Il governo dà via libera ai vini senz’alcol e guarda a Stati Uniti e Paesi Arabi. Opportunità per il Trentino? Liber Gruop: “Perplesso da tecnico e da commerciale”

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TRENTO. Il ministero dell’Agricoltura ha autorizzato la produzione di vini dealcolati. Il decreto a metà dicembre è stato approvato dalla conferenza Stato-Regioni. Si può chiamare vino anche una bevanda con il tenore alcolico inferiore a 8,5 gradi (fino a oggi non c’era questa possibilità) oppure senz’alcol. 

 

In sostanza, anche in Italia si può lavorare a questa produzione che guarda soprattutto all’estero: gli Stati Uniti, per esempio, con un mercato in crescita, il Nord Europa e i Paesi Arabi. Un’opportunità anche per il Trentino? “Non credo che sia una strada da seguire per il nostro territorio. Per me sarebbe più opportuno puntare sulla qualità e sulla sostenibilità nel nostro vino e migliorare le sinergie con il mondo dell’ospitalità”.

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Il regolamento ha introdotto anche le norme per la produzione e la commercializzazione di questi vini, comprese quelle relative all’etichettatura per non confondere i consumatori. “Da enologo questa decisione è un colpo al cuore”, commenta Marco Scartezzini, fondatore di Liber Group, realtà delle Dolomiti che da più di 20 anni commercializza in Trentino Alto Adige, in Italia, all’estero e negli Stati Uniti vini di altissima qualità e punto di riferimento e di contatto tra produttori e mondo Ho.Re.Ca.. “L’alcol è una componente fondamentale di questo alimento: per il gusto ma anche per le emozioni e la sensorialità di questa produzione. La fermentazione dell’uva è un’arte e una tradizione millenaria. Questa evoluzione mi lascia perplesso a livello tecnico”.

 

C’è poi l’aspetto che riguarda la commercializzazione. Ma ci sono dubbi anche in questo caso. “Fermo restando che bisogna guardare ai mercati sempre con attenzione e bisogna essere aperti rispetto alle esigenze del consumatore, alle sensibilità, in particolare dei millennials e della generazione Z, e alle mode. Mi sembra più un modo per rispondere alla sovraproduzione ma sarebbe importante concentrarsi sul consumo responsabile, in generale, del vino e di questo tipo di alimento”.

 

Un segmento, quello del vino senz’alcol, in crescita “ma dobbiamo guardare anche ai numeri. Negli Stati Uniti questo settore prende sicuramente piede e vale attualmente circa 600 milioni con la prospettiva di arrivare a 1 miliardo entro il 2030 ma nel complesso il vino pesa per 70 miliardi. Il consumo è poco superiore al 2% e non è così scontato riuscire a penetrare altri mercati”.

 

Insomma, questo settore rischia di rimanere marginale, tanta spesa e poca resa. La produzione deve avvenire in strutture separate da quelle utilizzate per il vino. L’etichetta poi deve essere chiara e riportare la dicitura “dealcolato” o “parzialmente dealcolato”. “Le tecniche di produzione sono sicuramente migliorate in questi ultimi anni – prosegue Scartezzini – ma c’è il rischio che per togliere l’alcol e garantire comunque il gusto vengano aggiunte altri componenti. L’ideale, per non generare confusione, sarebbe quella di non utilizzare il termine vino perché questo prodotto è un’altra cosa”.

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Può essere una strada per il Trentino? “In Italia c’è una dinamica di sovraproduzione e questa mi sembra più una scorciatoia per rispondere a questa situazione”, evidenzia Scartezzini. “Si deve puntare sulla cultura, sulle caratteristiche e sulle vocazioni del territorio, così come investire sempre di più sulla sostenibilità e sul paesaggio. Inoltre ci sono storie e generazioni di famiglie, esperienze e professionalità da raccontare. La chiave è qualificare le peculiarità della zona, altrimenti si corre il rischio di snaturare la produzione di questo alimento per inseguire una moda”. 

 

Il decreto stabilisce che può essere ridotto parzialmente o totalmente il tenore alcolico di vini, vini spumanti e vini frizzanti. Non possono essere essere dealcolati i vini a denominazione di origine protetta (Dop) oppure a indicazione geografica protetta (Igp): due certificazioni vengono attribuite dall’Unione europea a prodotti agricoli e alimentari considerati di alta qualità e fortemente legati al territorio di origine.

 

“Qui le cooperative avrebbero la forza di sostenere gli investimenti per competere in questo mercato ma è chiaro che ci si andrebbe a confrontare con i colossi produttivi a livello internazionale. In definitiva credo che sia più opportuno rafforzare il legame con il territorio e potenziare quei mercati sui quali ci si possono giocare carte importanti. Il Trentino può e deve puntare sulla cultura, sulla tradizione e sulle radici: restare aperto alle innovazioni ma avere la consapevolezza delle proprie vocazioni, caratteristiche e peculiarità per costruire il proprio futuro”, conclude Scartezzini.





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