Al Palazzo Ingrassia del Disfor il seminario di Maria Turco della Soprintendenza nell’ambito delle attività del corso di laurea magistrale in Progettazione del turismo sostenibile, culturale e naturalistico
Continuano le iniziative proposte dal corso di laurea magistrale in Progettazione del turismo sostenibile, culturale e naturalistico del Dipartimento di Scienze della formazione, un percorso di studi incentrato sull’anima socioculturale e su quella geo-naturalistica di un territorio.
A Palazzo Ingrassia del Dipartimento di Scienze della formazione è Maria Turco della Soprintendenza di Catania in occasione della relazione L’archeologia dell’Etna tra tutela e valorizzazione, mirato ad approfondire il lavoro della soprintendenza, ma soprattutto a far conoscere l’archeologia del paesaggio etneo.
Ad introdurre i lavori è stato il prof. Orazio Palio, docente di Preistoria e protostoria dell’Università di Catania.
Una immagine dell’Etna vista dal Teatro antico di Taormina
«Secondo il codice dei beni culturali, la tutela consiste in ogni attività diretta a salvaguardare il patrimonio culturale per garantirne la protezione e la conservazione – ha detto in apertura la dott.ssa Maria Turco -. La soprintendenza si occupa in particolare della tutela. Questa attività si svolge in primo luogo con il riconoscimento: innanzitutto, si deve definire cos’è un bene culturale, cioè riconoscere se qualcosa sia di interesse culturale o no; questo procedimento prevede un provvedimento dichiarativo, nel dettaglio un vincolo».
«Abbiamo poi la prevenzione, il controllo degli interventi di natura pubblica o privata che vengono effettuati – ha aggiunto -. Nell’attività di protezione, invece, bisogna cercare di limitare delle situazioni di rischio nel rispetto del bene culturale. Infine, la conservazione si applica con la manutenzione e il restauro del bene, preservandone l’autenticità e garantendone la trasmissione al futuro».
«Ritornando alla definizione di bene culturale — ha continuato— gli articoli 2 e 10 del Codice dei beni culturali affermano che sono beni culturali le cose mobili e immobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico aventi valori di civiltà. C’è però una consistente differenza fra i beni di proprietà pubblica e quelli di proprietà privata. I primi possono essere in maniera generica di interesse culturale; i beni di proprietà privata devono invece presentare un interesse culturale eccezionale».
Un momento dell’intervento della dott.ssa Maria Turco
«Dal punto di vista archeologico, la soprintendenza attiva l’archeologia preventiva nell’ambito dei lavori pubblici, o su sovvenzione dello stato con la possibilità di far assumere un archeologo, in base a due decreti legislativi, quello del 2004 e quello del 2023. Per quanto riguarda i lavori privati, invece, la tutela è svolta direttamente dal funzionario della soprintendenza seguendo tutti i lavori che riguardano il sottosuolo e il privato non può esimersi dal dare l’autorizzazione alla soprintendenza per la sua attività», ha l’archeologa.
Spostando l’attenzione sulla valorizzazione del paesaggio, la dott.ssa Maria Turco ha mostrato le diverse zone tutelate dalla provincia di Catania.
«Nel 2019 sono stati istituiti i parchi archeologici che svolgono un lavoro parallelo a quella delle soprintendenze, cioè un’attività di valorizzazione – ha spiegato -. Il Parco dell’Etna dipende dalla Regione Siciliana ed è stato istituito il 17 marzo 1987 sulla base di una legge regionale che per esso stabilisce speciali vincoli di attività e salvaguardia».
«Il territorio del parco conta di 59mila ettari ed è diviso in quattro zone a tutela decrescente: la zona A, la sommità, è riserva integrale; la zona B, ha delle determinate prescrizioni che spesso si sovrappongono a quelle della soprintendenza; la zona C, di protezione, e la zona D è una zona di controllo, ma che si vuole promuovere molto poiché vengono lì svolte tutte le attività a livello turistico. Il 21 giugno 2013 il parco dell’Etna è stato dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Unesco, nello specifico 19237 ettari», ha aggiunto.
La mappa del Parco dell’Etna
«Contrada Edera di Bronte — ha spiegato la Turco —, all’interno del Parco dell’Etna, è un’area vincolata dal punto di vista archeologico. Per il suo ambiente variegato è anche un sito di interesse comunitario (SIC) e dal punto di vista archeologico ha restituito testimonianze che vanno dal Neolitico fino al IX d.c. secolo».
«Essendo l’area già abbastanza tutelata, si è proceduto alla sua valorizzazione grazie a dei fondi europei – ha precisato -. Nelle zone di Balze Soprane e Contrada Cuntarati troviamo, invece, delle grotte di scorrimento lavico dove si svolgevano una serie di attività rituali di sepoltura. In particolare, solo con lo scavo della grotta Petralia, nel 1990 grazie anche al prof. Palio, si sono comprese le attività che si svolgevano nella grotta».
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