Fuori anche Blackrock, la finanza gira le spalle alla lotta al cambiamento climatico

Dopo gli addii di colossi quali JpMorgan, Citi e Bank of America, è la volta di BlackRock. La lotta al cambiamento climatico perde un altro importante sostenitore. O, almeno, lo perde la battaglia impostata dalla Net Zero Asset Managers Initiative, l’organizzazione internazionale la cui fondazione deriva dalla Cop 26 di Glasgow e che mette insieme proprio alcuni dei maggiori protagonisti del mercato dell’asset management.

Il fondo di investimenti più grande del mondo, che gestisce più di 11mila miliardi di dollari, si è trovato a dover far fronte a diversi attacchi da parte dei repubblicani statunitensi, convinti che le politiche del gruppo ambientalista siano di ispirazione woke. Tra le altre, BlackRock si è ritrovata tra i gestori patrimoniali oggetto di un’azione legale da parte dello Stato del Texas: il governo li ha denunciati per violazione delle leggi sulla concorrenza a causa dell’adozione di strategie contro il cambiamento climatico tali da sopprimere la produzione di carbone.

Il dubbio

Da un lato, il fondo guidato da Larry Fink ha ritenuto avesse senso sposare la causa ambientalista con una famosa lettera agli investitori a gennaio 2022. “Ci concentriamo sulla sostenibilità non perché siamo ecologisti, ma perché siamo capitalisti e siamo legati da un rapporto fiduciario verso i nostri clienti” aveva scritto Fink allora. E due terzi dei suoi clienti mondiali avevano seguito l’indicazione, almeno fino a oggi. Dall’altro, però, si è dovuto riscontrare come “la nostra adesione ad alcune di queste organizzazioni abbia causato confusione sulle pratiche di BlackRock e ci abbia sottoposto a indagini legali da parte di vari funzionari pubblici”, come riporta un’altra lettera ai clienti intercettata dall’agenzia Reuters.

Oltre a quanto avvenuto in Texas, il fondo è, infatti, anche apparso in un rapporto di dicembre della commissione Giustizia della Camera, nel quale sono state citate “prove di collusione e di comportamenti anticoncorrenziali” messi in pratica dai protagonisti del settore finanziario con la finalità di “imporre obiettivi ambientali, sociali e di governance (Esg) radicali” alle società statunitensi.

Cambiano i mezzi, ma non il fine

L’uscita dalla Net Zero Asset Managers Initiative non significherà per il fondo “cambiare il modo in cui sviluppiamo prodotti e soluzioni per i clienti o gestiamo i loro portafogli”. Anzi, i gestori di portafoglio attivi di BlackRock “continueranno a valutare i rischi materiali legati al clima”. Qualunque cosa voglia dire.

Il fardello degli attacchi subiti per le politiche del gruppo ambientalista era però diventato troppo pesante da sostenere. Lo stesso Larry Fink, da sempre impegnato anche a livello personale nelle politiche Esg, quasi sempre menzionate nei messaggi che a cadenza annuale invia ai dirigenti della società, è diventato bersaglio delle rimostranze del partito guidato da Donald Trump. Tra le conseguenze, la scelta di alcuni Stati di ritirare in tutto miliardi di dollari dal fondo. Anche per tale ragione, l’ad ha dichiarato di voler smettere di usare l’etichetta Esg, definita ormai “troppo politicizzata”.

Cos’è Net Zero Asset Managers

L’iniziativa Net Zero Asset Managers è stata lanciata a dicembre 2020 proprio con l’obiettivo di supportare il settore della gestione patrimoniale nell’impegno a raggiungere le zero emissioni nette e mitigare così il rischio finanziario massimizzando al contempo il valore a lungo termine degli asset.

Il gruppo è governato da sei reti di investitori, denominate anche network partners. Il comitato direttivo, composto dagli amministratori delegati di questi ultimi, è responsabile del coordinamento e dell’implementazione dell’iniziativa, che resta “aperta – si legge sul sito ufficiale – a qualsiasi gestore patrimoniale a livello globale che sia anche membro di una delle reti network partner”.

Nel 2019 BlackRock fu vittima di uno scherzo del gruppo di attivisti YesMan. Nel dettaglio, essi inviarono una mail, apparentemente scritta da Fink, a investitori e giornalisti, spiegando che il fondo avrebbe penalizzato di lì a cinque anni tutte le compagnie (il 90%) che non possedevano ancora una strategia in linea con gli accordi di Parigi sul clima. “Non fatevi ingannare dalle imitazioni”, risposero dal fondo.