La condizione di povertà sanitaria in Italia

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Francesco Provinciali * – 04.01.2025

In una recente pubblicazione intitolata “Tra le crepe dell’universalismo – Disuguaglianze di salute, povertà sanitaria e Terzo settore in Italia”, edita da Il Mulino e presentata alla Camera dei Deputati, l’Osservatorio povertà della Fondazione Banco Farmaceutico, ribalta lo stereotipo del malato immaginario di Moliere, schizofrenico e diffidente di natura, sulla base dei dati raccolti in una indagine che riguarda le cure mediche, quelle differite o a cui si rinuncia e l’acquisto e il consumo dei farmaci. Le persone malate e bisognose di cure per davvero, in condizione di border line economico o di vera e propria povertà, sono in difficoltà e alcune, per essere aiutate, si rivolgono ai 2011 enti e associazioni del terzo settore convenzionati con Federfarma oppure gettano la spugna e rinunciano a curarsi senza per questo essere negazioniste. L’evidenza dei dati- come ho imparato dal Prof. Giancarlo Blangiardo, già Presidente Istat e illustre demografo, nonché componente dell’Osservatorio insieme ad altri autorevoli esperti come il Prof. Silvio Garattini– è incontrovertibile e apre un versante di considerazione del fenomeno della povertà in Italia, recentemente evidenziato dalle Ricerche Istat e Caritas ma anche dal 58° Rapporto del CENSIS: quello della povertà sanitaria. Anche il cotè sanitario-medicale concorre a rimarcare fratture e gap tra benestanti e indigenti, anche qui l’ascensore della crescita è frenato dal disagio sociale ed è fermo al piano terra, ponendo il problema di carenze di sistema che sono in parte sopperite da una diffusa solidarietà, un fattore compensativo che va rimarcato.

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Sono 463.176 (pari a 7 su 1.000) le persone si trovano in condizioni di povertà sanitaria, con un incremento dell’8,43% rispetto all’anno precedente. Questo fenomeno non solo segna una crescita considerevole, ma evidenzia una serie di questioni che riguardano l’accesso alle cure, oltre alla tenuta e all’efficienza del sistema sanitario nazionale. Se la spesa complessiva delle famiglie ha raggiunto 23,64 miliardi di euro nel 2023, con un incremento del 3% rispetto all’anno precedente, la quota a carico del Servizio Sanitario Nazionale si è ridotta, incrementando il peso finanziario supportato dalle famiglie al 45%. Questo aumento si traduce in un esborso di 731 milioni di euro in più rispetto all’anno scorso, che è pari ad un incremento del 7,4% a carico dei cittadini.  A conti fatti negli ultimi 7 anni la spesa degli italiani per i medicinali è incrementata di 2,576 miliardi, pari ad un aumento del 31,9%.  Tuttavia le difficoltà inglobano anche le famiglie non povere. Proprio i dati della Ricerca Istat evidenziano che 4 milioni 422mila famiglie (16,8% del totale, pari a circa 9 milioni 835 mila persone) hanno ultimamente cercato di contenere la spesa per visite mediche e accertamenti sanitari di carattere preventivo. Tra queste, 678 mila famiglie sono in condizioni di povertà assoluta (31% del totale, composte da circa 1 milione 765 mila persone), mentre 3 milioni 744 mila sono famiglie considerate ‘non povere’. Il contenimento della spesa sanitaria si persegue limitando il numero di visite e accertamenti, oppure rinviando e rinunciando a una parte delle cure necessarie. La scelta – obtorto collo – della rinuncia è intrapresa, complessivamente, da 3 milioni 369 mila famiglie, secondo i dati dell’Osservatorio di Federfarma. Ha rinunciato almeno una volta il 24,5% delle famiglie povere, contro il 12,8% di quelle non povere: ciò significa che 536 mila famiglie economicamente incapienti sono particolarmente esposte al rischio di compromettere o peggiorare la propria salute. Ci sono vie da percorrere per invertire questo trend o compensare i macro dati negativi? Secondo Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico “Contrastare la povertà sanitaria significa praticare gesti di gratuità in grado di aiutare, concretamente, le persone che hanno bisogno; ma anche approfondire il fenomeno attraverso un lavoro culturale che contribuisca a far prendere sempre più coscienza dell’entità del fenomeno, e dell’importanza di quel sistema di realtà del Terzo settore che, insieme alla sanità pubblica e privata, sta garantendo la sostenibilità di un Servizio Sanitario Nazionale il cui universalismo è sempre più a rischio. I dati e le analisi del nostro Osservatorio sulla Povertà Sanitaria raccontano di un Paese in cui le persone fragili faticano a prendersi cura della propria salute, ma indicano anche nella collaborazione ampia e consapevole tra tanti soggetti (realtà nonprofit, farmacisti, medici, aziende, cittadini e istituzioni) il metodo per rispondere alla loro esigenza di benessere integrale, fatto di esigenze fisiche, ma anche spirituali, di cure mediche e farmacologiche, ma anche di accoglienza e comprensione”. Il SSN e il tema della Salute in generale sono considerati prioritari in questo momento storico da tutta la politica ma va sottolineato come le carenze che generano discrepanze, ritardi, rinvii o rinunce alle cure non sono assolutamente addebitabili al personale sanitario: peraltro purtroppo medici e infermieri sono fatti segno in modo incrementale di vere e proprie azioni di violenza da parte di un’utenza sempre più intollerante e intrusiva, anche nel merito delle cure e delle terapie, delle diagnosi e delle prognosi, delle degenze e dei ricoveri. Ci sono all’estero realtà migliori sotto il profilo dell’efficienza-efficacia ma anche di gran lunga peggiori sotto quello degli oneri a carico dei cittadini. Negli USA chi non ha un’assicurazione che copra le spese non si cura. I nostri ospedali dispensano cure molto costose a favore dei malati fragili o chemioterapici: una sola flebo può anche costare al SSN oltre ventimila euro, le terapie domiciliari per gli immunodepressi prevedono che vengano prescritti farmaci molto costosi a carico del SSN. Tuttavia resta in tutta la sua evidenza il macro-dato rilevato dall’Osservatorio circa i costi per le cure mediche e gli accertamenti sanitari: quello già citato del 2023 quando la spesa complessiva delle famiglie è stata di 23,64 miliardi di euro, 1,11 miliardi in più (+3%) rispetto al 2022 (quando la spesa era di 22,535 miliardi). Di questa cifra imponente solo 12,99 miliardi di euro (il 55%) sono a carico del SSN (erano 12,61 nel 2022, pari al 56%). Restano 10,650 miliardi (45%) pagati interamente dalle famiglie (erano 9,91 nel 2022, pari al 44%). Ciò significa che la spesa sanitaria va compensata e ottimizzata: ci sono voraci consumatori di farmaci -non prescritti dai medici – che vanno informati e corretti. Ma ci sono anche cittadini che rinunciano alle cure o all’acquisto di prodotti sanitari per l’incremento dei costi o per le lunghe liste di attesa che tolgono fiducia e speranza. Su questo aspetto occorrerebbe davvero semplificare le procedure burocratiche e accorciare i tempi tra prescrizione e prove strumentali o terapie: purtroppo questa strada appare al momento in salita.





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