IRES premiale al 20%: condizioni di accesso e casi di decadenza

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La Legge di Bilancio 2025 (art. 1 c. 436-444 L. 207/2024) conferma l’intenzione di proseguire in quel percorso di riduzione dell’aliquota di tassazione dei redditi d’impresa, che aveva raggiunto all’epoca dell’IRPEG la soglia del 37%, motivato non tanto da esigenze di equità e coerenza interna del sistema fiscale, quanto da finalità di attrarre investimenti da parte di soggetti esteri. La concorrenza fiscale tra Stati viene, infatti, principalmente attuata con politiche di riduzione dell’aliquota dell’imposta sui redditi realizzati tramite strutture societarie.

Senza indugiare sulle varie riduzioni operate nel tempo, ci limitiamo a rammentare che l’aliquota ordinaria IRES del 24% fu introdotta nel 2008, ma già negli anni a seguire si sono sviluppate correnti di pensiero tese a rimarcare la necessità di una ulteriore riduzione dell’aliquota sino alla soglia del 20%.

Vi è da dire, però, che le politiche fiscali di sostegno alle attività di impresa non si sono limitate alla riduzione dell’aliquota IRES, ma sono state caratterizzate anche da specifici e puntuali interventi sulla base imponibile, con  maxi-deduzioni di spese, e sulla liquidazione del tributo, con crediti di imposta. Questi ultimi interventi hanno determinato una netta riduzione del carico fiscale IRES, operando però in modo selettivo, cioè soltanto a favore di quelle imprese che, in relazione alla sussistenza delle condizioni previste dalla legge, risultavano meritevoli di beneficiare del trattamento tributario agevolato.

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Il sostegno alla tassazione dei redditi di impresa tra riduzioni dell’aliquota e maxi-deduzioni o crediti d’imposta

Le due modalità di intervento per la riduzione dell’incidenza delle imposte che gravano sui redditi societari, pur potendo sembrare equivalenti, a prescindere dalla platea soggettiva dei beneficiari (ristretta nel caso degli interventi da ultimo citati), presentano una profonda differenza. Quando si è agito con la riduzione dell’aliquota IRES, è stato di norma contestualmente incrementato il livello di imposizione in capo ai soci persone fisiche sulla distribuzione degli utili , recuperando almeno in parte il calo di gettito sul piano societario.  Quando, invece, si sono utilizzati strumenti agevolativi che non toccano l’aliquota d’imposta, il livello di imposizione sulle distribuzioni dei maggiori utili conseguenti alla minore tassazione IRES non è stato intaccato. Evidentemente sotto il profilo dei conti pubblici, i minori versamenti IRES da parte dei soggetti che beneficiano di maxi-deduzioni e crediti di imposta sono, in buona parte, compensati “automaticamente” dall’aumento di tassazione in capo a chi pone in essere quelle operazioni economiche che danno diritto all’agevolazione.

In questa cornice va letta la misura della Legge di Bilancio 2025 di cui ci occupiamo. Si tratta, però, di un intervento “ibrido”, che:

  • da un lato riduce l’aliquota di imposta dal 24% al 20%;
  • dall’altro lato condiziona la riduzione al verificarsi di eventi ben specifici dai quali emerge un significativo reimpiego per finalità aziendali degli utili prodotti.

Non è, quindi, una riduzione dell’aliquota da concedere a tutti i soggetti IRES anche nella prospettiva di rafforzare l’attrattività del Paese per investitori esteri, che sarebbe stata accompagnato da un ritocco sulla tassazione degli utili distribuiti, bensì è una agevolazione “mirata” rivolta ai soggetti che sono disposti a rafforzare l’attività di impresa con il reinvestimento degli utili per incrementare l’efficienza tecnologica degli impianti, che si presenta neutro sotto il profilo delle ricadute sulla tassazione in sede di distribuzione dei dividendi.

Le condizioni previste dalla legge per beneficiare della riduzione dell’aliquota al 20%

In particolare, la riduzione dell’aliquota – che è limitata al solo periodo di imposta 2025 – spetta a condizione che:

  • si accantoni ad apposita riserva una quota non inferiore all’80% degli utili dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024;
  • venga destinata una quota non inferiore al 30% di tali utili accantonati e, comunque, almeno del 24% degli utili dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, all’acquisto, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, indicati negli allegati A e B alla L. 232/2016 e nell’art. 38 DL 19/2024, da effettuare tra la data di entrata in vigore della legge e la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024.

È, altresì, necessario che:

  • nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024: il numero di unità lavorative per anno non sia diminuito rispetto alla media del triennio precedente; siano effettuate nuove assunzioni di lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato in misura tale da garantire un incremento occupazionale di almeno l’1% del numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato nel periodo d’imposta precedente (ovvero quello in corso al 31 dicembre 2024) e, comunque, in misura non inferiore a una nuova assunzione;
  • l’impresa non abbia fatto ricorso all’istituto della cassa integrazione nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 o in quello successivo. 

I casi di decadenza dall’agevolazione

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La normativa prevede che Il Fisco, notificando un avviso di accertamento, possa disconoscere la spettanza dell’aliquota ridotta, richiedendo la maggiore imposta e la sanzione per infedele dichiarazione, qualora l’impresa provveda:

  • alla distribuzione della quota di utile accantonata entro il secondo esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024;
  • alla dismissione, cessione a terzi, destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero alla destinazione a strutture produttive localizzate all’estero, anche se appartenenti allo stesso soggetto, dei beni oggetto di investimento sopra menzionati entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale è stato realizzato l’investimento.

Osservazioni

La Legge di Bilancio anticipa – esclusivamente per il 2025 – l’attuazione di uno dei principi contenuti nella L. 111/2023. E infatti, l’art. 6, comma 1, lettera a) prevede “la riduzione dell’aliquota dell’IRES nel caso in cui sia impiegata in investimenti, con particolare riferimento a quelli qualificati, o anche in nuove assunzioni ovvero in schemi stabili di partecipazione dei dipendenti agli utili una somma corrispondente, in tutto o in parte, al reddito entro i due periodi d’imposta successivi alla sua produzione. La riduzione non si applica al reddito corrispondente agli utili che, nel predetto biennio, sono distribuiti o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’attività d’impresa”.

Il decreto attuativo della riforma tributaria sulla revisione dell’imposizione sui redditi societari dovrà, quindi, intervenire, con effetti dal 2026 in avanti, sul tema in questione per fissare una disciplina strutturale grazie alla quale “premiare” con una riduzione dell’aliquota ordinaria le imprese che reinvestono gli utili in azienda. È altamente probabile che verranno ribadite le condizioni fissate per il regime relativo al 2025 previsto dalla L. 207/2024.

In definitiva, prescindendo dal “dividendo politico” della misura introdotta dalla legge bilancio 2025 (che sul piano della comunicazione mediatica fa orami più notizia della “vecchia” riforma fiscale 2023), le conclusioni che, al momento, si possono trarre sono due:

  • le imprese che beneficeranno del risparmio di imposta del 4% saranno poche, viste la complessità delle condizioni necessarie per accedere al regime di favore;
  • la riduzione in via ordinaria dell’aliquota al 20% non è sostenibile per il bilancio pubblico, nemmeno ipotizzando un incremento dell’imposta sostitutiva del 26% sui dividendi percepiti dai soci persone fisiche.



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