NON ABBIAMO PIU’ UNO STRACCIO DI IDEE. LA VACUITA’ DELLA POLITICA REGIONALE – Talenti Lucani

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NON ABBIAMO PIU’ UNO STRACCIO DI IDEE. LA VACUITA’ DELLA POLITICA REGIONALE – Talenti Lucani – Passaggio a Sud
















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MAURO ARMANDO TITA*

Sono  stato amabilmente rimproverato per aver tessuto le lodi del mio vecchio Dipartimento regionale. Una sorta di Laudator temporis act (Lodatore del tempo passato) di oraziana memoria che non mi appartiene. Credo di aver sempre improntato i miei articoli alla pura onestà intellettuale, alla veridicità degli atti e dei fatti senza alcuna bieca mistificazione e senza sconti per nessuno. Per farmi perdonare in questo articolo analizzerò compiutamente le scelte insensate e miopi delle Giunte Regionali degli anni Novanta che paghiamo amaramente ancora oggi. La crisi “patogena” di Stellantis non ci fa dormire sonni tranquilli e ci sta distruggendo psicologicamente. In una mia recente intervista al “Mattino di Puglia e Basilicata” ho lanciato un SOS al Governo e alle Regioni meridionali sostenendo che qui ci GIOCHIAMO tutto il Sud e, soprattutto, il futuro della Basilicata. Lasciare nell’incertezza oltre settemila famiglie (considerato pure l’indotto aggregato e aggiuntivo) è ingiusto, crudele e terrificante. Da oltre un trentennio in Basilicata non abbiamo più i Rapporti annuali sull’Economia e sulla Piccola Impresa. Dagli anni settanta in perfetta comunione con il CENSIS, gli Enti Strumentali di ricerca della Regione Basilicata pubblicavano precise e reali “fotografie” della società lucana. Com’era bello incontrarsi con i colleghi dell’Ibres e dell’Arsa alla vigilia dei loro Rapporti Annuali per elaborare concrete azioni programmatiche, vantaggiosi spunti di riflessione, fattibili modelli organizzativi e affidabili soluzioni progettuali. Disamine corrette sul piano metodologico validissime per le scelte di politica economica. Quanta voglia di fare, quante belle intelligenze penetranti con solidità di principi, di valori, di idee e di interessi collettivi. Su queste basi, grazie alle puntuali ricerche sistematiche e ai precisi dati statistici elaborati e raccontati dall’IBRES (Istituto Basilicata Ricerche Economiche e Sociali) e dall’ARSA (Azienda Regionale Sviluppo Artigianato) sono nati Mega progetti formativi a forte impatto occupazionale nelle piccole imprese lucane. L’esplosione della piccola impresa lucana alla fine degli anni ottanta e agli inizi degli anni novanta è stata una sorta di “autocoscienza collettiva” per dirla alla Giuseppe De Rita. “Autocoscienza collettiva” svanita e scomparsa miserevolmente con l’avvento della Fiat/Sata. Da “sociologo di strada” ho sempre denunciato sulle Pagine di “Primo Piano” del “Quotidiano della Basilicata” di Paride Leporace, senza alcun timore reverenziale, lo sgradito silenzio furbo dei suoi dirigenti per l’infelice chiusura al Territorio. Piani industriali, segretissimi, mai condivisi con il Sindacato e le Maestranze, con le Istituzioni locali e con le Imprese “autoctone” fino ai giorni nostri. Tale comportamento non era onesto, non era corretto nei confronti di attive e fattive maestranze che avevano dato tanto in termini di produttività(chi non ricorda il primato mondiale della Fiat/Sata sulla Toyota). Adriano Olivetti con la sua Fabbrica/Territorio non si sarebbe mai comportato con questa odiosa chiusura e con questo odioso egoismo. Stellantis, pur con la sua patogena chiusura e la sua quinquennale crisi strutturale è parte integrante e sostanziale della nostra economia. I due miliardi che saranno investiti nei prossimi anni spero che riguardino pure l’indotto lucano crudelmente abbandonato e cancellato con tutte le nefaste conseguenze occupazionali odierne. Un indotto miseramente fallito per le delocalizzazioni selvagge favorite da assurde e ingiuste normative europee e nazionali, mai disciplinate, mai regolate e mai controllate. Tale notizia ci potrà confortare per il prossimo futuro se tale investimento produrrà un serio  impatto “positivo” e “moltiplicatore” anche per le nostre imprese locali. Fatta questa ampia premessa, non disgiunta dai nostri fatti economici presenti e pregressi, cari lettori, la mia riflessione va nella direzione dell’ultimo Rapporto Censis con i tanti disarmanti dati statistici e con le belle metafore, memorabili, come sempre. L’ultima brillante metafora in ordine di tempo, quella della sindrome del GALLEGGIAMENTO della Società italiana, contenuta nel citato 58° Rapporto, ci descrive un Ceto Medio in ritirata con un numero di giovani sempre più esiguo e che non può più contare sull’ascensore sociale, guasto da oltre vent’anni. Partecipai con tanto entusiasmo e con tanta consapevolezza nel novembre 2017 alla presentazione del libro di De Rita “Dappertutto e Rasoterra” “Edizioni Mondadori – 2017”presso la Libreria Mondadori in Via Pretoria. Mi era sembrata una sorta di full immersion, anni settanta, con vecchie e nuove generazioni sindacali e con belle presenze del “Pianeta Giovani” lucano, e, soprattutto, con tanta bella gente della mia generazione, appassionata, gioviale e simpatica. Avevo rivissuto per qualche minuto la vivace atmosfera delle ricerche sul campo degli anni settanta con la brava  antropologa, Annabella Rossi, allieva prediletta di Ernesto De Martino. Non ho mai  dimenticato  quella bella avventura vissuta in agro di San Fele/Pierno, con le sue ritualità magiche, con la sua  bella Chiesa sotto il “roccioso” Monte omonimo. Una ricerca  racchiusa nel bel libro, oggi introvabile, le “Feste dei poveri”. Tutto ciò per significare e voler dire che, io sociologo di strada e di periferia lucana degli anni settanta, sono cresciuto tra Ricerche sul campo e Rapporti Censis. Bene hanno fatto i giornali locali  a dedicare un’intera pagina all’Evento De Rita, grazie all’iniziativa della UIL Basilicata e, in particolare, al positivo e propositivo supporto del CSSEL (Centro studi sociali di economia e lavoro), il brillante pensatoio, come ebbe a definirlo il prof. Tommaso Russo sulle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno, diretto dall’amico fraterno e collega Giancarlo Vainieri. Un Centro Studi che cerca di colmare i vuoti lasciati dall’IBRES e dall’ARSA. Se me lo consentite, cari lettori, il mio approfondimento riguarda una singolare peculiarità del libro di De Rita:  i “soggetti semplici” e la loro  “tenacia”.  Ho abbracciato la causa dei “soggetti semplici” e mi sono battuto con tenacia, impegno e passione nel campo della formazione e della ricerca  per il riconoscimento sostanziale dei vari operatori e dei vari modelli  lucani di micro impresa di ieri e di oggi: “Dagli Artigiani ai Divulgatori Agricoli, dai Ricercatori di Mercato (CSATA di Bari) dell’Aglianico ai Protagonisti della Gastronomia del Vulture/Alta Irpinia (vedi riconoscimenti Slow Food di Carlo Petrini e FICO di Oscar Farinetti), dagli Innovatori delle Start-up di successo ai Giovani imprenditori delle Aziende agricole operanti nel biologico e nel biodinamico”(AGIA). Purtroppo, cari lettori, lo dico con tanto rammarico e tanto sconforto, una politica miope e approssimativa ha azzerato trent’anni fa con immensa superficialità i  vari “centri  e istituti” che afferivano al socio-economico e alla ricerca  (IBRES) e allo sviluppo delle PMI e dell’Artigianato (ARSA). Istituti e Centri  presenti e consolidati sul territorio lucano e sui mercati nazionali ed europei. Un provvedimento che ha ignorato le  vere professionalità presenti e operanti sul campo e ha azzerato tutte le varie progettualità, comprese le Intese Bilaterali con l’Unione Europea. (vedi Progettazione sui Centri Pilota del Tessile Abbigliamento e dell’Artigianato Artistico). Un azzeramento brutale che smentisce spudoratamente Giuseppe De Rita e la sua “autocoscienza collettiva” come obiettivo principale di un Istituto di ricerca. Questo approccio politico superficiale e dissennato forse aveva lo scopo di potenziare le  Associazioni di Categoria. Purtroppo, come sempre, ci siamo svegliati nel deserto. Il modello CGIA di Mestre, tanto agognato nel Progetto FIART/FSE della Regione Basilicata del 1991 con le azioni seminariali congiunte tra la Confartigianato di Padova e Treviso e la Confartigianato/Basilicata non ha mai goduto di alcuna continuità. Il Modello CGIA di Mestre che si fa promotore di battaglie sindacali a sostegno del lavoro autonomo e degli imprenditori artigiani non è stato mai creato e non è stato mai ipotizzato. Sarebbe bastato, sulla scorta delle positive esperienze formative maturate sul campo creare un Ufficio Studi con la stessa credibilità della CGIA di Mestre e privilegiare attività di analisi e di ricerche di mercato, supportandole con professionalità economiche, giuridiche e fiscali. L’aver cancellato dal Piano regionale F. P. del 1993 il Mega intervento formativo sull’artigianato, fruttuoso, efficace e vincente su tutti fronti ha significato interrompere serie progettualità a forte impatto occupazionale. Ci siamo ritrovati nudi e crudi alla Alan Bennet, senza aver più il conforto di azioni formative concrete e vincenti, senza alcun supporto tecnico-specialistico, senza alcun orientamento di mercato, senza alcuna ricerca sistematica, senza il supporto indispensabile di credibili Rapporti socio-economici annuali, senza alcuna Bussola. E’ sparita da trent’anni pure la bella Programmazione socio-economica. Quella bella programmazione integrata dai Piani Regionali di Formazione Professionale. Un modo nuovo per realizzare concretamente il binomio inscindibile: “Piani di fattibilità-Politiche Attive del Lavoro e Formative”. Una proposta da me promossa e approvata convintamente dall’allora Assessore alla Programmazione Giampaolo D’Andrea. Tutto evaporato brutalmente. Oggi siamo nella totale vacuità e nell’indistinto strutturale. Non abbiamo più idee. Non abbiamo più progetti. Non abbiamo più futuro. Si naviga maledettamente a vista. Amen.

*Sociologo e Saggista.


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