4 gennaio 2024; a cura di Ciro Maddaloni, esperto di e-government internazionale e corrispondente di insidertrend.it dagli Emirati Arabi Uniti – Le vicende siriane e gli sviluppi seguiti alla caduta del regime di Bashar al-Assad hanno fatto nascere molte paure sul «dopo», viste le esperienze negative maturate in Afghanistan con la presa del potere dei Talebani, ma anche in Libia dopo la caduta del regime di Muhammar el-Gheddafi.
PRECEDENTI NON CERTO CONFORTANTI
I timori non sono infondati perché, com’è sempre stato nella storia dell’umanità, a distruggere tutto si fa presto e lo può fare chiunque, anche i delinquenti comuni. Edificare uno stato partendo dalle macerie e da decenni di odio e crudeltà tra fazioni diverse, è opera ben più complessa che richiede molto tempo e soprattutto grande abilità, buona volontà e saggezza da parte di tutti coloro che saranno coinvolti in questo delicatissimo processo di rinascita del Paese. I nuovi leader siriani hanno pochi modelli ai quali fare riferimento nel loro tentativo di ottenere un riconoscimento internazionale. Infatti, non esistono guide su come gestire un governo per gruppi che hanno operato, fino a poche settimane fa, sotto simboli e organizzazioni classificate a livello mondiale come «terroristiche».
NUOVI LEADER A DAMASCO
Anche per i governi occidentali non esiste alcun vademecum, alcun insieme chiaro di regole in grado di fare “rientrare” un’organizzazione classificata come terroristica perché affiliata ad al-Qaeda in una controparte istituzionale con la quale dialogare al fine di gestire il caos seguito a una rivoluzione sociale. Al HayatTahrir al-Sham (HTS), gruppo che ha deposto il dittatore Bashar al-Assad all’inizio di dicembre, e i governi occidentali che hanno a cuore la stabilizzazione della Siria, possono trarre esperienze ed esempi da un precedente: quello del ritorno al potere dei Talebani in Afghanistan nel 2021. Dopo che questi si sono impadroniti di Kabul, il Paese centrasiatico ha vacillato sotto il peso delle difficoltà economiche e sociali, emerse entrambe immediatamente anche a causa dell’impreparazione dei nuovi leader e dell’approccio improvvisato nella gestione dello Stato.
IL FALLIMENTARE MODELLO KABUL
Gestire uno Stato non è qualcosa che può fare chiunque, seppure sia animato da buone intenzioni. Per farlo è necessaria una competenza in campo amministrativo, oltreché capacità di instaurare un dialogo con i paesi limitrofi e con i partner internazionali. Per calmare le tensioni interne ci vuole il rispetto, anche minimo, delle più basilari forme di democrazia e convivenza tra persone e famiglie che si erano combattute fino al giorno prima. Tutti aspetti mancati in Afghanistan. Non potendo risolvere da soli i problemi della fame e della povertà, i talebani hanno puntato su l’unica cosa che hanno sempre saputo fare: reprimere la gente, con una particolare crudeltà rivolta alle donne. Però, queste esperienze negative possono indurre a una prevenzione di una loro replica in Siria. Bisogna aprire al nuovo regime e, soprattutto, evitare che a vincere sia la fame e la disperazione della popolazione, che per troppi anni è stata costretta a vivere in condizioni inumane, sia in patria che i profughi che hanno cercato rifugio in Turchia.
INSTABILITÀ IN LIBIA
Va infatti sempre ricordato che la rivoluzione sociale ha coinvolto tutti i siriani che hanno lottato insieme, musulmani, cristiani e curdi, che hanno abbattuto il dittatore sanguinario che li aveva tenuti sotto il suo tallone per decenni. L’esperienza negativa libica seguita alla caduta di Gheddafi può essere evitata in Siria. La Libia non aveva una vera classe media in grado di colmare il vuoto apertosi con la traumatica fine del regime della Jamairiyyah. Gli Stati confinanti con la Libia non esercitavano su di essa alcuna influenza, né nutrivano timori riguardo all’instabilità del loro vicino. Quelli occidentali hanno provato (ricorrendo all’azione di personaggi più o meno discutibili) di incrementare la loro influenza nel Paese nordafricano senza per altro approdare, a distanza di dieci anni dagli stravolgimenti, ad alcuna soluzione concreta.
LA CLASSE MEDIA SIRIANA
In Siria vive una classe media di persone in possesso di una relativa preparazione, una classe media che si dovrebbe porre al servizio del paese allo scopo di ricostruire l’amministrazione pubblica e fare ripartire la vita e l’economia. Si tratta di una processo di importanza fondamentale sia per i siriani che per i paesi limitrofi, soprattutto per Libano e Israele, oltreché per l’Occidente. Quest’ultimo non può permettersi una nuova area di tensione e crisi in Medio Oriente. Quello per cui bisogna lavorare tutti assieme è la rinascita di questi popoli millenari, per troppo tempo oscurati dalla barbarie di una dittatura ottusa e sanguinaria. La stabilizzazione e rinascita della Siria, indipendentemente dagli orientamenti religiosi di chi la governerà, contribuirà anche al tramonto di quei regimi sanguinari e opprimenti.
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