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L’Italia sta tornando indietro di 150 anni, con un drammatico aumento delle disuguaglianze sociali e il diffondersi inarrestabile della povertà di massa. Il Governo Meloni – parafrasando un motto del ventennio, che dovrebbe essergli caro, “se ne frega” e, dopo aver eliminato l’unica misura a sostegno dei più deboli, il tanto demonizzato Reddito di cittadinanza, e sostituito col nulla, continua a premiare gli amici di Confindustria e la lobbies delle armi.
L’Italia dei poveri ignorati dal Governo
L’Italia di oggi si ritrova intrappolata in una spirale di disuguaglianze sociali ed economiche sempre più profonde. Mentre la maggioranza della popolazione si impoverisce, una ristretta élite si arricchisce, sostenuta da politiche governative che continuano a privilegiare i ricchi e le lobby militari.
Negli ultimi quattro anni, il nostro Paese ha registrato un’inflazione complessiva del 17%, ma i fondi stanziati dal governo Meloni per il rinnovo dei contratti pubblici coprono incrementi salariali di appena il 6-7%. In altre parole, il potere d’acquisto dei lavoratori è stato volutamente ridotto del 9-10%.
A questa strategia sistematica di compressione salariale si aggiungono le scelte delle grandi associazioni imprenditoriali, come Confindustria, che offrono rinnovi contrattuali ben al di sotto delle necessità dei lavoratori. Il “Patto per la Fabbrica”, sottoscritto nel 2018, rappresenta l’ennesima tappa di un percorso trentennale che ha portato i salari italiani a perdere il 3% del loro valore reale, un unicum tra i Paesi OCSE.
Un sistema economico che favorisce i ricchi
Il governo Meloni si vanta della riduzione del cuneo fiscale come misura a favore dei lavoratori. Tuttavia, questa rappresenta un mero “trucco contabile”. Gli incrementi netti delle buste paga derivano da una redistribuzione interna del salario lordo e non da un reale aumento retributivo. Le imprese non investono un centesimo in più, mentre i lavoratori pagano il costo dell’operazione con la riduzione dei servizi pubblici essenziali, come sanità e istruzione.
Nel frattempo, il rifiuto di introdurre un salario minimo aggrava ulteriormente la situazione di milioni di lavoratori, costretti a vivere con paghe da fame inferiori ai 6 euro l’ora.
Povertà in crescita: il nuovo volto dell’Italia
Le denunce di enti come Caritas e Sant’Egidio dipingono un quadro allarmante: sempre più famiglie italiane, pur avendo un reddito fisso, non riescono a coprire le spese essenziali. I cassintegrati, i disoccupati e i precari rappresentano le fasce più colpite, con retribuzioni o indennità che spesso scendono sotto i 5 euro l’ora.
L’abolizione del reddito di cittadinanza, definita da molti “un atto di criminalità sociale”, ha lasciato senza sostegno milioni di persone, aggravando ulteriormente il quadro della povertà. Secondo il Censis, oltre il 27% degli italiani vive sotto la soglia di povertà, con rinunce forzate alle cure mediche e all’istruzione.
Nonostante i tagli alle spese sociali, il bilancio dello Stato vede crescere due voci: gli stipendi dei ministri e le spese militari. In un contesto di austerità, questa scelta evidenzia una priorità chiara: sostenere gli interessi delle lobby delle armi e dei potenti, sacrificando il benessere della maggioranza.
Il 2025 si prospetta dunque come l’anno della povertà diffusa, a meno che non si verifichino improbabili cambiamenti radicali nelle politiche economiche e sociali del Paese. E già si odono le sirene mediatiche in lontananza pronunciare la fatidica parola: “sacrifici”.
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