Ramy, adesso i pm valutano l’accusa di omicidio volontario

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La procura di Milano valuta se contestare l’omicidio volontario con dolo eventuale al carabiniere che guidava una delle tre gazzelle impegnate nell’inseguimento che, il 24 novembre scorso, ha causato la morte del 19enne Ramy Elgaml. Per ora il militare è accusato di omicidio colposo stradale, mentre due colleghi di frode processuale, depistaggio e favoreggiamento e su altri tre sono in corso accertamenti. Le immagini diffuse martedì dal Tg3, però, potrebbero segnare una svolta nell’inchiesta, con la riqualificazione delle ipotesi di reato e l’iscrizione di nuovi nomi nel registro degli indagati.

Frame del video dell’incidente in cui è morto Ramy Elgaml, pubblicato il 7 gennaio 2025 da La7 e Tg3

UNA PARTE DEL VIDEO è girata dalla dash cam presente sul cruscotto della terza auto: mostrano un primo impatto con il T-Max su cui viaggiavano i due ragazzi, Elgaml dietro e il 22enne Fares Bouzidi alla guida (quest’ultimo indagato per omicidio stradale in concorso) e registrano i dialoghi tra due agenti. «Vaffanculo non è caduto», «Chiudilo chiudilo che cade, nooo merda non è caduto», «Ha perso il casco». E poi: «Bene» dopo che arriva la comunicazione dei colleghi: «Via Quaranta/Ortles, sono caduti». Il drammatico epilogo è ripreso da una telecamera del Comune piazzata su via Ripamonti: si vede il mezzo dei carabinieri incollato allo scooter fin quando quello finisce per terra, forse in seguito a un contatto, nei pressi di un semaforo sul marciapiede.

«A nostro avviso questi video non lasciano spazio a dubbi: c’è stato uno speronamento da parte della macchina dei carabinieri, teso a provocarne la caduta del motorino e di conseguenza la morte del povero Ramy», afferma l’avvocato Marco Romagnoli che con la collega Debora Piazza difende Bouzidi. I legali chiedono una «corretta qualificazione giuridica dei fatti: ci sono elementi per configurarli come omicidio volontario, quantomeno sotto il profilo del dolo eventuale». Romagnoli ha direttamente criticato l’operato dei carabinieri: «Volevano fermare quel veicolo a ogni costo, anche a quello di provocare ciò che poi è avvenuto. È inaccettabile in uno Stato di diritto».

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LE NUOVE IMMAGINI hanno acceso il dibattito politico. La senatrice di Avs Ilaria Cucchi ha scritto al comandante generale dei carabinieri, Salvatore Luongo, chiedendo «la sospensione e conseguente destituzione degli agenti che hanno messo negli atti una ricostruzione incompatibile con quanto documentato dalle immagini». Immagini che mostrano anche un altro dettaglio: un uomo alza le mani davanti a due militari subito dopo la caduta. È Omar E., il testimone che avrebbe ripreso con il cellulare il momento più drammatico a cui avrebbero intimato di cancellare tutto.

Il deputato di Avs Marco Grimaldi chiama in causa il ministro della Difesa Guido Crosetto: «Siamo certi che non sottovaluti la gravità dell’episodio, aspettiamo una sua presa di posizione». Gli esponenti del Pd milanese chiedono di fare chiarezza, la consigliera regionale Carmela Rozza dice: «Le responsabilità penali sono sempre individuali, vale per i carabinieri in servizio quanto per i ragazzi coinvolti. Per questo a loro, ragazzi di seconda generazione troppo spesso vittime di discriminazione e razzismo, si deve rispetto. La loro versione dei fatti si sta rivelando veritiera».

DALL’ALTRO LATO, la destra è compatta a difesa dei militari. «È anomalo sia stato diffuso il video in questa fase delicata del procedimento», dice il governatore lombardo Attilio Fontana (Lega). Si spinge oltre l’eurodeputato Roberto Vannacci: «Sto sempre dalla parte delle forze dell’ordine. Fermare chi scappa è un dovere». Stessa linea del deputato FdI Giovanni Donzelli: «Resto convinto che i carabinieri abbiano fatto solo il proprio dovere. Chi scappa così dalle forze dell’ordine ha sempre torto». I due giovani non si sono fermati all’alt perché quello alla guida era senza patente. Su di loro non risultano segnalazioni di reato.

«Dopo 45 giorni ho potuto dormire: il video vuol dire che la verità sta arrivando», afferma la madre di Ramy, Farida. Il padre, Yehia Elgaml, ha rinnovato la fiducia nelle forze dell’ordine e nella magistratura ma dice: «Quelli sono carabinieri sbagliati». Ieri l’uomo ha incontrato al Corvetto alcuni amici del figlio. Il quartiere popolare era esploso dopo la sua morte. I ragazzi scesi in strada avevano denunciato dal primo momento che l’impatto auto-moto c’era stato e «Ramy è stato ucciso». Una richiesta di verità e giustizia, spesso raccontata come odio impolitico da parte di masse indistinte di giovani di seconda generazione, sostenuta dalle nuove immagini. «Abbiamo detto a tutti niente azioni in nome di Ramy – spiega il presidente della comunità egiziana Aly Harhash – ma la rabbia, dopo quei video, è tanta».



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