo quella logica testardamente unitaria rivendicata dalla segretaria del Pd Elly Schlein.

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L’alleanza demopopulista, magari allargata e lib dem dell’ex terzo polo, come accaduto altrove in Umbria, è essenziale per poter sfidare Giorgia Meloni, che è e rimane il collante e il garante della maggioranza di governo.

Certo, rimane intatta la questione delle politiche da proporre per i partiti del campo largo: su che cosa si troverebbero d’accordo? Certamente non sulla politica estera, tanto per cominciare.

Ormai la partita interna ai cinque stelle tra Conte e Grillo si è chiusa. C’è già qualche impatto visibile ?

Secondo me la partita era già chiusa prima della defenestrazione di Grillo. Un’epoca e un’epica erano già terminate da tempo.

Conte adesso ha semplicemente certificato la trasformazione del Movimento Cinque Stelle in partito a sua immagine e somiglianza.

Il dibattito pubblico nel Movimento Cinque stelle non esisteva già prima, adesso men che meno. E’ nato dunque il partito di Conte, che dovrà sempre più distinguersi dal Pd, di cui è ondivago alleato.

Elly Schlein è poco presente nelle polemiche quotidiane, non si ricordano grandi battaglie recenti. È un suo problema di comunicazione, un vuoto di idee o una strategia?

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Potrebbe essere una strategia: quella di fingersi morti. D’altronde nel 2019 Nicola Zingaretti, senza fare campagna elettorale, fece prendere il 22,7 per cento al Pd alle europee.

Schlein già adesso è la leader della coalizione, seppur non ufficializzata. Non ha competitor e ho l’impressione che voglia far emergere questo suo ruolo di equilibrio tra le parti, mantenendo un basso profilo, soprattutto in un momento in cui non ci sono elezioni ravvicinate.

Il 2025 però è anno di elezioni regionali importanti e a un certo punto il Pd dovrà inevitabilmente assumere una direzione chiara, in linea peraltro con la scelta di Schlein alla guida dei democratici. Certamente la battaglia sul salario minimo non sarà sufficiente per presentarsi poi alle elezioni politiche.

Per ora la lezione del caso Todde è che la democrazia ha una sua inevitabile dimensione procedurale, della quale bisogna tenere conto, anche se molte leggi sulla trasparenza dei finanziamenti e delle spese risalgono ad altre fasi storiche e altre leggi elettorali.

Todde sostiene di non aver violato in alcun modo lo spirito delle norme su finanziamenti e spese, ma gli errori formali nella rendicontazione, le versioni difformi e contraddittorie fornite alla Corte d’appello, l’assenza del mandatario e tutto il resto sono poco difendibili. Soprattutto per chi deve governare e approvare leggi che, per essere efficaci, devono essere scritte con grande attenzione anche a quei fastidiosi dettagli formali che sono il collante della democrazia.

 

(Estratto da Appunti)

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