La Scuola pubblica subisce da quasi trenta anni profonde trasformazioni di stampo neoliberista tese a modificarne la funzione sociale, il carattere collegiale ed egualitario e a trasformarla da luogo di soggettivazione critica a officina di addestramento alle competenze e ai lavori.
Questo progetto si sta realizzando attraverso la gerarchizzazione del personale, la nefasta didattica delle competenze indirizzata all’addestramento al lavoro e subordinata ad un presunto orientamento, lo spostamento della centralità dell’istruzione dall’insegnamento all’apprendimento [Gert J.J. Biesta, Riscoprire l’insegnamento], la standardizzazione e l’INVALSIzzazione dell’insegnamento, l’acritica acquiescenza nei confronti dell’uso di nuove tecnologie, con conseguente adeguamento della didattica e necessità di aggiornamenti coatti, la dilatazione a dismisura dei tempi di lavoro in un contesto di pesante riduzione del potere di acquisto delle nostre retribuzioni.
L’ultimo attacco alla Scuola della Costituzione, alla Scuola per tutti è rappresentato dalle riforme dei tecnici e dei professionali che insieme al resto si iscrivono coerentemente all’interno del percorso avviato negli anni ’90, a partire dalla cosiddetta “privatizzazione” del rapporto di lavoro [d.lgs. n. 29/1993], che nella Scuola è culminato con l’Autonomia scolastica [d.P.R. n. 275/1999] di Luigi Berlinguer e l’introduzione in chiave aziendalistica delle RSU nelle singole scuole.
Un progetto poi proseguito in continuità con Moratti [taglio di ore e personale della scuola elementare e media], Gelmini [anche qui col taglio di ore e personale ma della scuola superiore] e Renzi [con la “BuonaScuola”, l. n. 107/2015].
Molte di queste pseudo-riforme però si sono in parte arenate per l’impossibilità di disarticolare del tutto l’impianto collegiale e democratico della Scuola, per mancanza di risorse e per le lotte e la resistenza di docenti, ATA e studenti in difesa della Scuola pubblica.
Ma la spinta verso il modello imprenditoriale è ripresa con forza in questi ultimi anni con l’uso politico dell’emergenza Covid, e le ingenti risorse del PNRR che hanno introdotto “tutor”, “orientatori”, “mentori”, “docenti temporaneamente e stabilmente incentivati” insieme allo sproloquiare sulla retorica del “merito”,della ”rivoluzione digitale” e delle varie “transizioni”.
Oggi, anche nella Scuola il lavoro è su un piano inclinato: «Povero, frammentato, robotizzato, iper-sfruttato… Come ripensare il diritto del lavoro per far sì che anche il contenuto delle proprie mansioni – quel che si fa, come lo si fa, la ragione per cui lo si fa – torni a contare? Come ricostruire il nesso tra lavoro, riconoscimento sociale e partecipazione politica?» [da A. Honnet, R. Sennett, A. Supiot, Perché lavoro?]. Sono domande a cui non è facile dare una risposta, soprattutto se si rinuncia a cercarla insieme nei propri luoghi di lavoro, nelle nostre scuole che dovrebbero essere le palestre per l’esercizio di una cittadinanza democratica e solidale.
Non sarà la soluzione definitiva, ma la partecipazione alle prossime elezioni delle RAPPRESENTANZE SINDACALI UNITARIE – RSU [14, 15 e 16 aprile 2025] offre la possibilità di esprimere un punto di vista diverso, critico, non acquiescente di fronte allo smarrimento che molti/e di noi provano nella quotidiana fatica del lavoro docente e ATA.
Come COBAS SCUOLA abbiamo sempre evidenziato i limiti delle RSU e in generale dell’introduzione della contrattazione decentrata a livello delle istituzioni scolastiche – in particolare oggi vista la sproporzione tra il fondo di istituto e la marea di fondi che provengono invece dal PNRR indirizzati prevalentemente a digitalizzare gli ambienti educativi e ad incidere sulla libertà di insegnamento disarticolando il lavoro docente in mansioni sconnesse: orientamento, tuttoraggio, mentoring, ecc. – ma al tempo stesso abbiamo sempre riconosciuto quanto fosse importante utilizzare ogni mezzo a disposizione per contrastare la crescita di potere dei dirigenti, la subordinazione di docenti e ATA, l’esautoramento degli organi collegiali di autogoverno della Scuola democratica.
Le RSU possono rappresentare in questo senso uno strumento che consente di creare aggregazione e conflittualità all’interno di un mondo, quello delle scuole, per certi aspetti diventato irriconoscibile rispetto a quello che era e che dovrebbe essere.
Presentare liste RSU è innanzitutto una scelta pratica, legata alla tutela della dignità e dei diritti di una categoria sempre più sottomessa, disunita e degradata, costretta non di rado a subire comportamenti illegittimi di capi e capetti o l’ingerenza indebita dei genitori-clienti.
Le scuole oggi, a più di vent’anni dall’inizio delle grandi trasformazioni neoliberiste, sono divenute spesso luoghi di lavoro opprimenti, governati dal dirigente e dal “cerchio magico” dei suoi collaboratori come se fossero aziende. Anche per il cosiddetto “dimensionamento”, che ha creato megastrutture in cui la governamentalità prevale sulla didattica, si è creata una distanza sempre più marcata tra il dirigente e il suo staff da una parte e il resto delle persone che lavorano a scuola, i primi con compiti organizzativi, i secondi con compiti esecutivi.
Di fronte a un ministro dell’istruzione e del merito che cerca di limitare la libertà di insegnamento e di espressione utilizzando provvedimenti disciplinari e denunce, anche le scelte didattico-organizzative, in piena violazione dell’articolo 33 della Costituzione, sono sempre più spesso frutto di decisioni della dirigenza.
La funzione degli organi collegiali nel corso degli anni si è sempre più svilita, ridotta a momento burocratico di ratifica e legittimazione di decisioni prese e discusse altrove e accettate con rassegnazione o disinteresse. Il modello partecipativo fondato sul funzionamento degli organi collegiali e sulla nomina collegiale di colleghe e colleghi con ruoli organizzativi è ormai un lontano ricordo e non costituisce più un’esperienza di riferimento, vissuta in prima persona, per la maggior parte della categoria.
Le stesse RSU possono diventare parte di questa nuova divisione del lavoro nelle scuole: le abbiamo viste troppo spesso essere parte dello staff o diventarne un’appendice, coinvolte nell’organizzazione del funzionamento delle scuole perdendo la loro funzione democratica e conflittuale che, in una scuola aziendalizzata, deve essere quella di cercare di riaggregare quella maggioranza di insegnanti e ATA che non ha ormai più una propria voce. Quindi un’ulteriore ragione per la presentazione di LISTE RSU COBAS SCUOLA è proprio questa: occupare posti che potrebbero finire nelle mani sbagliate con conseguenze negative per tutti/e.
A questa deriva è possibile resistere, come ci ricorda Daniela Tafani, «opponendole “l’orgoglio per il proprio lavoro, la totalità del proprio lavoro” e chiamando le cose con il loro nome. Serve, per ciò, quella sottovalutata virtù che Weizenbaum chiamava il “coraggio civile“: “È una credenza diffusa, ma tristemente erronea, quella per cui il coraggio civile trova modo di esercitarsi soltanto nel contesto di avvenimenti che scuotono il mondo. Al contrario, il suo esercizio più arduo ha spesso luogo in quei piccoli contesti in cui la sfida è quella di superare i timori indotti da futili preoccupazioni di carriera, delle nostre relazioni con coloro che sembrano aver potere su di noi, o di qualsiasi cosa che possa turbare la tranquillità della nostra esistenza quotidiana”».
PER TUTTE QUESTE RAGIONI
PER DIFENDERE IL NOSTRO LAVORO E I NOSTRI DIRITTI
PER DIFENDERE LA SCUOLA PUBBLICA
PRESENTIAMO E CANDIDIAMOCI NELLE LISTE COBAS entro il 17 marzo 2025
VOTIAMOLE E FACCIAMOLE VOTARE il 14, 15 e 16 aprile 2025
Filed under: RSU e diritti sindacali |
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