Il governo impugna la legge elettorale campana, il costituzionalista Pinto: nulla cambia fino alla pronuncia della Consulta

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di
Claudio Mazzone

L’ordinario alla Federico II: «Nelle more la norma di De Luca resta in vigore. Anche se la procedura sarà breve arriverà l’estate»

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«Ora tutto è nelle mani della Corte Costituzionale». Ferdinando Pinto, ordinario di Diritto amministrativo alla Federico II, mette in evidenza il cortocircuito istituzionale che la Campani sta vivendo a causa di una «politica che ha scelto di far scegliere ad altri». 

Professore, dopo l’impugnazione quale scenario si apre?
«Ora la palla passa in mano alla Corte Costituzionale che entro 90 giorni dovrà fissare l’udienza». 




















































Nel frattempo?
«La legge elettorale regionale di De Luca resta in vigore perché la riforma del Titolo V ha cambiato il meccanismo; in precedenza il controllo da parte dello Stato era preventivo e quindi l’impugnazione impediva l’entrata in vigore della legge, oggi è successivo». 

Dunque non cambia nulla?
«Teoricamente fino alla sentenza della Corte Costituzionale resta tutto com’è». 

Praticamente, invece, c’è la possibilità di una sospensione della legge?
«Si potrebbe chiedere ove vi siano questioni di particolare urgenza. Questa possibilità, riconosciuta dalla norma, è però del tutto eccezionale». 

Quali sono i tempi per una pronuncia?
«Presumibilmente la Corte può fare l’udienza entro l’estate prossima e poi, come spesso accade in questi casi, diramare un comunicato stampa con cui anticipa quale sarà il contenuto della sentenza». 

E se non dovesse essere rispettato questo serrato cronoprogramma?
«Mi permette un francesismo? Sarebbe un gran casino. Questo è un caso che richiede tempi brevi, ma per quanto questa procedura possa essere rapida, non può avvenire prima dell’estate anche nelle speranze più rosee». 

Se si dovesse votare a settembre sarebbe una vera corsa contro il tempo?
«Esattamente, una corsa tra chi vuole votare a settembre e chi no. Dunque la cosa più razionale sarebbe avere tempi brevissimi ma, anche correndo, non si arriverebbe ad una soluzione prima di maggio e per arrivare alle elezioni c’è da raccogliere le firme, presentare le liste, le candidature e si rischia che le cose si accavallino». 

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De Luca potrà comunque candidarsi?
«Se la Corte si esprime contro il terzo mandato, il presidente non può di certo candidarsi, ancorché sia ineleggibile e non incandidabile, poiché sarebbe assurdo farsi eleggere per decadere». 

Siamo in presenza di un cortocircuito istituzionale?
«Diciamo che si può creare ma bisogna confidare nei tempi della Corte».

Nell’affidarsi alla Corte la politica ha fatto un passo indietro?
«Purtroppo sì, eppure la politica serve a scegliere e non a far scegliere ad altri. Non è un caso che il discorso della premier in conferenza stampa sia stato un po’ pilatesco». 

In che senso?
«Rimettendo la decisione alla Corte ci si scarica dalle responsabilità politica e si prova a salvare capra e cavoli». 

Cioè alleati di governo e interessi di partito?
«Bisogna valutare una variante politica che la premier ha all’interno della sua maggioranza su questo argomento e la scelta dell’impugnazione rappresenta per Giorgia Meloni una strategia comunque vincente che mostra una grande capacità di equilibrismo politico». 

Perché?
«Se la Corte boccia il terzo mandato, a perdere è De Luca in Campania, ma anche Salvini a livello nazionale. Se invece la Consulta boccia il ricorso è Meloni a poter porre, all’interno della sua maggioranza, il problema di un riequilibrio di forze. In questo la premier ha rivelato, ancora una volta, la sua abilità strategica». 

Un’abilità di equilibrismo politico?
«C’è un equilibrio nell’opposizione, perché De Luca è esponente della minoranza parlamentare che però non è tutta compatta intorno al suo nome. Contemporaneamente c’è un problema interno alla maggioranza di governo che non è, a sua volta, compatta contro De Luca perché ha interessi comuni al presidente della Campania. La strategia di Meloni risponde ad una strategia furba di De Luca». 

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Quale?
«Il presidente sapeva di non avere tutto il Pd compatto al suo fianco nella sua idea di un terzo mandato e nella legge elettorale regionale non ha messo nessun riferimento esplicito a questa questione. Una strategia furba che fa prevalere, anche nella norma approvata, più il non detto che il detto. Così anche la comunicazione che si è fatta dell’impugnazione è dominata dal non detto. Questo ci mostra come, al di là del muscolarismo comunicativo di De Luca e Meloni, quello a cui stiamo assistendo resta uno scontro di equilibri in cui a strategia si risponde con strategia».

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10 gennaio 2025 ( modifica il 10 gennaio 2025 | 07:25)

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