Delitto Mattarella e stragi di Stato

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Prestito personale

Delibera veloce

 


Sentito in commissione Antimafia nel 1989 Giovanni Falcone lo collegò con il golpe Borghese, Bologna, il Rapido 904 e il viaggio di Sindona in Sicilia

Le indagini sull’omicidio di Mattarella segnarono una svolta drammatica nell’esistenza di Giovanni Falcone.
Se con le sue indagini sui colletti bianchi della mafia aveva giĂ  varcato i confini della legalitĂ  possibile nell’Italia degli anni ’80, con quella indagine aveva oltrepassato le Colonne d’Ercole del mondo illegale sino ad allora conosciuto, pervenendo alla conclusione che il sistema mafioso era stato coprotagonista occulto della strategia della tensione sin dal Golpe Borghese, e che da allora era integrato in un sistema di potere criminale nazionale piĂą complesso. Mentre al Nord quella strategia si era declinata nell’esecuzione di stragi affidate al braccio armato dei neofascisti sotto la sapiente regia di menti raffinatissime, al Sud era stata occultata con la perpetrazione di stragi e di omicidi politici chirurgici la cui esecuzione era stata affidata al braccio armato della mafia. In alcuni omicidi, segnatamente quelli di Mattarella e di Pio La Torre, la causale mafiosa era stata di copertura di causali politiche che dovevano restare occulte.
Nell’audizione del 3.11.1989 dinanzi alla Commissione antimafia, Falcone affermò che il Golpe Borghese, l’omicidio Mattarella, la strage di Bologna, la strage sul rapido 904, il viaggio di Sindona in Sicilia erano fatti tra loro collegati.
Nella successiva seduta del 22.7.1990, spiegò che nell’omicidio di Mattarella si era verificato un fatto inedito.
All’interno della Commissione di Cosa Nostra in quel periodo vi era una frattura tra l’ala che faceva capo a Stefano Bontate e i corleonesi. 
A nessuna delle due fazioni interessava la vita di Mattarella, tuttavia non vi erano interessi mafiosi tali da giustificare un omicidio di quella rilevanza. 
Si era così creato uno stallo: “Bisognava indicare … quale fatto in concreto si contesta a Mattarella, quale persona del mondo politico aveva chiesto di ammazzarlo!” spiegò Falcone. Poiché alcuni componenti della Cupola non volevano rivelare agli altri le reali motivazioni politiche di quel delitto riferibili a soggetti esterni, e poiché se l’omicidio fosse stato eseguito da killer mafiosi riferibili alla fazione legata a quei soggetti si sarebbe verificato un conflitto interno, si era lasciato che l’omicidio venisse eseguito da Fioravanti e Cavallini, gli stessi che pochi mesi dopo avevano eseguito la strage di Bologna.
Alla domanda di un parlamentare perplesso e incline a ritenere l’esclusiva responsabilità della mafia, Falcone replicò: “Mi consenta di dire che ciò è assolutamente impossibile, perché l’uccisione di Mattarella presuppone un coacervo di convergenze e di interessi di grandi dimensioni”. 

Giovanni Falcone © Archivio Letizia Battaglia

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Nella stessa seduta denunciò un gravissimo tentativo di depistare le sue indagini sull’omicidio Mattarella che portavano alla pista nera, orchestrato dalla mafia e da ambienti istituzionali per scagionare Fioravanti: “Qui bisogna stare molto attenti perché si tratta di vicende estremamente complesse e di una perfidia unica. Se non si riesce a calarsi in questa realtà, si corre il rischio di essere immediatamente deviati verso risultati di tutt’altro genere”.
La fase in cui Falcone supera le “Colonne d’Ercole” coincide con la discesa in campo contro di lui delle “menti raffinatissime” con l’operazione del Corvo, con l’attentato all’Addaura, con la visita in un carcere inglese di esponenti dei Servizi, tra i quali Arnaldo La Barbera, al mafioso Francesco Di Carlo, uomo cerniera tra Servizi e mafia, per instaurare una collaborazione con la mafia al fine di neutralizzare Falcone che era divenuto troppo pericoloso.
Mentre avveniva tutto ciò, alcuni vertici della Polizia monitoravano occultamente, come è stato documentato, le indagini di Falcone su Licio Gelli, redigendo relazioni riservate sui contenuti dei suoi interrogatori a colui che era ritenuto uno dei massimi strateghi della strategia della tensione. L’ostracismo di cui fu vittima Falcone è documentato nelle annotazioni del suo diario.
Il 29.7.1992 ho riferito al CSM che Falcone, con il mio sostegno, aveva fortemente insistito per iniziare nuove indagini sui delitti politici e sul ruolo di Gladio, arrivando al punto, nel corso di una riunione del Pool antimafia, di minacciare di lasciare l’incarico di coordinatore di quelle indagini a fronte dei temporeggiamenti e delle ritrosie del Procuratore capo Giammanco. Alla fine decise di andare via, ma non desistette mai dalla volontà di proseguire quelle indagini. Nel corso di un incontro riservato a Roma, mi confidò di essere quasi certo di essere nominato procuratore nazionale antimafia e che, finalmente, avremmo potuto svolgere le indagini che sino ad allora ci avevano impedito. Aveva compreso con largo anticipo su tutti, che la mafia e i poteri criminali “funzionali” al sistema di potere della Prima Repubblica, erano divenuti “disfunzionali” dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine del pericolo comunista. Si aprivano dunque nuove prospettive politiche e nuovi spazi di indagine. Il professore Arlacchi, altro suo fidato amico, ha rivelato che Falcone dopo l’omicidio Lima, poco prima di essere ucciso, gli aveva confidato che il delitto Mattarella era stato un caso Moro bis e che l’esecuzione era stata opera di killer mafiosi e di terroristi inviati dalla P2 e sostenuti, forse anche ospitati, dalla base Gladio di Trapani. Stava ancora cercando riferimenti, e aveva una buona fonte negli ambienti di destra. In quella stessa circostanza, Falcone intuendo la tempesta che di lì a poco si sarebbe scatenata, aggiunse che se coloro che avevano orchestrato gli omicidi politici all’interno della strategia della tensione volevano sopravvivere, dovevano “ripetere quanto hanno fatto dieci anni fa, quando si sono sbarazzati di La Torre e Mattarella”.

piersanti mattarella pd

Piersanti Mattarella

Le straordinarie intuizioni di Falcone sono state confermate da numerosi collaboratori di giustizia che hanno rivelato che le stragi del 1992 e del 1993 furono eseguite dalla mafia all’interno di un complesso piano politico pianificato da intelligenze esterne, perché il sistema di potere della Prima Repubblica “aveva voltato le spalle” ai poteri criminali di cui si era servito in precedenza e, dunque, occorreva abbatterlo per propiziare l’avvento al potere di una nuova forza politica garante dell’impunità e degli affari sporchi del passato. I depistaggi che hanno segnato le indagini sulle stragi del biennio ’92/’93 appaiono in perfetta continuità con quelli delle indagini sulle stragi neofasciste, e sono inequivocabilmente rivelatori della necessità di impedire che dal livello mafioso si potesse risalire ai complici esterni.
Le recenti indagini hanno evidenziato un altro filo rosso che, confermando l’intuizione di Falcone, lega in una unica trama le stragi degli anni Settanta e Ottanta e quelle del 1992/1993. Paolo Bellini, uomo dello Stato profondo, esponente di Avanguardia nazionale, è stato condannato in primo e secondo grado di giudizio come uno dei coautori della strage di Bologna del 2.8.1980, organizzata da Licio Gelli, Federico Umberto D’Amato, capo dell’Ufficio Affari Riservati del ministero dell’Interno, uomo Cia, e da Mario Tedeschi, punto di riferimento dell’area neofascista, una triade paradigmatica del sistema criminale nazionale regista della strategia della tensione, unitamente ai vertici dei Servizi segreti già definitivamente condannati per avere depistato quelle indagini. Nel 1991 e nel 1992 Bellini si trasferì in missione in Sicilia effettuando ben 30 viaggi e, come è stato accertato, suggerì ai mafiosi esecutori della strage di Capaci, di effettuare gli attentati ai beni artistici nazionali, la stessa strategia pianificata nel 1974 nel corso di una riunione segreta di neofascisti dopo lo scioglimento di Ordine Nuovo. Ma oggi come ieri, le “Colonne d’Ercole” restano invalicabili, prova ne sia anche l’ostinato rifiuto della maggioranza politica che presidia l’attuale Commissione antimafia di svolgere qualsiasi indagine conoscitiva sulle stragi del 1992 e del 1993, in direzioni che potrebbero coinvolgere neofascisti, componenti del mondo politico ed esponenti dei Servizi, ricongiungendo così pericolosamente la storia del passato a quella del presente.

Tratto da: Ilfattoquotidiano.it

Foto di copertina © Paolo Bassani

ARTICOLI CORRELATI

Piersanti Mattarella, l’uomo-riscatto della Sicilia ucciso dall”’antistato”

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Il delitto di Piersanti Mattarella e quelle ”svolte” che non esistono

Omicidio Mattarella, Balsamo: ”Del tutto apprezzabile la perseveranza dei pm nel far luce”

Omicidio Mattarella tra mafia ed eversione nera. Procura di Palermo: due nuovi indagati

Omicidio di Piersanti Mattarella: un politico riformatore nella terra del compromesso

Verbale inedito omicidio Mattarella, Falcone: ”Omicidio non eseguito da mafiosi”

 

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link