In Basilicata “qualcosa è andato storto”

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La cultura di sinistra un tempo era distinguibile, praticabile, visibile. I suoi riferimenti erano chiari seppure contornati da tante sfumature. Decine di intellettuali ascoltati e inascoltati, organici e periferici arricchivano quotidianamente un dibattito di prospettiva. Provavano a disegnare orizzonti degni di un campo politico che aveva fatto dell’utopia e del realismo umanitarista la sua cifra identitaria. Penso alla vecchia classe dirigente del Pci e delle formazioni minoritarie e democratiche che agivano alla sua sinistra. Penso al sindacalismo degli anni 60 sconfitto da se stesso sul finire degli anni 70. Penso a Berlinguer, a Ingrao e a chi come loro aveva una visione utopica e insieme realistica del futuro del Paese, dell’Europa e del Mondo. Penso agli intellettuali delusi e inascoltati come Marco Revelli, Edgar Morin e tanti altri. Certo, non serve avere nostalgia di quella stagione, serve però ricordarne lo spessore storico fatto di vittorie e di amare sconfitte.

A destra c’era un campo politico che, nelle sue insanabili contraddizioni, provava ad affermare una visione del Paese non condivisa dalla maggioranza degli italiani, ma che guardava con sospetto al capitalismo e aspirava alla socializzazione dell’economia. Provava ad affermare valori che in qualche modo potessero appartenere a un pezzo della società italiana: la giustizia sociale in primo luogo, anche se affiancata alla conservazione della tradizione, all’elogio della gerarchia, al comunitarismo, al nazionalismo, al corporativismo. Era anche questo un campo dignitoso nel panorama della lotta politica. Al centro il partito-stato, la DC che, tra errori, scandali, lotte interne e conflitti culturali ha comunque contribuito in modo determinante alla traiettoria occidentale del Paese, alla sua rinascita post-bellica e alla tenuta democratica della società italiana. E non possiamo dimenticare il ruolo determinante del vecchio Psi di Pertini, di Nenni e, nonostante tutto, di Bettino Craxi, nella storia d’Italia, nel bene e nel male.

Questa memoria storica, brevemente accennata e non necessariamente condivisibile, serve a fare luce sull’oscurità che caratterizza l’attuale panorama politico in Italia e, soprattutto in Basilicata. Ed è qui che voglio arrivare, in Basilicata. Immaginiamo quella fase storica a cui ho appena accennato e confrontiamola con la classe politica e dirigente della Basilicata di oggi. Non prima di aver ricordato i politici e gli intellettuali lucani degli anni post-unitari, del dopo guerra e fino alle soglie degli anni 70. Faccio un elenco casuale tra i lucani e coloro che con la Basilicata hanno avuto un legame importante: Ciccotti, Pedio, Levi, Scotellaro, Pasolini, Valente, Nitti, Fortunato. E poi De Martino, Cartier Bresson, Sinisgalli, Pierro, Albini, Pesacane, Antolini, Racioppi. E poi Maria Padula, Pietro Valenza, Maria Luisa Ricciuti. Sono nomi esemplari, l’elenco è evidentemente parziale. Tanti altri e tante altre hanno interpretato l’arte, la politica e la cultura nella massima libertà di pensiero e con uno spessore umano e professionale di alto profilo.

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Ed eccoci oggi. Fatte le dovute rare eccezioni la maggior parte di coloro che si definiscono classe politica e dirigente, non sa parlare in italiano, non sa scrivere correttamente e non sa fare la “O” col bicchiere. Non sa dove risiedano l’etica pubblica e la lealtà verso i cittadini. Non sa cosa siano gli ideali, la politica, il sacrificio per tutelare il bene comune. Gente sfornata dalla scuola della mediocrità e della furbizia. Gente che si nutre alla cultura dei cassonetti e dell’opportunismo. Gente di “destra” e di “sinistra” che si mette lo smoking e la pelliccia per esibirsi nella vetrina di uno show improbabile organizzato da un alto esemplare di incultura che è convinto addirittura di essere editore di alcune cosiddette testate giornalistiche. Ecco dove siamo finiti. Tra politicanti senza politica, tra intellettuali senza intelletto e tra editori e giornalisti senza pudore. Pupazzi di se stessi offerti alla manipolazione di chiunque: per soldi e per un banale e inutile gallone di potere. Al momento, per quanto ci risulta, questa gente non aggiunge valore. Spolpa le ossa della Basilicata, dalla mattina alla sera.

I lucani dovrebbero vergognarsi per loro, anziché aspirare a diventare come loro. Dovrebbero usare il linguaggio dell’indignazione e della ribellione, anziché parlare e pensare come loro. Insomma, dai tempi di Berlinguer e Ingrao ad oggi, qualcosa è andato storto, anzi è andato tutto storto. Ve li immaginate i due compianti leader dinanzi ai pasticci del cosiddetto sindaco di sinistra Vincenzo Telesca? Ve li immaginate mentre scoprono che un parlamentare del partito si siede al tavolo della festa che sponsorizza un premio intitolato a un ex neofascista? Chiunque è libero di partecipare alle feste che ritiene, ma se partecipa a una festa che prende per i fondelli i cittadini, la stampa libera, quella libera veramente, ha il dovere di denunciare.



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