BIM: Opportunità, Sfide e Contraddizioni nella Digitalizzazione delle Costruzioni | Articoli

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Il BIM (Building Information Modeling) rappresenta una svolta nella gestione informatica delle costruzioni, ma il suo utilizzo, specialmente in Italia, è spesso ostacolato da burocrazia e modelli inadeguati. Nato come strumento innovativo, il BIM rischia di perdere la sua efficacia sotto il peso di normative frammentate e approcci poco coordinati. È tempo di affrontare questa complessità con una visione più unitaria.

BIM è una parola facile e di grande impatto.

Per questo è così nota e diffusa. Non a caso il grande prestigiatore Silvan usava il BIM nel suo slogan: bim salabim. Ed il BIM, in italiano modelli informatici per le costruzioni, che sarebbe un altrettanto accattivante MIC, è una idea splendida ma c’è un ma. 

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Non a tutti è chiaro che l’informatica, ovvero la gestione automatica della informazione, può operare solo su modelli organizzati dell’informazione.

Nella pubblica amministrazione si è usata l’informatica con grande ardore per organizzare la contabilità dello Stato ma la contabilità è cosa antica meravigliosamente organizzata già da Luca Pacioli. Pensate alla partita doppia, non  è una invenzione da poco! 

Ma nel mondo delle costruzioni il problema è posto dalla natura e il modello delle informazioni deve essere è fatto dall’uomo, e non è affatto semplice. La faccenda si complica. Occorrono dei modelli per descrivere il mondo delle costruzioni. Ci sono? 

L’Uomo di legge, in perfetta buona fede, avendo un orizzonte circoscritto alle proprie competenze, è convinto che sia sufficiente emanare una legge per far adottare la Relatività Generale in tutto lo Stato perché scaturisca dal cappello un Einstein. Non è così, e la deriva burocratica quando si insinua in certi settori può essere devastante. (se desiderate maggior conforto leggete l’indubitabile “Scienza o arte del costruire?” del grande Pier Luigi Nervi).

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L’ottocento ha visto fiorire molti modelli matematici per la fisica e per la geometria e problemi di natura fisica sono alla base del costruire. Ed anche qui nasce un problema: la formulazione algebrica dei modelli ottocenteschi limita e spesso ostacola i metodi di calcolo numerici. La cultura del calcolo numerico tarda ad entrare nella cultura comune. Ne è un esempio la normativa per le strutture (NTC) dove vengono imposti metodi numerici ottocenteschi. Si PRESCRIVE, ad esempio, una formula algebrica per valutare il taglio che non può tener conto della complessità delle sollecitazioni composte se non in modo molto grossolano (e se poi la sezione è tonda?). L’analisi numerica permette metodi molto più sofisticati ma che vengono “castrati” dalle imposizioni autoritarie della normativa.

Il BIM, torniamo a lui, è, lo dicevamo, un’ottima iniziativa ma purtroppo con il decreto Baratono del 2016 è stata adottata per gli appalti pubblici. Questa necessità ha proiettato il BIM in una prospettiva non più tecnica ma burocratica. E soprattutto di notevolissimo sprone economico. Sprone che è dubbio in che misura abbia influito su una ricerca scientifica significativa.

E’ significativo che la pubblica amministrazione, affascinata dall’informatica, abbia imposto il deposito delle pratiche per il Genio Civile in formato digitale. Peccato che si siano semplicemente tradotte pedissequamente le richieste precedenti basate su moduli cartacei. E poiché tali moduli (o modelli) erano regionali, si hanno 20 diversi sistemi informatici (uno per regione) invece di aver fatto uno sforzo unificatore per un sano modello informatico nazionale.

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Questo è un esempio di come una Pubblica Amministrazione, mentalmente ferma al Regno Sabaudo, possa devastare lo spirito innovatore che l’informatica ha portato in tanti settori. E il costo? Non trascuriamo il costo di 20 diversi inefficienti modelli invece di investire tante risorse su un modello unico, efficiente, basato su criteri realmente informatici.

Poi si pone un’altra domanda che non è gentile porsi. Chi paga? I modelli informatici devono essere gestiti da sistemi informatici, cioè dal software. Un modello così complesso, anzi diremmo complicato, come quello che pretende di gestire tutto il vasto e variegato mondo delle costruzioni, richiede investimenti notevolissimi e quindi non è chiaro l’aspetto economico dell’iniziativa. Chi paga?

E non è tutto, l’imposizione dell’Amministrazione Pubblica ha suscitato grandi appetiti economici e una gran fretta per cui la offerta si è concentrata tagliando fuori le opportunità meno economicamente aggressive ma spesso qualitativamente migliori. E c’è di peggio ancora. I modelli matematici della fisica di certi problemi (trasmittanza, dispersione, resistenza, stabilità) non sono del tutto informaticamente stabilizzati per cui si teme che vi siano dei vistosi “glissando”.

Non a caso nel formato IFC (Industry Foundation Classes) l’aspetto strutturale è solo sfiorato. Come può la Pubblica Amministrazione usare un modello informativo per verificare la stabilità di una struttura è un mistero. Ma forse, temiamo, il modello informativo per le costruzioni (il BIM) è solo parziale. Ma questo, nell’euforia generale, si tace. Del resto siamo il paese maestro nell’arrangiarsi.

Non è chiaro quali strumenti software saranno necessari per costruire un modello BIM e quali saranno necessari per la valutazione, come verranno scelti, e con quali criteri essa verrà effettuata. Il timore, per altro di italica abitudine, è che si giunga a taciti compromessi così avulsi dalla “purezza” del concetto di informatizzazione.

Purtroppo siamo in un’epoca in cui la parola ha surclassato il contenuto e se chiedete informazioni avrete solo parole. Un sano esempio di applicazione del BIM  all’estero, conciso e tecnico, sarebbe tanto utile quanto introvabile.

Cioè, concludendo, il BIM, o meglio il MIC (scherziamo), è un’ottima cosa, presa al volo però con troppa sospetta fretta.

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