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Le riprese del messaggio di fine anno. – ANSA
«Mai come adesso la pace grida la sua urgenza. La pace che la nostra Costituzione indica come obiettivo irrinunziabile, che l’Italia ha sempre perseguito, anche con l’importante momento quest’anno della presidenza del G7. La pace di cui l’Unione Europea è storica espressione». Un messaggio di fine anno all’insegna della parola speranza, che Sergio Mattarella evoca due volta. Una prima, appunto, in riferimento alla pace e un’altra per ringraziare il Papa per il contenuto del messaggio di apertura del Giubileo. Ma c’è speranza anche in riferimento alla condizione carceraria «inaccettabile», come pr l’arresto di Cecilia Sala.
I numeri. Si tratta del messaggio numero 10, un record. Nessun capo dello Stato ne aveva inanellati tanti. Per Giorgio Naploitano il nono, il 31 dicembre 2015, fu quello dell’annuncio delle dimissioni anticipate. C’è il drone rosso della Rai, di ultima generazione, che prima staziona dall’alto a immortalare nelle immagini l’incantevole visione notturna del cortile del Quirinale, ma poi arriva fin dentro la “casa degli italiani”: la location quest’anno è la sala del Lucernario, in piedi, con lo sfondo delle bandiere dell’Europa, dell’Italia e della Presidenza della Repubblica. Dietro si intravede nello studio una riproduzione della Madonna della seggiola di Raffaello e, a tratti, anche l’albero di Natale in stile quirinaizio, con le palline numerate sugli articoli della Costituzione.
La pace. La «barbarie» della guerra, constata amareggiato Mattarella, non si è fermata nemmeno in questi giorni: «Nella notte di Natale a Gaza una bambina di pochi giorni è morta assiderata; feroci bombardamenti russi hanno colpito le centrali di energia delle città dell’Ucraina per costringere quella popolazione civile al buio e al gelo; gli innocenti rapiti da Hamas, e tuttora ostaggi, vivono un secondo inizio di anno in condizioni disumane». In Ucraina, ribadisce, occorre però una pace giusta, per «evitare che vengano aggrediti altri Paesi d’Europa».
La corsa agli armamenti. Innescata «dall’aggressione della Russia all’Ucraina, ha toccato quest’anno la cifra record di 2.443 miliardi di dollari. Otto volte di più di quanto stanziato alla recente Cop 29, a Baku, per contrastare il cambiamento climatico, esigenza, questa, vitale per l’umanità. Una sconfortante sproporzione», la definisce Mattarella.
Il Giubileo. Il capo dello Stato invia «auguri pieni di riconoscenza» a papa Francesco, che in quella stessa Notte santa in cui la barbarie continuava a infuriare, «ha aperto il Giubileo, facendo risuonare nel mondo il richiamo alla speranza».
Il carcere. Il rispetto per la dignità della persona «vale anche per chi si trova in carcere». L’alto numero di suicidi di detenuti è indice di condizioni che Mattarella definisce «inammissibili. Abbiamo il dovere di osservare la Costituzione che indica norme imprescindibili sulla detenzione in carcere», è il monito del capo dello Stato, che definisce «inaccettabili» anche le condizioni di lavoro del personale penitenziario. «I detenuti devono potere respirare un’aria diversa da quella che li ha condotti alla illegalità e al crimine», rimarca Mattarella, con parole suonano come “correzione” a quelle di tutt’altro tenore usate da qualche esponente di governo di recente. «Su questo sono impegnati generosi operatori, che meritano di essere sostenuti», conclude Mattarella senza – naturalmente – entrare nel merito del dibattito che si è aperto su possibili gesti di clemenza.
Crisi delle nascite. Bisogna ascoltare i giovani, «Abbiamo il dovere di ascoltare il loro disagio. Nella precarietà e l’incertezza che avvertono le giovani generazioni – avverte – risiede una causa rilevante della crisi delle nascite che stiamo vivendo». Ma Mattarella indica anche dei segnali di speranza.
Sammy Basso. Le sue parole «insegnano a vivere una vita piena, oltre ogni difficoltà». Ma Mattarella ricorda, fra le persone che non ci sono più, anche Giulia Cecchettin.
La violenza sulle donne. E un altro segno di speranza Mattarella lo vede «nel rumore delle ragazze e dei ragazzi che non intendono tacere di fronte allo scandalo dei femminicidi. Non vogliamo più dover parlare delle donne come vittime. Vogliamo e dobbiamo parlare della loro energia, del loro lavoro, del loro essere protagoniste».
Patriottismo e cittadinanza. Una buona parte del suo decimo discorso Mattarella, come sempre, la dedica a elegiare i tanti eroi del quotidiano: i medici dei pronto soccorso, gli insegnanti, le imprese sociali, gli studenti, i volontari, «gli anziani che assicurano sostegno alle loro famiglie». Ma è patriottismo anche quello di chi, «con origini in altri Paesi, ama l’Italia, ne fa propri i valori costituzionali e le leggi, ne vive appieno la quotidianità, e con il suo lavoro e con la sua sensibilità ne diventa parte e contribuisce ad arricchire la nostra comunità». Sono tutti esempi di «persone che hanno scelto di operare per il bene comune perché è proprio questa trama di sentimenti, di valori, di tensione ideale quel che tiene assieme le nostre comunità».
Allarme bullismo e incidenti sul lavoro. Mattarella cita i dati di un recente rapporto Censis che, al contrario della percezione corrente, indica in discesa il dato di omicidi, rapine e furti in casa, e ne dà merito alle Forze dell’Ordine. Invece sono molto preoccupanti, per il capo dello Stato, la crescita del fenomeno del bullismo, in relazione anche all’uso scorretto del web, e i morti sul lavoro. E ricorda le 5 vittime di Calenzano.
Partecipazione e astensionismo. Gli 80 anni della Liberazione che ricorreranno questo 25 aprile saranno, infine, un’occasione per
«consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della comunità nazionale. È un’impresa che si trasmette da una generazione all’altra.Perché la speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa. La speranza siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte. Sono valori che si esprimono attraverso l’ampia partecipazione dei cittadini al voto, che rafforza la democrazia; attraverso la positiva mediazione delle istituzioni verso il bene comune».
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