Elegia siriana in un mondo sospeso – NAUFRAGHI/E

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Di tutti i presagi realizzabili, l’anno internazionale ci lascia forse il meno prevedibile. La “nuova” Siria, se nuova sarà. In grado, se lo fosse, di ridisegnare l’irrealizzabile finora stabilità regionale. Di spegnere il grande incendio a Sud del Mediterraneo. Si scruta. Lente d’ingrandimento alla mano. Per capire la sorte del “paese delle minoranze”. Protette dalla dittatura durata tre generazioni, quella degli Assad. Con le carceri brulicanti di disperati, le torture, le fosse comuni. Eccolo, in tutto il suo orrore, l’“amico” dell’Occidente, a cui venne silenziosamente affidata la lotta anti-islamista: Stati Uniti ed Europa rassegnate alla violazione delle ‘linee rosse’ (anche l’uso delle armi chimiche), e la Russia a completare la blindatura del regime con i suoi bombardamenti sugli obiettivi civili, ospedali e scuole comprese, per realizzare la vecchia tattica dell’armata russa: terra bruciata.

Inatteso perciò lo schianto del regime. Pochi giorni, poche ore. Sufficienti a sfarinare un governo che era in realtà un “nido di tarme”. Pronto a farsi abbattere, mentre lo si pensava fra i più determinati a resistere. È bastata una spallata. Portata da miliziani sunniti mai visti. Un coacervo di 13 diverse formazioni. Che si vogliono ‘moderati’, inclusivi, rispettosi delle libertà religiose. Vai a capirli. Vai a fidartene.

Pagine misteriose. Elegia semi-segreta. Bisognerebbe innanzitutto comprendere quale miscela è stata lavorata per alcuni anni nel gran calderone di Idlib, il ridotto in cui questo esercito di ribelli si era rifugiato per alcuni anni, dopo aver perso la prima parte della partita, situato nel nord-ovest siriano, lungo le frontiere di una Turchia in attesa del colpaccio. Già sognatori di al Qaeda e dello Stato islamico, quelli di Idlib. Combattenti, mica agnellini: già operativi di al Qaeda e sognatori dello Stato islamico, tagliagola, sequestratori di migliaia di ragazze yazide, convinti che l’Umma (la comunità) avrebbe dovuto cancellare i rigidi confini dell’ultimo colonialismo, quello dei confini Sykes-Picot, imposizione  finale di Inglesi e Francesi.

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Grumo, quello dei 13 gruppi, in apparenza non diluibile in un programma comune. Invece, gli specialisti di geo-politica si ritrovano con le mani alle tempie. A cercare di capre come sia stato possibile che una multi-banda Brancaleone votata ad Allah diventi Stato “accettabile”, dialogante, in una nazione di tradizione antica ma storicamente di recenti ulteriori frammentazioni.

Nessun modello paragonabile a cui affidarsi. Tutt’al più, avevamo azzardato poche ore prima dell’ineludibile, cioè della caduta della Damasco che fu degli Omayyadi, centro dell’antica propulsione islamica, si poteva ipotizzare a breve scadenza uno “schema turco”, forme di moderazione sotto tutela di Ankara, ispiratrice sostenitrice e arsenale di questo nuovo potere siriano a guida HTS, Organizzazione per la liberazione del Levante, guidato da Abu Mohammad al-Jolani, il jihadista che non predica  la ‘guerra santa’ bensì la distensione.

Mondo enigmatico. Mondo sospeso. Partorito nel tragico polverone del 7 ottobre (mattanza anti-ebraica di Hamas) e dalla “vendetta” (parola di Netanyahu) israeliana, senza limiti e ragione. Comunque la si pensi, vittoria militare dello Stato ebraico, anche contro il tramortito Iran, e dei suoi alleati Hezbollah e Hamas. Se sarà anche vittoria politica, è ancora da vedere. Israele non rinuncia comunque alla sua guerra, convinto di avere con sé il rieletto Trump. Così approfitta dell’attuale debolezza siriana, porta le sue truppe sempre più a nord, occupa in armi un’altra parte di Golan. L’appetito vien combattendo, dalle parti di Tel Aviv.

Sarebbe nata da un accordo Russia-Turchia, questa nuova Siria apparentemente pacificata. Elezioni promesse, scuole aperte, ragazze senza hijab, pellegrinaggi diplomatici di ONU e Ue. Con l’Europa che di nuovo non sa come gestire la sempiterna emergenza dei migranti siriani irregolari. Rispedirli in fretta e furia da dove fuggirono per mettersi sotto l’ala protettrice di Erdoğan (al modico prezzo, finora, di 11 miliardi di euro); o andarci con calma ma a prezzo politico altissimo, visto che le destre anti-migratorie non fanno sconti (intanto tremano i responsabili della sanità tedesca, i primi a segnalare cosa significherebbe privarsi del personale siriano che venne integrato negli ospedali dopo l’accoglienza in massa di Angela Merkel nel 2015).

Il mondo interconnesso quasi tutto connette. Così anche per il “mondo sospeso” siriano. Con i suoi militanti jihadisti arma al piede, che dirigono tranquillamente il traffico, sorvegliano gli edifici pubblici, tranquille sentinelle dei palazzi dl potere. Ancora tutto troppo nuovo, troppo strano, per scommetterci. Meglio aspettare, meglio vedere quali sono i veri intendimenti di Ankara e della sua ossessione di ‘smilitarizzare’ i Curdi siriani, meglio capire che diavolo combinerà la Russia apparentemente rassegnate a lasciare le sue basi siriane. Prudenza, ammonisce il “New York Times”.

Mentre i combattenti islamici vincitori stanno un po’ “come d’autunno sull’albero le foglie”. In attesa di capire da che parte cadranno. E di cosa sarà capitale la Damasco che fu di Saladino.

Nell’immagine: una strada commerciale nel centro di Idlib, governata per 7 anni dal gruppo islamico HTS, il 15 dicembre scorso



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