Milano, sciopero (con lancio di pomodori) all’Alberghiero Carlo Porta. Protesta contro l’aumento del contributo «volontario» chiesto alle famiglie

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di
Giovanna Maria Fagnani

La manifestazione dopo la delibera del Consiglio d’Istituto che aumenta la cifra richiesta all’iscrizione di altri 110 o 140 euro a seconda dell’indirizzo di studio. «La scuola è pubblica e gratuita, basta costi nascosti»

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Sciopero e proteste, con lancio di pomodori, fuori dall’Istituto alberghiero Carlo Porta, mercoledì mattina, a Milano. Gli alunni si sono ritrovati davanti alla sede di via Uruguay con l’intenzione di occupare alcuni locali della scuola, ma l’azione è stata impedita dalla Polizia, che ha chiuso i cancelli, bloccando l’entrata ai ragazzi. La protesta si è quindi spostata sul marciapiede, dove circa 200 manifestanti hanno esposto striscioni e intonato cori chiamando a gran voce la preside, Rossana Di Gennaro, che è uscita a parlare con loro. Un momento di tensione si è verificato quando un gruppo di ragazzi ha lanciato pomodori contro i cancelli. Al centro della protesta, la delibera del Consiglio di Istituto, votata all’unanimità, che, il 16 dicembre scorso, ha fissato un’integrazione al contributo volontario che viene chiesto ogni anno alle famiglie. Al Porta finora ammontava dai 165 ai 265 euro a seconda degli indirizzi (accoglienza e cucina). Ora la scuola chiede altri 110 euro agli studenti di accoglienza e 140 ai colleghi di cucina . 

La quota era invariata dal 2018, ma adesso la scuola deve far fronte a un aumento importante dei costi. Lo spiega la dirigente in una lettera: «Il versamento di tale quota è indispensabile in quanto comprende spese quali: l’assicurazione scolastica (che è obbligatoria), servizi legati alla gestione e organizzazione (es. registro elettronico e tutte le piattaforme informatiche in utilizzo, materiale di consumo), tutto il materiale utilizzato nei diversi laboratori e le spese per la manutenzione delle attrezzature di laboratorio». E ieri alle famiglie è già arrivata una nuova circolare con sollecito di pagamento per il contributo del prossimo anno scolastico. 




















































«Nella seduta di consiglio di istituto hanno spiegato che circa la metà delle famiglie non aveva pagato il contributo volontario, ma questi costi sono eccessivi, non è aumentandoli che si risolve il problema» spiega uno dei rappresentanti degli studenti. E infatti sui manifesti esposti dai manifestanti si legge «La scuola non è privata». «Perché paghiamo servizi che già ci spettano?», «La scuola pubblica è gratuita, basta costi nascosti». 

«La scuola si trova in difficoltà ma le famiglie anche, non è giusto rivolgersi sempre a loro. Questo è un contributo volontario e non va chiesto in modo coercitivo. E soprattutto le scelte dei genitori non devono ricadere sugli alunni, come è invece successo qualche settimana fa, quando alcuni ragazzi le cui famiglie non hanno pagato il contributo, sono stati esclusi da un’uscita al cinema a vedere “Il ragazzo dai pantaloni rosa”. È questa la scuola inclusiva?», aggiunge la rappresentante dei genitori di una delle sezioni del triennio. 

Alcuni rappresentanti dei genitori hanno scritto mail di protesta sia alla dirigente che al Miur. «Siamo in attesa di una risposta. Il Carlo Porta è una scuola molto valida e che propone attività molto interessanti: gite, esperienze Erasmus, corsi di sommelier. Con un contributo volontario già così alto, alcun famiglie si troverebbero a dover scegliere a quali rinunciare e invece bisognerebbe battersi perché tutti potessero frequentarle» dice uno di loro. «Nostro figlio frequenta il corso di accoglienza e solo di contributo volontario ci ritroveremmo da pagare più di 400 euro. A cui si sommano i costi della divisa, dei libri. Prima di procedere chiediamo che la scuola dia un giustificativo sulle spese effettuate con i contributi già versati», dice il papà di uno degli alunni. 
Il contributo dei genitori, sottolinea la preside Rossana di Gennaro è «indispensabile ed è dedicato interamente alla gestione dei laboratori. La prassi del nostro istituto è che non ci siano lezioni dimostrative: ciascuno studente fa pratica in prima persona con le proprie derrate. Di fatto la lezione diventa un momento di lavoro, cosa che si vede poi nella qualità dei nostri diplomati. Chiediamo un contributo, come tutte le altre scuole». In questi anni, però, i prezzi delle derrate sono «praticamente quadruplicati». E dopo il Covid parecchie famiglie hanno smesso di pagare. «A gennaio abbiamo chiesto il contributo. A novembre lo aveva pagato la metà degli studenti. E gran parte della metà che paga non versa la somma totale, perché ha diritto a detrazioni che concediamo. Tuttavia, non pagare nulla, senza dare spiegazioni, senza chiedere di rateizzare o almeno di pagare l’assicurazione, non è un atto di senso civico: una scuola di qualità ha bisogno della partecipazione di tutti, secondo le proprie possibilità. È vero che la scuola è pubblica, ma se vuoi un ampliamento notevole dell’offerta formativa, un piccolo investimento devi farlo». La speranza della scuola è che si faccia avanti anche qualche grande azienda. «Abbiamo ospitato eventi e concorsi di cucina di marchi prestigiosi e siamo sempre aperti a sponsorizzazioni» dice la preside. «Cerchiamo di arricchire sempre il ventaglio delle proposte. Abbiamo programmi Erasmus che portano i nostri studenti all’estero già dal terzo anno e poi l’its che forma figure manageriali nell’ambito del food. Ma prima di tutto i ragazzi devono potersi esercitare nei laboratori: a questo serve il contributo».

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8 gennaio 2025 ( modifica il 9 gennaio 2025 | 00:14)

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