Il gas fa ricca la Norvegia, in Italia si litiga per un rigassificatore

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Norvegia e Italia: c’è chi col gas (e il petrolio) alza miliardi pagandosi la transizione green e chi, invece, non ne vuol sentire parlare nemmeno per sbaglio. La differenza che corre tra la Norvegia e l’Italia è tutta qui. A Oslo, il governo ha di che brindare: nel 2024, infatti, ha venduto 124 miliardi di metri cubi di gas, quasi tutti verso l’Europa affamata di energia. Entrano miliardi con cui, i politici norvegesi, si fanno passare tutti gli sfizi: elettrificazione, ban al termico, lotta serrata ai ricconi, patrimoniali. A Roma, o per meglio dire tra Genova e Firenze, volano gli stracci perché nessuno vuole il rigassificatore che dovrebbe, insieme ad altre infrastrutture, fare dell’Italia uno dei nuovi corridoi europei delle materie prime energetiche dell’intera Ue dopo la chiusura dei condotti russi che passano dall’Ucraina. Nei giorni scorsi, il consiglio regionale ligure ha votato no alla riallocazione del rigassificatore e il neogovernatore Marco Bucci ha ribadito il suo secco “no” al progetto. A strettissimo giro, gli ha replicato il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, che annuncia battaglia: “L’autorizzazione a Piombino vale fino all’aprile del 2026, finché dipenderà da me, poi andrà via: noi abbiamo autorizzato il rigassificatore per tre anni dopo di che sarà il governo a sceglierlo dove metterlo tra le altre Regioni italiane”. Abbiamo già dato, ora tocca agli altri. E così, magari, di tre anni in tre anni, con l’infrastruttura galleggiante e itinerante, la gran crociera del rigassificatore farà tutto il giro del Bel Paese. La vicenda non fa sorridere. Perché ne va delle politiche energetiche che, a loro volta, avranno effetti diretti sul futuro industriale ed economico del Paese. Che, a cascata, influenzerà il clima sociale. Il grande problema italiano è sempre quello del campanile, della sindrome nimby. Lo stesso, per restare nell’ambito energetico, ha tarpato le ali al nucleare per decenni. Tutti gli eletti degli enti locali, in ogni pertugio italiano, vogliono fare turismo. Solo che nessuno al mondo campa solo di turismo. C’è bisogno dell’industria. E perché funzioni, occorre energia a buon mercato. E, per averla, c’è bisogno di infrastrutture: altrimenti andranno a farsi benedire tutti i progetti, nazionali e comunitari, per arrivare a definire una politica energetica. Che sia valida e che possa, davvero, trasformare l’Italia da (attuale) espressione geografica a Paese che, anche grazie alla sua posizione centrale nel Mediterraneo, torni a recitare un ruolo importante sugli scenari geoeconomici globali. Eccola, un’altra differenza tra Italia e Norvegia che parte dal gas e finisce ai massimi sistemi: da noi si litiga per un solo rigassificatore, lì invece fino al 2022 ce n’erano ben 22, tutti funzionanti. Eppure il turismo a Oslo e dintorni non ha perso un’oncia né del suo fatturato né del suo appeal.


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