Nessun passo indietro da Bruxelles, almeno per ora: la revisione del Regolamento Auto resta al 2026, nonostante le richieste di diversi Paesi membri, Italia in primis, che vorrebbero anticiparla al 2025 per evitare che l’emorragia del settore automotive si allarghi. La vicepresidente esecutiva della Commissione europea responsabile per Competenze e lavoro qualificato, Roxana Minzatu, ha annunciato che le tappe del calendario sui motori tradizionali restano quelle già stabilite dalla Commissione:
- studio d’impatto nel 2025;
- revisione legislativa nel 2026;
- stop alla vendita di auto a motore termico nel 2035.
Quest’ultima scadenza dipenderà dalle due precedenti: se dal settore automotive non arriveranno segnali incoraggianti, Bruxelles potrà modificare il regolamento ed eventualmente la scadenza del 2035. “Il regolamento richiede alla Commissione di preparare una relazione sui progressi compiuti entro il 2025. Sulla base di tale relazione, la Commissione riesaminerà il regolamento nel 2026“, ha ribadito la vicepresidente esecutiva Minzatu.
Cosa chiedono i Paesi membri
Il tassello più urgente è quello di rinviare le multe che, stando alle regole attuali, potrebbero pesare “fino a 15 miliardi di euro” sull’automotive europea, come ha più volte ammonito il Ceo di Acea, l’Associazione dei costruttori europei di automobili, Luca de Meo.
Con due non-paper e due strategie diverse, i Paesi europei hanno chiesto a Bruxelles di rivedere i propri piani. Nel primo documento, gli Stati, con l’Italia come capofila, chiedono all’esecutivo europeo di inserire i bio-carburanti tra la lista delle alternative pulite, insieme a motore elettrico e carburanti sintetici. Italia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Bulgaria, Austria, e Polonia chiedono di anticipare al 2025 il controllo sui conti del settore, convinti che i numeri disastrosi convinceranno Bruxelles a cambiare rotta: “È un bollettino di guerra: ogni giorno vengono annunciate la rinuncia a realizzare gigafactory o la chiusura delle gigafactory già create nel nostro continente. E ogni giorno vengono annunciate chiusure degli stabilimenti con licenziamenti di decine di migliaia di operai, perché le imprese automobilistiche non vogliono cadere sotto le penalità miliardarie che dal prossimo anno saranno loro somministrate”, ha dichiarato il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso a margine del Consiglio Ue sulla Competitività di novembre.
Fino alla fine del 2024, le multe scattano sopra la soglia media di 116 gr/km di CO2 (95 se con la vecchia omologazione NEDC), ma quasi tutte le aziende sono riuscite a evitarle tra vendita di auto elettriche e ibride plug-in e acquisto di crediti di carbonio. La situazione, ora controllata a stento, rischia di precipitare dal prossimo anno quando il limite scenderà a 94 gr/km (-19%). A meno che le regole non vegano cambiate, come chiedono sempre più Paesi membri.
Un’ipotesi che, per ora, Bruxelles continua a rispedire al mittente. Rispondendo a un’interrogazione parlamentare, la vicepresidente esecutiva Minzatu ha ribadito che lo stop ai veicoli a motori tradizionali dal 2035 “crea certezza per produttori, fornitori e investitori, con un lasso di tempo sufficiente per pianificare una transizione equa”.
La risposta dell’Ue
Bruxelles ritiene che la decisione di adottare standard stringenti si inserisce in un contesto di rapida elettrificazione a livello globale. Con Paesi come la Cina e gli Stati Uniti che accelerano gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili e dei veicoli elettrici, l’Ue mira a mantenere la sua leadership industriale e tecnologica. La regolamentazione, sostiene la Commissione, non solo incentiva la produzione di veicoli elettrici, ma stimola anche settori affini, dalla ricerca e sviluppo sulle batterie alla creazione di infrastrutture di ricarica.
Nel documento, la vicepresidente esecutiva Minzatu qualifica come una garanzia per le case automobilistiche la revisione fissata al 2026. A quel punto, la Commissione Europea valuterà il progresso verso il target di emissioni zero, considerando le condizioni globali e l’evoluzione delle tecnologie, inclusi i combustibili sintetici o e-fuel, che potrebbero offrire una valida alternativa per alcune applicazioni.
L’impatto sull’occupazione: pro e contro
L’impatto della transizione verso l’azzeramento delle emissioni nel settore automobilistico europeo è un tema caldo. Secondo le valutazioni preliminari effettuate dalla Commissione Europea, l’intera catena del valore potrebbe beneficiare di un leggero aumento complessivo dell’occupazione. I settori che forniscono tecnologie e componenti avanzati per i veicoli elettrici, ad esempio, dovrebbero registrare una crescita significativa, sempre stando ai calcoli dell’esecutivo comunitario.
I numeri, però, dicono che il settore dell’automotive europeo sta vivendo una profonda crisi che rischia di allargarsi con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Acea non usa mezzi termini per commentare i dati “estremamente preoccupanti” del mercato. Nel mese di agosto, la vendita di auto elettriche nell’Unione Europea è crollata del 43,9% rispetto allo stesso mese del 2023. Il calo delle vendite ha riguardato tutte le principali case automobilistiche, Stellantis in primis con una contrazione del 28,7% ad agosto e una quota di mercato passata dal 16,1% al 13,7%. I dati vanno di pari passo con la cronaca recente, segnata dalle dimissioni del Ceo del gruppo Carlos Tavares. Un report approfondito sugli effetti occupazionali sarà incluso nel prossimo monitoraggio che la Commissione pubblicherà entro il 2025.
Emissioni, e-fuel e tecnologia neutrale
Un elemento fondamentale della normativa Ue è il principio della neutralità tecnologica per le emissioni allo scarico. Ciò significa che il regolamento è focalizzato sui risultati – ridurre le emissioni – piuttosto che limitare le tecnologie utilizzabili per raggiungere tale obiettivo. Questo approccio potrebbe permettere l’integrazione degli e-fuel nel mix energetico futuro.
Gli e-fuel, ottenuti da fonti rinnovabili e potenzialmente privi di emissioni nette di CO2, rappresentano un’opzione interessante per settori come il trasporto pesante e l’aviazione. La loro integrazione nella regolamentazione sarà considerata nella revisione del 2026, offrendo ulteriori possibilità per una transizione che tenga conto delle esigenze diverse di ciascun segmento del mercato.
Tra tecnologia e minaccia Usa
L’obiettivo di zero emissioni entro il 2035 rappresenta un passo cruciale per ridurre l’impatto ambientale del settore dei trasporti, responsabile di una quota significativa delle emissioni di CO2 nell’Ue. Ma la sfida è anche economica e sociale.
La Commissione Europea intende garantire che questa transizione sia gestita “in modo equo, supportando le regioni e i lavoratori più vulnerabili e stimolando allo stesso tempo la competitività del mercato interno”. Investire nella formazione delle competenze, rafforzare le infrastrutture di ricarica e sviluppare una legislazione flessibile ma ambiziosa saranno i capisaldi per trasformare l’Europa in un modello globale di sostenibilità nel settore automobilistico.
Se fino ad ora Bruxelles ha puntato tutto sul passaggio al motore elettrico dal 2035, durante il primo Consiglio Ue dell’era Costa, la presidente von der Leyen ha sottolineato l’esigenza di una strategia diversificata: “Ogni settore ha esigenze uniche ed è nostra responsabilità creare soluzioni su misura che siano allo stesso tempo pulite e competitive”, ha detto l’ex ministro della Difesa tedesca.
Il piano si concentrerà “su promuovere l’innovazione e la digitalizzazione guidate dai dati, sulla base di tecnologie lungimiranti come l’intelligenza artificiale e la guida autonoma; sostenere la decarbonizzazione del settore, in un approccio tecnologico aperto”.
Una strategia che ricorda quanto suggerito dal Ceo di Reinova, Giuseppe Corcione, sentito da Eurofocus. Per Corcione, che guida l’azienda italiana leader nell’engineering di powertrain elettrificati e nella validazione e testing delle batterie elettriche, il problema non sono le norme green di Bruxelles, ma la scarsa implementazione software nelle auto prodotte in Ue perché “produciamo veicoli elettrici scimmiottando quelli tradizionali”.
Per approfondire: Crisi auto Ue? Il problema è nei software
Il 2025 sarà un anno cruciale sia per quanto stabilito nel Regolamento Ue che per il ritorno di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti. Mentre l’Ue si prepara alle mosse (o all’inerzia) del tycoon, l’Alta Rappresentante Ue Kaja Kallas lancia un ulteriore appello al vecchio/nuovo presidente Usa: “Non ci sono vincitori nelle guerre commerciali. Questo è molto chiaro. Se iniziamo ad avere una guerra commerciale con gli Stati Uniti, penso anche che gli americani non ne trarranno beneficio. Dobbiamo stare molto, molto attenti. Se guardiamo alla Cina, allora dovremmo restare uniti, intendo Europa e Stati Uniti. Se siamo in una guerra commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea, a ridere a crepapelle è la Cina“.
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