Crisi Globali e Diplomazia: Liberazione di Cecilia Sala, Dichiarazioni di Trump, Allerta Israele in Siria, e Strategie Sino-Africane

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ITALIA, CECILIA SALA LIBERA

È stato annunciato ieri mattina il rilascio della giornalista italiana Cecilia Sala, arrestata a Teheran il 19 dicembre scorso e detenuta fino a ieri nelle carceri iraniane. L’aereo con cui la ventinovenne romana è tornata in Italia è atterrato a Ciampino alle h16:15: ad attenderla non solo i genitori e il fidanzato ma anche il primo ministro Giorgia Meloni, il ministro degli esteri Antonio Tajani e il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, per poi essere sentita dal nucleo investigativo dei Ros. «Grazie a un intenso lavoro sui canali diplomatici e di intelligence, la nostra connazionale è stata rilasciata dalle autorità iraniane e sta rientrando in Italia», si leggeva nella nota della presidenza del Consiglio che ha dato l’annuncio della liberazione. La premier Meloni «esprime gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito a rendere possibile il ritorno di Cecilia, permettendole di riabbracciare i suoi familiari e colleghi» e «ha informato personalmente i genitori della giornalista nel corso di una telefonata avvenuta pochi minuti fa». Visibilmente commosso il padre della giornalista: «Ho pianto soltanto tre volte nella mia vita. Credo che il governo del nostro Paese abbia fatto un lavoro eccezionale. Se mi sente la voce rotta, non vedevo l’orizzonte. È stato un lavoro di coordinamento straordinario. Confidavo nella forza di Cecilia». «In questo periodo», ha aggiunto, «ho avuto l’impressione di una partita a scacchi, ma i giocatori non erano soltanto due. A un certo punto la scacchiera si è affollata e questo ha creato forti timori in un genitore come me, che purtroppo ignora le mosse». Sempre il padre ha poi ringraziato il ministro degli Esteri Tajani: «Fortunatamente io e Antonio Tajani abbiamo abitato per dodici anni a due passi l’uno dall’altro e c’è stata una frequentazione trasformata in un’amicizia. Il conforto di un’informazione, pur tutelata ma diretta e immediata indubbiamente ha aiutato molto».

USA: CONFERENZA TRUMP A MAR-A-LAGO

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Nella conferenza stampa tenutasi ieri a Mar-a-Lago, residenza del tycoon in Florida, il neoeletto presidente ha affermato di non escludere l’uso della forza, militare o economica, per prendere il pieno controllo del Canale di Panama e per costringere la Danimarca a vendere la Groenlandia, di cui Washington rivendica da tempo la titolarità. Entrambi le aree geografiche infatti sono di cruciale importanza per gli Stati Uniti riguardo la propria sicurezza nazionale e globale, ma non solo: a muovere gli umori delle opinioni pubbliche, soprattutto occidentali, è stata poi l’affermazione di The Donald per cui il Canada sarebbe il “51° Stato” americano, tanto da definire artificiale il confine che separa i due paesi e sbeffeggiando il primo ministro Justin Trudeau quale “governatore”. Non ha mancato tra l’altro di ricordare che uno dei capi saldi del suo programma elettorale sarà costringere i paesi alleati Nato a spendere maggiormente per la loro difesa come stabilito dal patto atlantico e annunciando ritorsioni in Medio Oriente nel caso in cui Hamas non avrà rilasciato gli ostaggi iraniani entro la data del suo insediamento, il 20 gennaio.

ISRAELE, PERICOLO TURCHIA IN SIRIA

Il comitato Nagel, su commissione del governo presieduto da Netanyahu, ha messo in guardia dai pericoli che potrebbero nascere qualora si lasciasse troppo spazio d’azione in Siria alla Turchia, ora che è stato destituito dal potere Assad, accusando il paese anatolico di perseguire velleità espansionistiche nella regione, persino peggiori di quelle iraniane. Il rapporto propone di incrementare il budget per la Difesa di 15 miliardi di shekel (4,1 miliardi di dollari) annui per i prossimi cinque anni, destinati a potenziare le capacità di attacco a lungo raggio, i sistemi di difesa aerea e la sicurezza delle frontiere. Netanyahu ha sottolineato l’importanza di affrontare le nuove minacce, affermando che Israele deve essere pronto a rispondere ai cambiamenti in Medio Oriente.

CINA, AFRICA CENTRALE PER PECHINO

Wang Yi, ministro degli esteri cinese, ha ribadito la centralità dell’Africa nei viaggi diplomatici che avranno luogo questo nuovo anno, affermando che determinati paesi del continente africano saranno i primi a esser visitati, tradizione che dura da trentacinque anni. Wang ha incontrato il presidente della Namibia Nangolo Mbumba e la presidente eletta Netumbo Nandi-Ndaitwah, sottolineando il valore della cooperazione sino-africana per il progresso del Sud globale. Pechino si impegna a sostenere lo sviluppo economico e sociale della Namibia, trasformando le sue risorse naturali in vantaggi per la popolazione, e a rafforzare la collaborazione nel commercio, istruzione, infrastrutture ed energia. In cambio Pechino chiederà molto probabilmente un impegno per questi paesi nel condividere la teoria della “One China policy” (una sola Cina), dunque il riconoscimento di Taiwan come territorio della Repubblica Popolare, nonché un allontanamento dagli Stati Uniti in favore dei vantaggi (o presunti tali) che ha la Cina stessa ha da offrire.



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