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A Kunkujang Keitaya, in Gambia, c’è un panificio. In un piccolo locale riportato a nuovo, bianco e luminoso, è stato creato un laboratorio di panificazione professionale dove ogni giorno tre giovani gambiani avviano la produzione di pane. Le attrezzature sono professionali e gli standard qualitativi molto alti. Una novità per questa zona, con una fortissima vocazione rurale, una grande ricchezza di materie prime, ma estremamente povera. I macchinari e gli strumenti sono arrivati da lontano, in particolare dalla cucina del ristorante L’Accademia Gourmet, nel centro storico di Reggio Calabria, di cui Filippo Cogliandro è lo chef patron.
Da seminarista a cuoco di alta cucina: la vita di Filippo Cogliandro, fino ad oggi, è stata tutt’altro che lineare. Come un elettrocardiogramma quando segna le attività di un sano: in quella linea puntellata e irregolare, c’è la vita che pulsa. Cogliandro si è accostato ai fornelli da autodidatta, interessandosi anzitutto delle materie prime locali. Ha così scoperto la sua vera, inaspettata vocazione. La cucina lo ha reso un vero e proprio ambasciatore in Italia e nel mondo dei sapori calabresi e di alti valori sociali. Cogliandro è noto, infatti, per essere stato il primo imprenditore reggino della ristorazione a denunciare il tentativo di estorsione ai suoi danni, diventando uno dei volti simbolo della resistenza alla ‘ndrangheta, riuscendo in circa vent’anni a cambiare in parte i connotati del territorio. Il suo impegno in Africa nasce da lontano e affonda le radici nella sua storia personale e professionale.
«Nel 2013 – racconta Cogliandro – sono stato contattato da un centro di accoglienza per minori migranti non accompagnati. Mi è stato chiesto di organizzare un progetto di formazione dedicato ai ragazzi che da lì a breve sarebbero diventati maggiorenni e avrebbero dovuto lasciare il centro. Era la prima volta che entravo in una comunità e sono rimasto colpito dai volti dei ragazzi, così vissuti a un’età così giovane». In quegli anni L’Accademia era un ristorante di proporzioni più piccole, situato a Lazzaro, frazione del comune di Motta San Giovanni sulla Costa Jonica reggina. Tutti i giorni il cuoco passava a prendere i ragazzi – Abdou Dibbasey e Salihu Barrow, originari del Gambia – per portarli nella sua cucina e insegnare loro il mestiere. E così prosegue, fino a quando il centro non è stato chiuso e i ragazzi smistati in altre comunità in Calabria. «Attraverso i social – prosegue – Abdou e Salihu mi hanno contattato per chiedermi aiuto per tornare a Reggio Calabria. Ho preso così contatto con i servizi sociali locali per chiedere informazioni e individuare una soluzione possibile. Fino a quando mi è stato proposto di prenderli in affidamento». Cogliandro ha avviato le pratiche presso il Tribunale dei Minori che gli ha affidato Salihu. Abdou, da lì a pochi mesi, sarebbe invece diventato maggiorenne. «Per lui avevo una sola possibilità: offrirgli da subito un contratto di lavoro».
Sono passati circa 12 anni nel corso dei quali l’attività e il nome di Filippo Cogliandro sono cresciuti nel mondo della ristorazione italiana. Dal ristorante di Lazzaro, lo chef si è trasferito nel cuore del centro storico reggino, all’interno di un antico palazzo nobiliare del Novecento, dove è allocato attualmente il suo ristorante. Abdou Dibbasey e Salihu Barrow oggi sono gli chef de L’Accademia Gormet, preparano i piatti di Cogliandro, coordinano e gestiscono la cucina insieme ad altri giovani africani: Aikou Cham, Ousman Barrow, Kaoussou Sao, Elhadji Diop.
Nel 2016 il Gambia va ad elezioni: Adama Barrow sfida il regime autoritario di Yahya Jammeh e vince. Il Paese inizia a cambiare e i giovani chef riescono a tornare a casa per riabbracciare i loro cari. Filippo Cogliandro va con loro, inizia a conoscere il territorio, ad entrare in contatto con le istituzioni locali. E il Gambia inizia a conoscere la storia di due dei suoi figli, Abdou e Salihu, e dello chef che ha fatto scoprire loro il mondo della cucina. E che vuole lasciare un po’ della sua competenza anche lì.
L’occasione si presenta nel 2023, grazie al bando “Reggio Turistica” per la concessione di aiuti agli investimenti per la transizione verso l’economia circolare delle pmi. Cogliandro rinnova la cucina de L’Accademia Gourmet; i vecchi macchinari, invece, vengono caricati su un container con destinazione Kunkujang Keitaya. Arriva anche lo chef Cogliandro che impartisce lezioni di panificazione ai giovani del territorio. Tanti altri giovani contribuiscono all’installazione della cucina e al rifacimento dei locali: tutta la manodopera è locale. «Abbiamo scelto questa zona – spiega lo chef – perché è un grosso villaggio che dista un paio di chilometri da una delle strade principali. Volevamo che il panificio e la scuola di formazione portassero dei risultati tangibili nelle aree più interne e povere del Paese».
Non solo pane. Il progetto prevede anche un secondo step, ovvero l’apertura di un vero e proprio laboratorio di formazione culinaria. «Ho pensato a una produzione di arancini gambiani – racconta Cogliandro – perché il Gambia è un grande produttore di riso. Ho immaginato quindi gli arancini con ripieni che ripropongano i loro sapori tradizionali. È un progetto che da chef mi appassiona e mi affascina moltissimo». L’idea è inoltre quella di costruire dei ponti tra il Gambia, l’Italia e l’Europa per permettere ai giovani di crescere nelle competenze professionali. «Lavorando a stretto contatto con molti di loro per l’apertura del panificio ho scoperto dei veri e propri talenti. Un ragazzo di 33 anni, ad esempio, è riuscito ad installare correttamente il forno che creava alcuni problemi. Sono a stretto contatto con le aziende che producono in Europa gli elettrodomestici professionali e so quante difficoltà abbiano nell’individuare operai specializzati capaci di installare i propri macchinari». Infine, la volontà di aprire un consolato gambiano a Reggio Calabria che sia di supporto ai cittadini che risiedono tra Calabria e Sicilia, circa 5mila.
«In Gambia mi sono sentito a casa – racconta lo chef – sarà perché è uno stato piccolissimo, grande quasi quanto la Calabria. Ho scoperto un mondo fatto di prossimità, di aiuto reciproco, di cura alle fragilità sociali, di profondo rispetto per il cibo e l’acqua che sono doni di Dio. Ho ritrovato in loro tanto della cultura e dell’educazione con cui sono cresciuto. Mi sono sentito da subito un loro fratello».
In un contesto politico e sociale in cui parlare di integrazione è diventato più difficile, lo chef Cogliandro ha abbracciato con semplicità e indipendenza quello che è, a tutti gli effetti, un piccolo progetto filantropico in una delle terre più povere del pianeta. «C’è chi dice “aiutiamoli a casa loro”. È quello che sto cercando di fare, ma non avrei potuto immaginare nulla di tutto questo se 12 anni fa non avessi conosciuto Abdou e Salihu», spiega Cogliandro. Che tra i fuochi della sua cucina immagina accostamenti di sapore innovativi, con coscienza sociale e amore per il territorio, tessendo legami universali e mostrando cosa l’imprenditoria sana può realizzare. Non solo in Italia.
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