APERTURA ANNO GIUBILARE A L’AQUILA: D’ANGELO, “TEMPIO DELLA RICONCILIAZIONE E DEL PERDONO” | Notizie di cronaca

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L’AQUILA – L’Aquila celebra l’apertura dell’Anno Santo insieme a diverse chiese giubilari dove è concessa l’indulgenza plenaria ai fedeli che parteciperanno ai pellegrinaggi straordinari, alle “pie visite” e all’Adorazione eucaristica.

Un evento che oggi ha visto numerose funzioni religiose in tutte le quattro province abruzzesi.

Un Giubileo particolarmente sentito dalla comunità aquilana che si prepara per l’evento.

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Nella Bolla di indizione, ‘Spes non confundit’, infatti, il riferimento di Papa Francesco al primo Giubileo, una pietra miliare sulla strada della Perdonanza. Nel 1294 nel capoluogo d’Abruzzo, grazie a Celestino V e alla sua intuizione, con la Perdonanza si cominciava a sperimentare la grazia giubilare della misericordia. Iniziò proprio a L’Aquila, nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, Tempio della Misericordia e del Perdono, quel cammino di fede e di spiritualità popolare che portò alla celebrazione del primo Giubileo della storia della Chiesa nel 1300. Nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, luogo santo di accoglienza e spazio privilegiato per generare speranza, ancora oggi si può ottenere l’indulgenza plenaria della Perdonanza. (L’AQUILA, CULLA DEL PRIMO GIUBILEO DELLA STORIA. VIDEO)

Di seguito l’omelia dell’Arcivescovo Metropolita dell’Aquila Antonio D’Angelo in occasione dell’apertura dell’Anno Giubilare nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio.

 

“Dal racconto dell’evangelista Luca si evince subito la fede della famiglia di Nazaret: “I genitori ogni anno si recavano a Gerusalemme per la festa di Pasqua”(Lc 2,41). Questo versetto mostra la fedeltà della S. Famiglia alle tradizioni dei Padri. In questo contesto così particolare accade un fatto, da un lato spiacevole, dall’altra rivelativo. I genitori non trovano più Gesù e dopo averLo cercato per tre giorni Lo ritrovano nel Tempio in mezzo ai maestri, che ascoltava attentamente e che venivano da Lui interrogati. Maria subito prende la parola e richiama Gesù: “Io e tuo padre di abbiamo cercato!”(Lc 2,48).La risposta di Gesù è sorprendente: “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?”(Lc 2,49). Con questa risposta Gesù introduce un ‘nuovo’, che al momento non è compreso, infatti il Vangelo ci riferisce che Maria “serbava tutte queste cose nel suo cuore”. Il ‘nuovo’ di cui parla Gesù è la sua missione ovvero che è venuto ad occuparsi delle cose di Dio: rivelare il volto del Padre celeste. Dal racconto del Vangelo è evidente che le parole di Gesù non sono di immediata comprensione.

Questo ci dice che la fede richiede un cammino, è un processo in continua evoluzione che, ognuno per se e tutti insieme, siamo chiamati a fare. Inoltre, il dono grande di Gesù nella sua missione è quello di introdurre l’uomo nella vita di Dio. Il Natale che stiamo celebrando ricorda proprio questa verità: il Cielo si apre all’uomo, il muro di separazione è stato abbattuto, siamo riconciliati con Dio. Questo dono si incontra con il desiderio di vita che abita il cuore di ogni persona; solo l’amore del Padre potrà soddisfare pienamente la sete di amore.

Nella seconda lettura di oggi, la prima lettera dell’Apostolo Giovanni , afferma: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! … noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è” (1Gv 3,1-2). Ecco, l’Apostolo in poche parole ci apre ad una grande prospettiva di vita, affermando innanzitutto la nostra identità di figli. Come figli, infatti, abbiamo il compito di comprendere ciò che siamo, abbiamo necessità di conoscere e meditare nel cuore, come Maria, per poter prendere atto della nostra grandezza, quella di essere realmente suoi figli. Sarà possibile tutto questo solo nella misura in cui ci metteremo in cammino. La vita, infatti, proprio perché vita, non si definisce in un attimo ma si snoda lungo il tempo: quello che ero ieri non sono oggi e non sarò domani. Ogni giorno, infatti, ognuno di noi è arricchito da qualcosa, anche nelle fatiche e ostilità che si presentano, e cresciamo e conosciamo la Vita, quella vera donataci dal Padre.

La missione di Gesù rivela che l’amore del Padre è gratuito, nessuno può dire che ne ha diritto o lo merita, ma tutto nasce dalla gratuità di Dio. A noi spetta solo saper accogliere e dire: “grazie!”. Il modo migliore per dire grazie al Padre è “occuparci delle cose del Padre”, come ha fatto Gesù, e ciò comporta che la presenza di Dio occupi la nostra vita. Oggi abbiamo bisogno di riservare spazio a questa verità nel nostro vivere, abbiamo la possibilità di imparare da Maria e da Giuseppe che cercano di capire la volontà di Dio, così da poter collaborare anche noi al Suo progetto di vita nuova.

Abbiamo davanti a noi una mèta straordinaria. Giovanni ci dice: “Lo vedremo come Egli è”. Questo ci permette di essere di fronte a Lui e così non solo possiamo riconoscere Lui ma anche noi stessi, raggiungendo la pienezza della vita. Guardare a questo orizzonte così bello non ci deve portare ad una forma di astrazione, come coloro che vivono fuori dalla storia ma, al contrario, a vivere immersi totalmente dentro la quotidianità, abitati dalla luce dell’Amore del Padre.

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Lasciandoci guidare ancora dalle parole dell’evangelista Giovanni possiamo capire meglio cosa siamo chiamati a fare: “Questo è il comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato” (1Gv 3,23). Da questo versetto possiamo cogliere due dimensioni essenziali della vita del credente: la fede e la carità. Infatti il futuro “lo vedremo così come Egli è”, prende corpo già nell’oggi, comincia fin d’ora il suo processo di realizzazione, nella misura in cui si ha fiducia in Dio e si ama il fratello che è accanto. C’è un duplice movimento: verticale ovvero la relazione con Dio nella preghiera, orizzontale cioè accogliere nella carità il fratello, diventare prossimi.

Anche il Giubileo che il Signore ci dona di vivere, Anno di grazia, è un percorso che apre ad una duplice dimensione: la prima riguarda la spiritualità personale, la seconda la vita interpersonale fatta di amicizia fraterna. Queste due dimensioni, vissute integralmente, potranno favorire una società più armonica e serena.

Il Giubileo è un tempo per maturare nella nostra fede, crescere nella Parola che ci è donata, fare scelte di vita sia personali, sia comunitarie con gesti e attività che possano contribuire alla crescita della comunità ecclesiale e sociale.

Avremo la possibilità di vivere tempi di preghiera personale, di poter partecipare ad eventi comunitari di fede per consolidare e comprendere il mistero di Dio. Inoltre andranno messi in campo atti che favoriscano le relazioni interpersonali, la promozione della cultura dell’accoglienza e del sostegno fraterno nei vari luoghi e ambiti di vita. Osservare il comandamento della carità fraterna permette di sperimentare, già nel presente, il futuro Regno di Dio, “dove lo vedremo così come egli è”. (1Gv 3,2)

Il tema che Papa Francesco propone in questo Anno Santo, “Pellegrini di Speranza”, ci aiuta a prendere coscienza che la vita è un pellegrinaggio. Ciò significa avere un punto di partenza e una mèta da raggiungere. In questo tragitto, l’amore di Dio è già presente e dona la Speranza che ci apre al futuro della Vita nuova.

Il Giubileo è esperienza della Misericordia di Dio. Qui a S. Maria di Collemaggio, definita da Papa Francesco “Tempio di riconciliazione”, potremo accostarci al Sacramento del perdono per essere rigenerati dall’Amore del Padre.

Abbiamo davanti a noi giorni di vera Grazia! Il Signore ci aiuti in questo cammino per un vero rinnovamento di vita. Il primo atto di carità sarà la preghiera reciproca, invocando lo Spirito Santo gli uni per gli altri.

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Auguro un buon anno Giubilare, affinché tutti possano fare esperienza dell’Amore del Padre celeste ed essere rinnovati nel cuore.

 

 

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