Il progetto per la nuova cittadella culturale e turistica di Diriyah in Arabia Saudita

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Diriyah è un po’ il fiore all’occhiello di tutta l’operazione Vision 2030 dell’Arabia Saudita che, dal suo lancio nel 2016, ha trasformato il Paese (soprattutto la capitale Riyadh) in un cantiere a cielo aperto. Per poterlo finanziare, tra i suoi obiettivi, c’è quello di diversificare la sua economia, aprendosi ad altri settori che non siano solo il petrolio, visto che nell’ultimo anno il prezzo del greggio è drasticamente sceso, riducendone i profitti. Il turismo, di cui l’aspetto culturale è parte integrante, è uno di questi. Così ora questa città, situata alla periferia di Riyadh, a circa mezz’ora di auto dal centro (15 minuti basterebbero se non fosse congestionata dal traffico che la neonata metropolitana proverà a limitare), non ospita solo un sito Unesco, ma anche un museo di nuova costruzione: il Diriyah Art Futures che abbiamo visitato in occasione della sua inaugurazione a fine novembre. Ma in quale contesto si inserisce?

“Diriyah, The City of Earth”: sviluppo immobiliare e alberghiero

Sulla lunga strada che, dal quartiere diplomatico della capitale saudita, conduce al cuore di quella che è stata la culla del regno e la casa natale della famiglia reale Al Saud (il primo Stato saudita fu fondato in questo luogo nel 1727), è tutto un susseguirsi di cartellonistica che reca la scritta “Diriyah, The City of Earth”. Si tratta del piano di sviluppo immobiliare e alberghiero della zona, finanziata dal fondo sovrano del Governo presieduto dal principe ereditario Moḥammed bin Salman, che culmina in un’ampia zona pedonale, dove ha appena inaugurato il primo albergo della città, il Bab Samhan, un Luxury Collection Hotel by Marriott International, proprio di fronte al Diriyah Art Futures: nei prossimi anni ne nasceranno altri 40. “Il Diriyah Gate è l’autorità che gestisce l’area: ha realizzato il restauro della città storica At-Turaif e la costruzione della Bujairi Terrace dedicata alla ristorazione”, spiega ad Artribune Andrea Schiattarella, CEO dello studio romano di architettura che ha firmato il nuovo museo dedicato alle arti digitali. “La sua missione è quella di sviluppare la zona a fini turistici”. 

Il turismo e la cultura aiutano l’Arabia Saudita a uscire dall’isolamento

Magari con esiti un po’ discutibili, vista la tendenza a imitare la storia in modo didascalico e cartonato, in stile Disneyland. Ma non si può negare che il processo di trasformazione culturale in atto dell’Arabia Saudita, e in particolare di Riyadh, ponga le basi per far uscire il Paese dalla chiusura che solo pochi anni fa lo isolava dal resto del mondo, non solo dalle rotte del turismo, ma anche dal punto di vista della crescita e conoscenza dei propri artisti. Per capire un po’ il sentiment dello Stato saudita che nei prossimi anni sarà sede di molte manifestazioni (la più recente la FIFA World Cup 2034), abbiamo fatto qualche domanda al direttore del Diriyah Art Futures (DAF), Haytham Nawar.

Intervista al direttore del Diriyah Art Futures Haytham Nawar

Come si sente a far parte di questo processo di internazionalizzazione del Paese, in una città laboratorio come Riyadh? Sono previste collaborazioni tra il DAF e le istituzioni straniere?
Lo scambio culturale è al centro di tutto ciò che facciamo. Attraverso la nostra programmazione e le nostre attività, cerchiamo di riunire persone diverse da tutta la regione e dal mondo, per esplorare le frontiere dell’espressione creativa. Nella speranza di attrarre i migliori talenti artistici e accademici internazionali nella regione, miriamo a diversificare le conversazioni globali, pur mantenendo una prospettiva regionale. Ciò si riflette attraverso le nostre partnership con altre istituzioni globali, come la francese Le Fresnoy – Studio National des Arts Contemporains, che cercano di arricchire il dialogo attorno alle New Media Art, riflettendo il crescente status dell’Arabia Saudita come centro di scambio internazionale.

Nel caso specifico di Diriyah Art Futures, perché c’è una tendenza a non creare un museo con una propria collezione, ma piuttosto un centro d’arte che ospita mostre temporanee?
DAF è una combinazione unica di scuola, laboratorio e spazio espositivo, che opera in un campo in rapida trasformazione e, in quanto tale, il nostro approccio verso mostre e collezioni è opportunamente dinamico. Attraverso le nostre mostre, cerchiamo di integrare le nostre altre attività educative, accademiche e creative e di stabilire un contesto per le New Media Art nella regione. Stiamo anche creando uno spazio in cui i residenti possano esporre i propri lavori prodotti al DAF, in dialogo con le nostre mostre innovative.

Quali prospettive e opportunità si aprono per gli artisti locali in questo contesto?
Attraverso i nostri programmi educativi e residenze, puntiamo a promuovere talenti locali emergenti e affermati e a offrire loro una piattaforma per partecipare a conversazioni globali sulle New Media Art. Invitiamo anche i membri della comunità locale a visitare DAF e a saperne di più su questo campo in rapida evoluzione, all’incrocio tra creatività e tecnologia. L’Arabia Saudita è un paese con una popolazione molto giovane, altamente alfabetizzata in ambito tecnologico, con una comprensione innata dell’importanza e dell’impatto delle New Media Art, e speriamo di ispirare e dare potere a questa prossima generazione di pionieri per far evolvere questo campo emergente.

Claudia Giraud

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