In Italia i nonni svolgono un ruolo cruciale nel supporto alle famiglie, specialmente nella cura dei nipoti. Secondo dati dell’Istat, quando i bambini non sono con i genitori o a scuola, il 66,4% di quelli fino a 13 anni sono con i nonni. Un’indagine di Coldiretti evidenzia che in quasi quattro famiglie italiane su dieci (37%), i nonni rappresentano un pilastro del welfare familiare, non solo prendendosi cura dei nipoti, ma fornendo anche un importante sostegno economico. Questi dati sottolineano l’importanza dei nonni nel “sistema italia”, sia come caregiver che come supporto economico. La domanda allora è: andrebbero retribuiti?
La questione della retribuzione dei nonni e delle nonne per il loro ruolo di caregiver merita una riflessione. Ma prima una precisazione: nonni e casalinghe non sono la stessa cosa. Le prime, che secondo noi andrebbero senza dubbio retribuite, svolgono mansioni domestiche e di cura come attività principale, spesso a tempo pieno, che incide sull’economia del Paese. I nonni svolgono un ruolo di supporto, intervenendo principalmente nella cura dei nipoti, quando sono comunque fuori dal mercato del lavoro. Il che lo rende davvero un atto d’amore gratuito, quello delle casalinghe è sicuramente, invece, un lavoro.
pagare i nonni perché si prendano cura dei nipoti: motivi per farlo
Quando si parla di riconoscimento del lavoro di cura non si dovrebbe fare distinzione. I nonni, spesso, dedicano tempo ed energie alla cura dei nipoti, attività che potrebbe essere svolta da professionisti a pagamento mentre loro godono del tempo con i nipoti senza le implicazioni del lavoro di cura. Molti nonni vivono con pensioni modeste, un compenso per il loro ruolo di caregiver potrebbe alleggerire la pressione finanziaria, migliorando la loro qualità di vita e poi, se lo Stato incentiva economicamente l’assunzione di babysitter o l’accesso agli asili nido, perché non riconoscere un supporto economico ai nonni che forniscono lo stesso servizio? Retribuire i nonni potrebbe contribuire in generale a formalizzare il lavoro di cura tra persone dello stesso nucleo familiare e a renderlo visibile, interrompendo la narrazione secondo cui “con l’amore passa ogni stanchezza”.
non significa dare un prezzo alle relazioni?
Naturalmente siamo in grado di visualizzare i problemi che potrebbero nascere se si iniziasse a pagare nonni e nonne per stare con i nipoti.
Le prime conseguenze sarebbero proprio emotive e relazionali. La retribuzione potrebbe trasformare un rapporto familiare basato sull’affetto e sulla reciprocità in una relazione più formalizzata, con possibili tensioni tra genitori e nonni. C’è poi la questione dei ruoli di genere: se storicamente sono state le nonne ad assumersi la responsabilità nella cura dei nipoti rispetto ai nonni, una retribuzione potrebbe giustificare un carico ancora più pesante in quelle famiglie in cui i ruoli di genere sono ancora pre-rivoluzione sessuale. Quindi si potrebbero perpetuare le disuguaglianze di genere e sarebbe più difficile che i nonni condividano equamente il ruolo di caregiver.
Chi e come si pagano i nonni? Dovrebbero essere retribuiti solo i nonni che si occupano regolarmente dei nipoti o anche quei nonni che subentrano quando c’è bisogno? Quali sarebbero le modalità con cui pagarli? Chi stabilisce la cifra? Domande ovviamente senza alcuna risposta. Ma possiamo immaginare che una eventuale retribuzione sarebbe considerata reddito, influendo sulle pensioni o su altri benefici sociali di cui i nonni godono.
Infine, andrebbe a creare una ennesima soluzione alternativa che consentirebbe allo Stato di continuare a non occuparsi dei servizi alla cittadinanza, asili nido compresi. E quindi potrebbe creare (ulteriori) disparità sociali.Â
ok: niente soldi ai nonni, però i servizi per aiutarli sì
Ci sono valide alternative alla retribuzione che possono migliorare la qualità della vita delle persone: single, famiglie, genitori single, nonni, bambine e bambini. Si chiamano servizi alla cittadinanza.Â
Tra questi il miglioramento dei trasporti pubblici, la creazione di spazi di aggregazione accessibili e il welfare pubblico. Offrire agevolazioni fiscali alle famiglie che si avvalgono del supporto dei nonni potrebbe essere un compromesso, senza intaccare il rapporto emotivo tra le parti e senza deresbonsabilizzare lo Stato nella cura. Fornire quindi ai nonni che si prendono cura dei nipoti benefici specifici, come l’accesso gratuito a servizi sanitari o trasporti pubblici, potrebbe rappresentare una forma di riconoscimento non monetaria. In generale, migliorare i servizi di assistenza all’infanzia, come asili nido e babysitter accessibili, ridurrebbe la pressione sui nonni, consentendo loro di scegliere liberamente quanto e come contribuire alla cura di bambine e bambini senza vincoli economici.
E, dicevamo, le casalinghe?
La questione del riconoscimento del lavoro delle casalinghe è un tema centrale strettamente legato a equità sociale e ruoli e discriminazioni di genere. Le casalinghe dedicano il loro tempo a compiti fondamentali per il benessere della famiglia e sostengono direttamente il lavoro produttivo dei membri della famiglia che lo svolgono perché a casa ci sono loro, le casalinghe. Collaborano quindi direttamente alla crescita dell’economia nazionale. Ma il loro contributo resta invisibile e non retribuito.
Ci sono delle differenze tra casalinghe e nonni, nel contesto del lavoro domestico e di cura, e riguardano principalmente il ruolo, la natura del contributo e le dinamiche familiari in cui operano. Le casalinghe svolgono mansioni domestiche e di cura come attività principale, a tempo pieno. Il loro lavoro riguarda la gestione quotidiana della casa e la cura dei membri della famiglia (es. figli, partner, anziani), mentre gestiscono la casa in modo sistematico occupandosi di pulizie, preparazione dei pasti, gestione economica e organizzazione domestica.
I nonni svolgono un ruolo di supporto intervenendo principalmente nella cura dei nipoti, raramente nella gestione della casa, e il loro contributo è spesso parziale e subordinato alle necessità della famiglia dei figli e delle figlie: la loro attività non è considerata una “responsabilità primaria” né è vincolante, ma piuttosto un aiuto volontario perché diciamocelo, i nonni e le nonne che non vogliono occuparsi dei nipoti sanno come divincolarsi.Â
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