Lio (Accenture Italia): «Intelligenza artificiale, la sfida è cambiare le piccole e medie imprese»

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di
Nicola Saldutti

L’amministratore delegato di Accenture Italia, Lio: «Mille progetti sull’AI in Italia, la spinta sulle competenze. L’AI non riguarda solo le grandi imprese, ma anche le Pmi. L’accessibilità è diventata più facile e meno costosa»

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«L’intelligenza artificiale? Possiamo paragonarla all’industria dell’energia, ci
sono i punti di estrazione che non possono che stare dove c’è la fonte e le
raffinerie che sono ovunque». In una delle partite più rilevanti dei nostri
giorni, Accenture, con oltre 24.000 persone in Italia, vuole essere la
“raffineria” dell’innovazione, guidando il trasferimento tecnologico nelle
aziende, integrando i nuovi paradigmi con i processi aziendali e la base di
conoscenze che sono il patrimonio delle imprese e delle persone. 

La raffineria

Teodoro Lio, amministratore delegato di Accenture Italia spiega: «Nella filiera dell’innovazione la vera partita si gioca su come scaricarla a terra. E su
questo agire come una raffineria è decisivo, per far succedere le cose e farle
funzionare, per le imprese, la pubblica amministrazione e per il capitale umano. E questa rivoluzione non riguarda solo le grandi imprese, ma anche quelle medie e quelle piccole, perché l’accessibilità è diventata più facile e meno costosa. Un’occasione per superare il debito tecnologico di cui l’Italia soffre». A chi è preoccupato per le regole. «I binari naturalmente li mette il regolatore, per non deragliare e confinare gli usi malevoli; quello che è certo è che non si può usare il codice della strada per governare i droni». Finora sono già mille i casi in AI generativa implementata da Accenture in Italia: «Dalla pubblica amministrazione ai servizi finanziari. C’è un’adozione vertiginosa a ogni livello. Tutti stanno imparando, adesso ci sarà il salto, per far scalare l’AI e migliorare la produttività». 




















































Le esportazioni 

Ma qual è l’obiettivo? «Tale miglioramento consentirà di raggiungere un triplice obiettivo: gestire il calo demografico, contenere i costi e permettere alle persone di fare più cose. Pensi a un’impresa piccola che esporta, con l’intelligenza artificiale potrebbe esplorare nuovi mercati con costi infinitamente più bassi in un contesto dove è sempre più difficile trovare talenti. Certo, serviranno competenze nuove. Non solo verticali, la capacità di scrivere algoritmi e software, ma soprattutto le “fusion skill”, cioè quelle che consentono di interagire meglio con l’AI. Dobbiamo immaginare delle reti di agenti di AI automatizzati, parte di un sistema interconnesso, con le quali dialogare, che potranno fare molte cose per noi, liberando tempo per attività di maggior valore. Stimiamo che in Italia siano almeno 9 milioni i lavoratori coinvolti in questo cambiamento». 

4 mila assunzioni

C’è molta preoccupazione per il rischio sul lavoro: «Esiste, ma bisogna affrontarlo con le competenze. Ora ci sono use case, ma presto le imprese
cambieranno le loro architetture, la loro struttura sarà disegnata con l’AI.
Vediamo una grande vivacità e l’Italia può essere un Paese leader nello sviluppo della Gen AI. Abbiamo tre nuovi centri dedicati a Roma, Milano e Modena e contiamo di assumere 4 mila persone che si affiancano ai talenti che Accenture ha accolto in organico anche attraverso le acquisizioni di eccellenze italiane in campo tecnologico come Ammagamma e Intellera». Una strategia che continuerà nell’anno fiscale in corso, come dimostra il recente annuncio della volontà di acquisire il Gruppo IQT, leader nel campo dei servizi ingegneristici e di gestione per grandi progetti infrastrutturali, la sesta acquisizione dal 2023. Anche se non siamo a Mountain View? «L’applicazione della Gen AI pone tutti sullo stesso piano, con le stesse opportunità, da Milano a Cagliari, passando per Roma, Napoli e Cosenza». La formazione è la sfida. «Abbiamo realizzato la piattaforma LearnVantage, che individua il gap di competenze di ogni professionista e definisce i programmi per colmarlo, in maniera personalizzata.

Italia Paese pilota

L’Italia è il paese pilota di questo progetto a livello europeo. Un’azienda su due ci dice che ha bisogno di formare le competenze, questo vuole essere il
nostro contributo. La rivoluzione è partita. Si tratta di renderla davvero
inclusiva e l’unico modo è elevare il quoziente tecnologico del Paese». 

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