Giorgia Meloni ed Elon Musk, il privato è politico

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Microcredito

per le aziende

 


Si dice spesso che le puntate dei Simpson siano piene di profezie sul futuro politico degli Stati Uniti, dalle nostre parti il compito di Nostradamus è toccato a Corrado Guzzanti. Era il 2002 quando all’interno del suo programma Il caso Scafroglia compariva per la prima volta una striscia comica intitolata Fascisti su Marte, uno sketch che nel 2006 è diventato un film, il racconto di un gruppetto di camicie nere che salgono su un razzo per conquistare il pianeta rosso e bolscevico. Sempre nel 2006, Giorgia Meloni veniva eletta per la prima volta alla Camera dei deputati nella lista di Alleanza Nazionale: la metafora guzzantiana poco aveva a che fare con la neo-deputata appena ventinovenne, eppure nel viaggio di quelle camerate sparate nell’iperspazio c’era qualcosa di insospettabilmente profetico. Siamo all’inizio del 2025, Giorgia Meloni non è più «il piccolo coatto antico in un corpo da bambina» di cui cantava la band neofascista Aurora negli anni Novanta ma la Presidente del Consiglio, e sui giornali non si parla d’altro che della sua relazione problematica e ambigua – potremmo dire tossica, per stare al passo coi tempi – con l’uomo che manda i razzi su Marte.

Una cosa che Meloni e Trump hanno in comune, che a dire il vero potremmo dire essere una caratteristica di un po’ tutti i politici contemporanei, è il fatto di sembrare abitanti di Topolinia o di essere personaggi partoriti dalla mente di un creativo Pixar che gira per gli studios in monopattino. A disegnare Giorgia Meloni, in effetti, ci aveva già pensato con largo anticipo Alessio Spataro nel 2009 con la sua raccolta satirica a fumetti La Ministronza, che Stefania Prestigiacomo non stentò a definire, in coda alle dichiarazioni di solidarietà per l’allora ministra, «opera indecente e volgarissima»: in copertina, Meloni si aggira per una fogna con un ratto picchiatore dotato di manganello alle spalle, alle sue orecchie due graziosi fasci littori come gioielli.

Per quanto riguarda Elon Musk, invece, la mia personalissima sensazione nei confronti dei suoi deliri di onnipotenza – e al suo aspetto fisico, lo ammetto – è sempre stata quella di avere davanti una rivisitazione del cattivo de Gli Incredibili. Nel film animato del 2004, Mr Incredible si trova a dover combattere il tanto perfido quanto triviale e infantile Sindrome, uno scienziato che non potendo diventare un supereroe ha ripiegato tutta la sua frustrazione nella costruzione di tecnologie avanzate per dominare il globo come robot dotati di intelligenza artificiale, missili potentissimi, e nel maltrattare un’assistente di nome Mirage dai capelli ossigenati che ricorda Grimes. Per chi non lo avesse mai visto, è superfluo specificare che sarà proprio la tracotanza da miliardario convinto di poter governare il mondo a far capitolare Sindrome, ex bambino sfigato con la fissa per i fumetti ora spietato imprenditore del tech. Nella realtà, purtroppo, le probabilità che arrivi un gruppo di supereroi accompagnati da una colonna sonora anni Sessanta a salvarci dalle grinfie di un mitomane sono molto poche.

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

Se volessimo attenerci alla regola della crasi che celebra una coppia nata pubblicamente, o meglio una ship come si dice in gergo da fandom di internet, per Meloni e Musk avremmo l’imbarazzo della scelta. Le corrispondenze d’amorosi sensi dei nostri melusk, o muskoni, liberi di scegliere la sintesi più evocativa, sono senza dubbio l’argomento meno chiaro, per non dire a tratti incomprensibile, che la fine del 2024 e l’inizio di questo nuovo anno di Giubileo e cifra tonda ci ha dato in omaggio con il già pesante carico di assurdità a cui dobbiamo far fronte. Una su tutte, il video messaggio di Mark Zuckerberg in versione un po’ Justin Timberlake un po’ Logan Paul che ci presenta il suo piano di Make Facebook Great Again, anticipando un futuro che dimentica il fact-checking in favore di un non ben specificato free speech – percepisco il fantasma di Nanni Moretti con il costume da pallanuotista che incombe sulla mia spalla. Ed è chiaro che sono loro, i tecnocrati, i tecno-anarco-capitalisti, i guru del tech, o insomma come li vogliamo chiamare, questa banda di multimiliardari che si vestono da space cowboy e che tengono noi e i nostri governi per l’algoritmo, i veri protagonisti del presente, compresi soprattutto quelli che, spinti da una simpatia molto accesa che si manifesta in grandi sorrisi e sguardi di complicità, portano la nostra attuale presidente del Consiglio a stipulare accordi stellari per satelliti spaziali che ci garantiscano una telecomunicazione sicura e veloce. E se persino Renzi dice qualcosa di sensato a riguardo – non si facevano le gare d’appalto? – c’è da preoccuparsi.

Il governo smentisce a metà, Salvini parla di un «accordo fantastico», la notizia è che Meloni sarebbe in trattativa con Musk per un contratto di fornitura con SpaceX, non solo come ipotetica moneta di scambio per affrettare le trattative sulla liberazione della giornalista Cecilia Sala ma anche per rafforzare e suggellare un patto d’acciaio, o forse sarebbe meglio dire il patto del satellite, con il nuovo governo statunitense e il suo prezioso alleato invadente e capriccioso. Sulle ingerenze di un privato nella politica del Paese più influente dell’Occidente potremmo anche sorvolare – si fa per dire –, su quelle che si costruiscono sulle nostre spalle forse un po’ meno. Anche perché, nonostante i drammi shakespeariani ci insegnano che è proprio su queste basi contraddittorie che si fondano gli amori più epici, almeno stando ai presupposti da cui nasce il partito di Giorgia Meloni e della destra italiana, a rigor di logica il matrimonio dei muskoni non s’andrebbe da fare. La sovranista protettrice del suolo italico, difensora dei confini, esportatrice della nostra eccellente, autarchica meraviglia (open to), quella di Atreju e della via italiana, quella del Io sono Giorgia, del tricolore e della fiamma, delle tradizioni e dei crimini universali, del presepe e della pastasciutta, cosa dovrebbe avere in comune con un sudafricano multimiliardario su di giri che punta a dominare la galassia, si finge statunitense saltellando sul palco di Trump, compra Twitter per farlo diventare il suo parco giochi in cui cambia le regole ogni volta che qualcosa non gli piace in nome della libertà d’espressione? «E così il leone s’innamorò dell’agnello, che agnello stupido! Che leone pazzo e masochista!», per citare la raffinata penna di Stephenie Meyer.

Mentre la danza di corteggiamento tra la strana coppia procede nell’etere e in ipotetici contratti che dovrebbero affidare all’imprenditore sudafricano con cittadinanza canadese e naturalizzato statunitense la sicurezza delle telecomunicazioni di Stato e mentre il referente italiano del Ceo di Tesla Andrea Stoppa (indagato per corruzione e turbativa d’asta) posta su X una foto generata con Grok del triumvirato Meloni Musk Trump vestiti come in un film di Ridley Scott, Musk intervista il live streaming su X Alice Weidel, leader del partito di estrema destra tedesco Afd e accusa il premier inglese laburista Starmer di aver coperto un caso di abusi sessuali con una campagna basata esclusivamente sulla disinformazione, dal momento che non ci sono prove sulle responsabilità del primo ministro. Del resto, poco tempo fa Musk aveva già allungato la sua candida mano sul nostro governo dichiarando «these judges need to go», riferendosi ai giudici del Tribunale di Roma che avevano sospeso la convalida del trattenimento di alcuni migranti portati in Albania. Tutto suggerisce che, più che una relazione monogama tra i muskoni o i melusk, ciò a cui ambisce il proprietario di Starlink è un poliamore con le destre europee, basato su solidi presupposti come la chiusura dei confini, la libertà di far circolare fake news spacciandole per libertà d’espressione – o la libertà di «fare un po’ come cazzo ci pare», per citare L’Ottavo Nano – e, soprattutto, la privatizzazione di qualsiasi cosa.

La motosega di Milei, gradito ospite al raduno dei giovani meloniani di Atreju, altro non è che l’antipasto del mondo che la grande destra occidentale, unita sotto satelliti e immagini pacchiane generate con l’Ai per autocelebrarsi, sogna a occhi aperti, con trattative che scavalcano qualsiasi principio di democrazia. Privato è l’incontro tra Meloni e Trump a Mar-a-Lago quando lui non è ancora formalmente insediato, privato il tavolo della discussione tra i due, privati gli accordi con Starlink, così come in mano di pochi privati troviamo tutti i social media che abbiamo a disposizione, loro che accusano l’Europa di mettere i bastoni tra le ruote dello sviluppo tecnologico con le regole e le limitazioni che teoricamente le democrazie dovrebbero imporre ai pochi (specialmente se molto ricchi), per il bene dei molti. È davvero un peccato che la presidente Giorgia Meloni stia barattando così la sua proverbiale integerrima devozione autarchica al suolo italico, utilizzando la retorica del sovranismo solo quando serve per cacciare fuori gli ospiti stranieri non graditi, ossia quelli che non hanno miliardi a disposizione per controllare le campagne elettorali e macchine elettriche che si guidano da sole a portata di mano. Forse, per far quadrare meglio la profezia, una versione aggiornata del film di Guzzanti, più che Fascisti su Marte, oggi potrebbe essere Meloniani su Marte.





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

Source link