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IL CASO
Gli investigatori hanno scoperto che alcune nuove leve avevano creato una comunity social riservata dal nome inconfondibile
«Lo zio Alfio ex galeotto»
«Lo zio Alfio ex galeotto». L’hanno chiamata così la chat WhatsApp riservata i nuovi boss del clan Scalisi di Adrano. Una dedica, molto eloquente al capo Alfio Di Primo, che appena scarcerato ha preso le redini del gruppo criminale che è stato più volte ferito da blitz e anche dalle dichiarazioni dei pentiti.Il clan è stato “riformato” con i “millennians”, come li ha definiti il procuratore aggiunto Ignazio Fonzo durante la conferenza stampa dell’operazione Primus scattata lo scorso 20 dicembre.
Il gruppo social è per gli investigatori l’ennesima prova del ruolo di “capo” ricoperto da Di Primo, conosciuto nella malavita come “Alfredo pisciavino”. Nelle varie intercettazioni il boss è «chiamato principale» per distinguerlo dal «principale principale» che è il cognato Giuseppe Scarvaglieri, detenuto da tempo al 41bis e reggente indiscusso della cosca adranita. Non sono stati sempre idilliaci i rapporti tra Scarvaglieri e Di Primo. La parentela però ha avuto un peso nella scelta del reggente operativo. E anche il curriculum criminale. Di Primo ha condanne per omicidio. Ma grazie a sconti di pena e liberazioni anticipate è riuscito a tornare in libertà trascorrendo meno di 30 anni in gattabuia.
La scoperta della chat i poliziotti l’hanno fatta tramite sempre un’intercettazione. Cuffie nelle orecchie, gli investigatori hanno sentito delle conversazioni sospette. E sono arrivati a rintracciare i cybermafiosi. Dario Sangrigoli sarebbe stato il creatore della comunity social assieme a Emanuele Centamore, Giuseppe Santangelo, Alfio Scalisi, Claudio Maccarrone, Pietro Maccarrone e Cristian Concetto Nicolosi. Non è dato sapere invece di chi sia stata l’idea del nome: “lo zio Alfio ex galeotto”. Ma per gli investigatori non c’è alcun dubbio. “Zio” nel linguaggio tipicamente mafioso è riservato a chi ha un posto di vertice nell’organigramma della cosca.
I poliziotti sono riusciti anche a identificare i partecipanti del gruppo WhatsApp. E c’erano molti personaggi di fiducia di “Primus”. E guardando le date di nascita, molti di questi sono della generazione Millennians più abituata a messaggiare con i telefonini che a scrivere una lettera con carta e penna. Ma nonostante internet e la tecnologia sono ancora attirati dagli affaracci della mafia. E per confrontarsi su come gestire il gruppo mafioso hanno voluto istituire un canale social ristretto.
Ma WhatsApp è anche la prima strada comunicativa per l’approvvigionamento di droga. Salvatore Palermo ha cominciato a chattare con Sangrigoli su un nuovo canale per l’acquisto di stupefacenti che gli avrebbe garantito qualche sconticino. Precisamente avrebbe pagato la droga «a 4,50 euro al grammo». E lo scambio di messaggi continuava sui possibili metodi di pagamento. E, per precauzione, lo spacciatore chiedeva all’intermediario di procurarsi un provino prima di fare qualsiasi compravendita.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA
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